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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.05.2005 Anp: omicidi compiuti con il favore della legge
nel silenzio di una società complice

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Aldo Baquis - Davide Frattini
Titolo: «Uccise dalle famiglie. In Palestina l'onore si paga con il sangue -»
LA STAMPA di mercoledì 4 maggio 2005 pubblica a pagina 11 un articolo di Aldo Baquis sui sull'omicidio delle giovani palestinesi Faten Habbash, Amani e Rodina Shakirat. Tre delitti affrontati in modo diverso dalle autorità palestinesi e israeliane. Le prime sono state di fatto complici dell'omicidio di Faten e non hanno arrestato l'assassino; d'altro canto, l'omertà della società persino le leggi proteggono nell'Anp gli assassini motivati dall'"onore". Le autorità israeliane invece, hanno arrestato i complici del delitto che ha avuto luogo a Gerusalemme e cercano l'omicida. che ha fatto perdere le sue tracce.

Ecco l'articolo, "Uccise dalle famiglie. In Palestina l'onore si paga con il sangue" .

Ecco l'articolo:

Faten, Amani, Rudeina, tre giovani donne palestinesi, sono state uccise domenica nelle loro case di Ramallah e Gerusalemme Est perché avevano osato scrollarsi di dosso le convenzioni di una società che non tollera devianze. I loro giustizieri erano appostati in casa, hanno progettato le eliminazioni con calma, realizzandole quando le vittime predestinate erano immerse nel sonno. L'aspetto più atroce di queste vicende - riferite ieri con titoli vistosi dalla stampa palestinese - è che i responsabili girano a testa alta avendo dato nuovo smalto, a loro avviso, all'onore familiare.
Chi l'ha conosciuta, dice che Faten Habbash (22 anni) era una giovane donna intelligente, emancipata, indipendente. La sua famiglia cristiana, ha scritto il quotidiano palestinese al-Ayam, non vedeva di buon’occhio la relazione con un giovane musulmano di Ramallah. Per due volte, il mese scorso, la coppia ha cercato di fuggire in Giordania. Ma i documenti del fidanzato non erano in regola: al valico del ponte di Allenby è stato respinto. Faten e il fidanzato hanno allora deciso di restare nella vicina Gerico, nel tentativo di risolvere i problemi burocratici. Attivata dalla famiglia di Faten, la polizia palestinese ha intercettato senza problemi la fuggiasca per riportarla a Ramallah. Dove è stata assalita brutalmente dal padre che le ha provocato lesioni al bacino tali da richiedere il ricovero in ospedale.
Le sue traversie non erano finite. Dopo una conversione con il padre il governatore di Ramallah si è convinto che Faten poteva rientrare senz'altro a casa. La giovane donna era in gabbia. All'alba di domenica i vicini hanno sentito le sue urla strazianti mentre il padre - si è saputo in seguito - infieriva su di lei con una sbarra di ferro.
Ai suoi funerali - ha riferito una attivista palestinese per i diritti civili - la popolazione del quartiere si è divisa. Da un lato della chiesa un gruppo di giovani donne che denunciava la pratica dei delitti «d'onore». Di fronte a loro un gruppo di donne, ancora più folto, che intimava loro di tacere. Queste faccende, dicevano, richiedono assoluta discrezione.
Nelle stesse ore, pochi chilometri più a Sud, nel rione Jabel Mukaber di Gerusalemme Est, la polizia israeliana scopriva i cadaveri di due sorelle palestinesi: Amani Shaqirat (20 anni) e Rudeina (29), entrambe morte soffocate. Una terza sorella - Layla, 25 anni - presentava pure i segni di un tentato strangolamento, ma respirava ancora. A quanto pare in precedenza le era stato somministrato un liquido acido o venefico. Da una prima inchiesta è emerso che il fratello aveva fatto perdere nel frattempo le proprie tracce. La polizia ha intanto arrestato i genitori, sospettati di complicità nel delitto. Ai cronisti israeliani il padre è apparso sereno. Per le figlie uccise ha avuto solo parole di biasimo. «Erano solite uscire con uomini diversi» ha lamentato. Quando i cronisti hanno cercato di conoscere meglio gli umori nel rione di Jabel Mukaber, sono stati allontanati perché - come a Ramallah - queste vicende devono restare coperte da totale omertà.
