Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L'altra faccia dell'uscita da Gaza un problema reale che Israele deve affrontare e risolvere
Testata:Corriere della Sera Autore: Davide Frattini Titolo: «Gaza, il villaggio dei « collaborazionisti » teme adesso la vendetta dei palestinesi»
Che ne sarà dei palestinesi che in Israele non hanno mai visto un nemico da combattere ma un paese nel quale vivere e convivere ? La domanda è legittima se si considera quello che avverrà a Gaza dopo che gli israeliani se ne saranno andati. Ce lo racconta Davide Frattini sul Corriere di oggi. Ecco l'articolo: DAL NOSTRO INVIATO RAFAH ( Gaza) — Dahaniya non sta sulle mappe e fra tre mesi potrebbe essere cancellato anche dalle sabbie della Striscia di Gaza. I palestinesi possono solo avvicinarsi, usano le piste diroccate dell'ex aeroporto internazionale come scorciatoie tra le torrette israeliane, si fermano quando avvistano da lontano il palazzotto del consiglio municipale. E' un viaggio nella nostalgia. Qualcuno indica le persiane azzurre, lì abitava con la famiglia. E' un viaggio nell'odio. Qualcuno indica i soldati che proteggono i « traditori » . Dahaniya è il villaggio fantasma dei collaborazionisti. I servizi segreti israeliani nel 1977 lo hanno requisito e negli anni hanno trasferito qua centinaia di arabi: i beduini che lavoravano a Yamit fino all'evacuazione del Sinai egiziano nel 1982, gli informatori di Gaza e della Cisgiordania che hanno aiutato a fermare attacchi terroristici o a catturare i capi delle milizie. Incastrato tra il confine egiziano e il valico di Kerem Shalom, è una bolla tra le città palestinesi, circondata da filo spinato e postazioni di controllo: attraverso il checkpoint si passa solo per andare a lavorare in Israele. « Da un paio di settimane — racconta al telefono Saidi, uno degli abitanti — i militari hanno cominciato a controllare i nostri documenti e a catalogare le nostre proprietà » . Nella divisione in classi dei quattrocento di Dahaniya, il futuro è affidato a due colori. Blu vuol dire carta d'identità israeliana e qualche sicurezza in più: quando quest'estate l'esercito abbandonerà Gaza, i blu dovrebbero traslocare in una città dello Stato ebraico. Arancione significa documento palestinese e destino incerto: qualcuno di loro vuol restare nel villaggio, non ha paura delle vendette perché « i collaborazionisti hanno sempre vissuto in un'area distaccata e ormai sono stati tutti trasferiti » . Ismail è un « blu » che ha lavorato dieci anni per gli israeliani e ha scelto l'esilio volontario l'anno scorso, dopo che il corpo di un altro informatore era stato ritrovato a Gaza con la scritta « traditore » incisa sulla pelle, condanna a morte eseguita da una squadra di Hamas. « Il governo mi proteggerà — ha detto al Sunday Times — quando gli israeliani se ne andranno, mi porteranno con loro. Non sono sicuro per il resto della gente. Sono giorni crudeli per tutti » . Umm Khaled ha vissuto dentro al villaggio negli ultimi venticinque anni, non lascia quasi mai i confini rassicuranti del filo spinato per paura di essere uccisa, suo marito passava notizie sugli agenti egiziani in Sinai. « Se restiamo un solo minuto dopo che gli israeliani se ne saranno andati, verremo massacrati » . « La gente di Gaza ci considera tutti collaborazionisti — ha raccontato al quotidiano Maariv Shatiwi a Shatiwi, un « arancione » — e Israele non ci dà le carte d'identità. Noi vogliamo essere trasferiti tutti insieme. Fin da quando hanno cominciato a parlare del piano di ritiro, abbiamo deciso che non ci saremmo lasciati sparpagliare uno qua e uno là » . Qualcuno ha contattato degli avvocati a Tel Aviv. Il villaggio non sarebbe citato nella lista di quelli da evacuare e non è menzionato neppure nella legge che stabilisce i risarcimenti per i coloni israeliani. « Ma qui abbiamo delle terre, chiediamo anche noi di essere indennizzati » . Il governo sta esaminando in queste settimane i casi delle famiglie. Dopo gli accordi di Oslo del 1993, molti degli informatori erano stati trasferiti in città israeliane a maggioranza araba, ma gli abitanti avevano cacciato i nuovi arrivati, quando avevano scoperto il loro passato. Adesso l'idea sa rebbe di ricostruire una comunità nel deserto del Negev. Funzionari del ministero della Difesa ne avrebbero discusso in segreto con l'Autorità palestinese: « Ci hanno fatto capire che preferiscono non fare troppa pubblicità — hanno spiegato a Maariv — . Quelli che sono considerati traditori vivono sotto il loro naso » . Salim Al Wakili cita un proverbio arabo per riconoscere che l'Autorità prima o poi dovrà affrontare il caso Dahaniya ( « non puoi proteggerti dal sole con i fori di un setaccio » ) : « Dovremmo garantire un'amnistia — spiega il dirigente palestinese nell'ufficio a Deir Al Balah — . Queste persone hanno commesso degli errori sotto pressione » . I giovani del villaggio non sono pronti a restare, anche se i loro padri venissero perdonati. « Sono cresciuto con gli israeliani, ho sempre lavorato con loro — dice Ahmed Arkivi — . E poi dove vai a Gaza con un paio di Nike come queste? » .
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