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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - La Repubblica - Avvenire -Il Mattino - L'Unità Rassegna Stampa
26.07.2005 L'omissione del Papa
rassegna di quotidiani

Testata:La Stampa - La Repubblica - Avvenire -Il Mattino - L'Unità
Autore: Marco Tosatti - Marco Politi - un giornalista - Alceste Santini - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Israele: il papa tace sul terrorismo contro di noi - Gerusalemme contesta Benedetto XVI - Convocato il nunzio:dimenticato Israele. Accuse pretestuose. - Israele al Papa: noi vittime dimenticate - Israele contro il Papa: Dimentica le nostre vittime»
LA STAMPA di martedì 26 luglio 2005 pubblica a pagina 5 l'articolo di Marco Tosatti "Israele: il papa tace sul terrorismo contro di noi".

Notiamo che Tosatti utilizza, per riferirsi alla protesta diplomatiica israeliana i termine militaresco "offensiva". Israele, anche quando lamenta la mancata menzione delle sue vittime, è presentato come Stato aggressivo e potente.
Anche quando formula critiche e auspici Israele attua "offensive".

Ecco il testo completo

CITTÀ DEL VATICANO. Tensione improvvisa nei rapporti fra Israele e la Santa Sede: il nunzio monsignor Pietro Sambi è stato convocato al ministero degli Esteri per ricevere una «protesta verbale». Oggetto della comunicazione: il fatto che Benedetto XVI, nelle sue parole all'Angelus di domenica scorsa, a Les Combes, aveva omesso di citare Israele fra i Paesi vittime recenti di attentati terroristici. Papa Ratzinger aveva ricordato l'Egitto, la Turchia, l'Iraq e il Regno Unito. Oltre all'atto formale diplomatico, Israele ha anche annullato, in segno di protesta, la riunione che la commissione apposita avrebbe dovuto tenere per risolvere il più che decennale problema dello status giuridico delle proprietà ecclesiastiche in Terrasanta.
L'offensiva israeliana è proseguita nel pomeriggio di ieri; il ministero degli Esteri ha diffuso un duro comunicato in ebraico, criticando senza mezzi termini la «omissione» di Israele, e del recente attentato di Netanya (costato la vita a cinque israeliani), nelle parole del Papa. «Che il Pontefice abbia omesso una condanna di questo ultimo episodio grida al cielo: oltre al difetto morale, la cosa potrebbe essere interpretata come una licenza per la realizzazione di atti di terrorismo contro ebrei» afferma il comunicato, stando alla traduzione ufficiale data dal portavoce del ministero degli Esteri Mark Regev. «Questo assordante silenzio da parte del Pontefice rischia di rafforzare gli elementi estremisti che si oppongono alla pace e di indebolire i moderati». Il comunicato si conclude con un invito a riparare all'omissione: «Adesso ci aspettiamo che il Pontefice, che ha fatto appello "al dialogo fra le tre religioni che riconoscono Abramo come il loro padre", condanni questo episodio di terrorismo che ha crudelmente colpito gli ebrei così come ha condannato gli altri atti di terrorismo».
Il Vaticano ha mantenuto un profilo basso, per tutta la giornata, per poi rispondere a tarda sera con una dichiarazione scritta molto dura del Direttore della Sala Stampa, Navarro Valls. «Sorprende che si sia voluta distorcere così pretestuosamente l'intenzione del Santo Padre, essendo ben noti i numerosissimi interventi della Chiesa, del magistero dei sommi pontefici e da ultimo del Papa Benedetto XVI a condanna di ogni forma di terrorismo, da qualsiasi parte essa venga e contro chiunque sia rivolta», si legge nel testo di Navarro, che fa presente che «le parole di Benedetto XVI si riferivano espressamente agli attentati di questi giorni. Ovviamente anche il grave attentato di Netanya dell'altra settimana, a cui si riferiscono i rilievi da parte israeliana, rientra nella generale condanna senza riserve del terrorismo».
In precedenza, nel corso della giornata, Navarro aveva semplicemente annunciato che il rappresentante del Papa in Israele aveva «già risposto»; senza però chiarire in che modo. E monsignor Sambi ieri sera non era raggiungibile.
La sensazione che si percepisce in Vaticano è che il buon clima finora esistito fra il mondo ebraico, e il «regno» di Papa Ratzinger abbia incontrato una tempesta assolutamente non prevista. Anche perché fin dalla sua elezione, Benedetto XVI ha mostrato la massima apertura sia verso il mondo ebraico, sia verso lo Stato di Israele. Tanto che appena 20 giorni fa, il 6 luglio, Ratzinger aveva avuto l'invito dal premier Ariel Sharon a visitare il Paese. Un invito che è stato preso in seria considerazione in Vaticano, in questi giorni particolarmente impegnato a rilanciare il dialogo tra le grandi religioni, come strada obbligata per arrivare alla pace e sconfiggere il terrorismo.
C'è anche da ricordare che il Papa, incontrando i rappresentanti dell'ebraismo mondiale in Vaticano, aveva ribadito con decisione il suo no all'antisemitismo e riaffermato la sua volontà personale di continuare il dialogo intrapreso da Giovanni Paolo II. Una sensibilità che il papa tedesco ha voluto rimarcare inserendo nel suo viaggio in Germania una visita alla sinagoga di Colonia, uno dei momenti «forti» della sua prima visita apostolica all'estero. Padre Federico Lombardi, direttore dei programmi di Radio Vaticana, tende a sdrammatizzare. «L'Angelus del Papa dalla Valle d'Aosta non è un documento studiato nei minimi particolari, non è un testo politico o diplomatico». Ma alla luce di questo incidente, il capo del dipartimento per la Diaspora e le Religioni del ministero degli Esteri israeliano, Nimrod Barkan, ha dichiarato alla Radio Israeliana: «Abbiamo sentito di dovere battere il pugno sul tavolo e dirgli: Non puoi migliorare le relazioni con gli ebrei se non condanni i loro assassini». Non è escluso che anche questa dichiarazione abbia contribuito alla scelta di una risposta pubblica della Santa Sede.
Su LA REPUBBLICA Marco Politi calca ancora di più la mano nel presentare la protesta israeliana nei termini di un'aggressione militare.
Scrive infatti di un "improvviso, durissimo attacco frontale" e di "reazione di una violenza straordinaria".Adotta poi in modo unilaterale la posizione del Vaticano, giungendo a riferire interpretazioni politiche di "alcuni settori vaticani" che vogliono vedere nella protesta israeliana non il prodotto di un reale sconforto per un silenzio doloroso, ma una manovra per "bloccare sul nascere una futura presa di posizione vaticana sulla crisi israelo-palestinese e sull´occupazione israeliana della Cisgiordania come elemento, che contribuisce ad alimentare la palude del terrorismo".