Questa è la ragione per cui non ci sono dati certi sul fenomeno dei delitti di onore nella società palestinese. Nel 1997 la polizia palestinese disse di aver indagato una ventina di casi. Ma un’organizzazione locale di diritti civili replicò che la stima doveva essere quindici volte maggiore. Commentando l’uccisione di Faten analisti palestinesi confermano che le relazioni miste sono malviste sia dalla comunità musulmana (fortemente maggioritaria) sia da quella cristiana, che attraversa una forte crisi demografica anche a causa di una cospicua emigrazione. Quando una donna cristiana sposa un musulmano, viene fatto notare, la conversione è pressoché inevitabile. Ma su un piano più generale, molti analisti concordano: la legge si mostra fin troppo comprensiva verso chi pratica il delitto d'onore. Secondo la legge giordana, applicata in Cisgiordania, un omicidio può essere considerato un atto di legittima difesa quando l'imputato intendeva tutelare il proprio onore o quello di un congiunto.
Ieri ai funerali di Faten Habbash il padre - formalmente sospettato del delitto - era presente. Poi, in un estremo gesto di disprezzo, ha fatto sapere a parenti e vicini che non era il caso di compiere visite di condoglianze. La sua memoria - e quella delle due sorelle di Gerusalemme - è stata onorata in una sala di Ramallah, da un gruppo di donne palestinesi militanti dei diritti civili.
Sullo stesso argomento il CORRIERE DELLA SERA pubblica a pagina 16 un articolo di Davide Frattini, ""Sposerò un musulmano". Il padre cristiano la uccide", che riportiamo:
Faten Habbash è stata mandata a casa dalla polizia palestinese. A casa da suo padre, che l'ha massacrata e l'ha fatta finire in un letto d'ospedale. Faten Habbash è stata convinta a tornare a casa dal governatore di Ramallah, le aveva assicurato che non sarebbe stata più toccata. A casa da suo padre che l'ha uccisa con una spranga.
La ragazza, 22 anni, cristiana, si era innamorata di un musulmano di Gerico, un matrimonio misto che i parenti di lei non avrebbero mai permesso. Insieme avevano tentato due volte di fuggire in Giordania per sposarsi. Un mese fa erano stati fermati dalle guardie di frontiera israeliane, perché lui aveva una carta d'identità scaduta. Al secondo tentativo, la famiglia aveva già avvertito la polizia palestinese e Faten era stata rispedita indietro.
Lunedì durante i suoi funerali a Ramallah cinquanta giovani hanno provato a protestare, con cartelli e slogan contro i « delitti d'onore » . Sono state zittite da altre donne, « non si va a urlare per strada quello che succede dentro le famiglie » . Complici mute, come la ma dre di Amani e Rodina Shakirat, strangolate lunedì dal fratello in un quartiere di Gerusalemme Est. Rodina — 27 anni, aspettava un bambino — era scappata dopo che il marito l'aveva picchiata accusandola di avere una relazione con un altro uomo. Aveva cercato rifugio dai genitori, che ieri sono stati arrestati per complicità nell'assassinio.
« Sempre più ragazze subiscono violenze dai loro familiari — spiega Falak al Khayat, che guida un centro di protezione a Nablus — . Dal 1996 abbiamo registrato 11mila denunce, almeno 30 donne sarebbero state uccise per ragioni d'onore » .
Nei Territori sono in vigore le norme giordane, che per questi delitti prevedono pene lievi: un omicidio può essere considerato legittima difesa non solo quando l'accusato voleva proteggersi da un'aggressione, ma anche se intendeva tutelare la rispettabilità della famiglia. Perché la polizia ascolti la denuncia di una ragazza, dev'essere accompagnata dal padre o da uno zio. Quel che la legge non dice è che cosa deve fare per essere creduta.
Sullo stesso argomento invitiamo i nostri lettori a leggere la critica al MANIFESTO, pubblicata su IC di oggi 4.5.05.


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