Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Il rinvio delle elezioni palestinesi e la strategia di Farouk Khaddoumi estremista di Al Fatah
Testata:Il Foglio Autore: un giornalista Titolo: «Khaddoumi vice ed elezioni rinviate, il piano di Abu Mazen»
IL FOGLIO di martedì 7 giugno 2005 pubblica un articolo sul rinvio delle elezioni politiche palestinesi.
Ecco il testo: Roma. Ritornato a Ramallah dopo un intenso colloquio con George W. Bush, Abu Mazen ha fatto due mosse importanti: ha rinviato le elezioni politiche per il Parlamento palestinese, previste per il 17 luglio, e, secondo indiscrezioni, ha accennato all’ipotesi di nominare un suo vice. L’una e l’altra decisione sono motivate da ragioni tecniche: lo spostamento delle elezioni sarebbe provocato – secondo Abu Mazen – dalla necessità "di promuovere ulteriori consultazioni fra le forze politiche per definire le disposizioni legali per svolgere gli scrutini"; la nomina di un vice sarebbe invece collegata all’età e al leggero intervento cui il presidente palestinese è stato sottoposto nei giorni scorsi in Giordania. Naturalmente queste motivazioni tecniche sono solo il velo di ben più profonde tensioni politiche. Non è casuale che queste scelte siano fatte subito dopo l’esito più che positivo dell’incontro con Bush. Dopo il viaggio a Washington, il leader dell’Anp sa infatti di potere contare oggi su un appoggio concreto e diretto degli Stati Uniti alla sua politica. Sa di poter anche riscuotere direttamente gli aiuti economici, che fino a oggi le amministrazioni americane hanno invece consegnato materialmente in mani egiziane e non palestinesi, in segno provocatorio di palese sfiducia politica. La sciagurata scelta di Arafat di lanciare l’Intifada delle stragi ha infatti molto impoverito i palestinesi (niente più turismo né pellegrinaggi, niente più investimenti, niente più lavoro oltre frontiera) e questo ha ulteriormente rafforzato il consenso di Hamas che gestisce una capillare rete di welfare islamico (comprese le laute provvigioni alle famiglie dei kamikaze assassini). Ma oggi, dopo avere stretto la mano a Bush, Abu Mazen sa che potrà disporre direttamente, quasi personalmente, di una nuova, concorrenziale fonte di investimenti, aiuti, e welfare, con cui conquistare consensi e sfidare la rete fondamentalista che salda estremismo ideologico con la difesa dei più urgenti interessi materiali. E qui si innesta la seconda mossa: la nomina di un vice e in particolare – ma la notizia è soltanto ufficiosa e non confermata – di Faruk Khaddoumi, oggi segretario di al Fatah. Questa notizia – o indiscrezione – mette infatti in luce più la debolezza che la forza di Abu Mazen, perché Faruk Khaddoumi è da sempre un suo avversario ed è tanto nemico di un processo negoziale serio con Israele e complice del terrorismo che ha sempre rifiutato di tornare nel territorio dell’Anp (risiede tra Tunisi e Damasco), in spregio agli accordi di Oslo del 1993 da lui sempre frontalmente combattuti. Ma oggi Abu Mazen ha bisogno di scendere a patti con lui, di trovare una mediazione con la vecchia guardia dei "tunisini" di Arafat, per corrotti e nemici del processo di pace che siano, perché non sa – forse non può – combattere contemporaneamente sul fronte di Hamas e su quello di una al Fatah con una direzione di marcia sempre più simile a quella degli estremisti islamici. Nei giorni scorsi, inoltre, vi sono stati molti scontri armati interpalestinesi sia a Gaza sia nella Cisgiordania: esecuzioni mirate di dirigenti locali dell’Anp a opera di palestinesi, rivolte di miliziani incappucciati, assalti a suon di mitragliate a sedi della polizia. Per il leader palestinese è quindi una scelta quasi obbligata mettere per un qualche mese in congelatore la verifica democratica del consenso e tentare di scendere a patti con il diavolo che si ha in casa, per indebolire quello che cerca di bruciarti il tetto. Soprattutto prendendo tempo per migliorare (con i soldi statunitensi) le condizioni materiali dei palestinesi e contrattare su Gaza un qualche accordo "alla pari" con il premier israeliano, Ariel Sharon. Hamas ha reagito duramente e ha dichiarato che Abu Mazen ha violato i patti stabiliti. E questa è forse la premessa a una nuova stagione di attacchi. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.