Ecco l'articolo:

Improvviso, durissimo attacco frontale di Israele a Benedetto XVI, perché nell´Angelus di domenica il pontefice non ha citato lo stato isrealiano - accanto Egitto, Turchia, Iraq e Gran Bretagna - tra gli obiettivi degli ultimi atti di terrorismo. Il 12 luglio un attentato suicida a Netanya aveva provocato la morte di cinque israeliani.
«La deliberata omissione del Papa di questo evento grida al cielo - si legge in una nota del ministero degli esteri israeliano - e, oltre al difetto morale, la cosa potrebbe essere interpretata come una licenza per la realizzazione di attacchi terroristici contro gli ebrei». Il nunzio vaticano monsignor Sambi è stato convocato al ministero degli Esteri d´Israele, dove gli hanno consegnato una dura «protesta verbale». Inoltre Sharon ha fatto cancellare una riunione tra rappresentanti israeliani e vaticani sulle proprietà cattoliche in Terrasanta.
Per il Vaticano era (e continua ad essere) evidente che il Papa intendeva fare riferimento all´ondata di recenti attacchi collegati con la crisi irachena, contro i paesi occidentali coinvolti nella vicenda e - come segnale politico dei terroristi all´Occidente - contro i turisti occidentali in Egitto, anche se poi le bombe di Sharm el Sheikh hanno fatto strage di tanti egiziani. Accusare questo pontefice, che presto andrà nella sinagoga di Colonia, di omissioni antisemite e di copertura al terrorismo in Israele è pretestuoso, commentano nell´entourage papale. Il portavoce Navarro lo ha poi messo per iscritto: «Sorprende che si sia voluta distorcere così pretestuosamente l´intenzione del Santo Padre, essendo ben noti i numerosissimi interventi della Chiesa, del magistero dei sommi pontefici e da ultimo del Papa Benedetto XVI a condanna di ogni forma di terrorismo, da qualsiasi parte venga e contro chiunque sia rivolto». Navarro ha soggiunto che «ovviamente anche il grave attentato di Netanya dell´altra settimana, a cui si riferiscono i rilievi da parte israeliana, rientra nella generale condanna senza riserve del terrorismo».
A Gerusalemme, invece, la reazione è stata di una violenza straordinaria. «Ci aspettavamo dal nuovo Papa, che all´inizio del suo pontificato ha sottolineato l´importanza dei rapporti fra la Chiesa e il mondo ebraico, che si comportasse diversamente», è scritto nel comunicato ufficiale. Nimrod Barkan, il dirigente del ministero che ha parlato con il nunzio Sambi, ha aggiunto benzina al fuoco: «Abbiamo sentito il bisogno di battere il pugno sul tavolo e dire al Papa «non puoi migliorare i rapporti con gli ebrei, se non condanni il loro assassinio»». Sharon esige ora che il Papa condanni formalmente l´attentato di Netanya.
Navarro si è limitato a dichiarare: «Il nunzio ha già risposto alle autorità israeliane». E tuttavia negli ambienti vaticani ci si interroga sull´obiettivo di questo attacco politico di Sharon a Benedetto XVI. Il nuovo Papa era già conosciuto dall´ambasciata d´Israele presso la Santa Sede come uno dei più filo-ebraici della gerarchia vaticana. Il suo primo atto dopo l´elezione è stata una lettera alla comunità ebraica di Roma. Da cardinale tenne a Gerusalemme nel 1994 un vibrante discorso sulla riconciliazione tra cristiani ed ebrei. Sharon, infine, lo aveva già invitato in Israele. L´unica spiegazione, che si danno alcuni settori vaticani, è che Sharon abbia voluto bloccare sul nascere una futura presa di posizione vaticana sulla crisi israelo-palestinese e sull´occupazione israeliana della Cisgiordania come elemento, che contribuisce ad alimentare la palude del terrorismo. Sharon non ha mai dimenticato le condanne di papa Wojtyla contro il Muro e l´annessione di territori palestinesi.
Su REPUBBLICA.IT viene sottolineato che il comunicato israeliano era scritto in ebraico: ai redattori del sito è parso forse strano che Israele invii comunicati nella lingua ufficiale dello Stato, come fanno tutti i paesei del mondo.

Anche AVVENIRE non nutre dubbi sul fatto che la ragione, nella crisi diplomatica tra Israele e Santa Sede, sia dalla parte di quest'ultima.
L'articolo "Convocato il nunzio: dimenticato Israele. "Accuse pretestuose" " esordisce riportando le dichiarazioni di Navarro Valls, e si conclude definendo "difficilmente comprensibili" i "toni" della protesta vaticana.
La posizione del Vaticano è privilegiata nella cronaca degli eventi ed esplicitamente sostenuta.
Ecco l'articolo:

«Sorprende che si sia voluta distorcere così pretestuosamente l'intenzione del Santo Padre». Il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls ha commentato così, ieri sera in una nota, la polemica montata a Gerusalemme sulla mancata citazione tra gli attentati menzionati dal Papa all'Angelus domenica a Introd, di quello avvenuto il 14 luglio scorso a Netanya, in Israele, costato la vita a cinque persone. Una questione divenuta un vero e proprio caso diplomatico, con la convocazione al ministero degli Esteri del nunzio apostolico in Israele Pietro Sambi. Nella nota Navarro-Valls ricorda come siano «ben noti i numerosissimi interventi della Chiesa, del magistero dei sommi pontefici e da ultimo del Papa Benedetto XVI a condanna di ogni forma di terrorismo, da qualsiasi parte essa venga e contro chiunque sia rivolta». Alludendo poi all'elenco dei Paesi citati domenica (Egitto, Turchia, Iraq e Gran Bretagna) il portavoce vaticano ha spiegato che, essendo quello dell'Angelus un appuntamento settimanale, «le parole di Benedetto XVI si riferivano espressamente agli attentati di "questi giorni". Ovviamente anche il grave attentato di Netanya dell'altra settimana, a cui si riferiscono i rilievi da parte israeliana, rientra nella generale condanna senza riserve del terrorismo». La convocazione del nunzio apostolico da parte del ministero degli Esteri di Gerusalemme era stata accompagnata da una nota durissima. «Che il Pontefice abbia omesso la condanna dell'attentato di Netanya è un fatto che grida al cielo - si legge nella traduzione ufficiale data all'agenzia Ansa dal portavoce del ministero Mark Regev -: oltre al difetto morale, la cosa potrebbe essere interpretata come una licenza per la realizzazione di atti di terrorismo contro ebrei. Questo assordante silenzio rischia di rafforzare gli elementi estremisti che si oppongono alla pace e di indebolire i moderati». Toni difficili da comprendere, se esaminati alla luce delle ripetute condanne vaticane degli attentati contro cittadini israeliani che hanno insanguinato in questi anni la Terra Santa. Secondo "AsiaNews", il governo israeliano avrebbe lanciato «un attacco crudo e violento contro la persona del Papa Benedetto XVI» con istruzioni, definite «senza precedenti», indirizzate dal ministero degli Esteri agli organi di stampa.
Dello stesso tenore di quello di AVVENIRE l'articolo di Alceste Santini, vaticanista del MATTINO, "Israele al Papa: noi vittime dimenticate" che riportiamo:

Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa, La Repubblica, L'Avvenire e L'Unità. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

Un vero caso diplomatico tra Israele e Santa Sede, esploso perché il Papa, nell'invocare domenica scorsa a Dio affinché fermi la mano dei fanatici terroristi», ricordando le stragi in Egitto, Turchia, Iraq e Regno Unito, ha omesso di citare Israele per l'attentato del 12 luglio a Netanya dove sono state uccise cinque persone. Di qui la protesta israeliana con la convocazione, da parte del ministero degli esteri, del Nunzio apostolico a Gerusalemme, monsignor Pietro Sambi, al quale è stata consegnata una protesta verbale. Un fatto ritenuto «grave» - viene fatto rimarcare - sia rispetto alle promesse del nuovo Papa, il quale inaugurando il suo pontificato aveva riaffermato la sua volontà di sviluppare i rapporti con Israele, sia perché ricorrono i 40 anni del documento conciliare «Nostra Aetate», che avviò i primi colloqui tra Chiesa cattolica e la Comunità ebraica. Essi hanno trovato un significativo sviluppo con la visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986 e con la sua preghiera recitata davanti al Muro del Pianto durante il suo viaggio a Gerusalemme nel marzo del 2000. I rapporti, fino a ieri, sono stati considerati buoni tanto che il premier Ariel Sharon ha invitato il 6 luglio scorso Benedetto XVI a visitare ufficialmente lo Stato di Israele e la Terra Santa. Il portavoce vaticano, Navarro-Valls, dopo aver ricordato che già il Nunzio apostolico aveva risposto al governo israeliano, si è detto sorpreso «che si sia voluta distorcere così pretestuosamente l’intenzione del Santo Padre, essendo ben noti i numerosisimi interventi della Chiesa, del magistero dei sommi pontefici e da ultimo del Papa Benedettto XVI a condanna di ogni forma di terrorismo, da qualsiasi parte esso venga e contro chiunque sia rivolta». «Ovviamente - ha aggiunto Navarro-Valls - anche il grave attentato di Netanya dell’altra settimana,a cuis i riferiscono i rilievi da parte israeliana, rientra nella generale condanna senza riserve del terrorismo». Insomma, si sarebbe trattato di una semplice svista nella redazione del discorso del Papa all’Angelus. Una svista che, però, ha dato luogo a un caso diplomatico in un momento in cui un Papa tedesco, Benedetto XVI, si appresta a recarsi a Colonia dal 18 al 21 agosto prossimo, dove visiterà la Sinagoga degli ebrei nel quadro del sessantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale e dell'Olocausto di sei milioni di ebrei. Proprio ieri, il vescovo Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato dello Stato Città del Vaticano e organizzatore dei viaggi pontifici, ha dichiarato che, secondo le intenzioni di Benedetto XVI, se nel secolo scorso durante il nazismo «folle di giovani in Germania pronunciarono parole di odio, di divisione e di violenza, oggi migliaia di giovani nello stesso territorio vogliono pronunciare insieme al Papa parole di fratellanza, di riconciliazione e di pace». Intanto, ieri mattina in Val d'Aosta, Benedetto XVI è tornato sul terrorismo affermando che «gli attentati, che stanno sconvolgendo il mondo in questi giorni, non possono essere considerati contro il cristianesimo, ma hanno intenzioni molto più generali». E, meditando le parole, ha affermato di essere «convinto che nell'Islam ci siano elementi che possono favorire la pace e che vanno fatti prevalere sugli altri». È la prima volta che Papa Ratzinger, dopo aver espresso da cardinale riserve verso l'Islam e l'ingresso della Turchia musulmana nell'Unione Europea, riconosce aspetti anche positivi nella religione islamica, rilanciando così, nella linea del suo predecessore, il dialogo con essa. A tale proposito, anzi, ha sottolineato che è «un dovere trarre tutto ciò che c'è di migliore in ogni religione, in ogni cultura, in ogni credo umano». Una considerazione che gli ha permesso di dire che si possa continuare «un cammino di avvicinamento con la Cina, dove esiste per i cattolici una situazione particolarmente complessa e, a volte, difficile».
L'UNITA' pubblica sulla vicenda un articolo di Umberto de Giovannangeli, sostanzialmente corretto.
In prima pagina il titolo scelto è "Israele contro il Papa:Dimentica le nostre vittime".
Annunciare uno scontro tra Israele e il Papa sembra decisamente un modo scandalistico di dare la notizia di una protesta su un fatto specifico rilevante, ma non tale da portare Israele ad "attaccare" il Papa in quanto tale.

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