Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Giordania e Israele: il commercio traina la diplomazia anche grazie agli Stati Uniti
Testata: Corriere della Sera Data: 29 marzo 2005 Pagina: 8 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «Cadono i tabù tra Israele e Giordania in nome degli affari con gli Stati Uniti»
Il CORRIERE DELLA SERA di martedì 29 marzo 2005 pubblica un articolo di Lorenzo Cremonesi sui rapporti economici e politici tra Israele, Giordania e Stati Uniti. Ecco il testo: Politici, sindacalisti e persino i portavoce della casa reale hashemita preferiscono parlarne poco. « Non sono popolari. Tutto quello che riguarda Israele e Stati Uniti è visto con sospetto dalla maggioranza dei giordani » , spiegano. Anche i media locali se ne interessano appena. Ma a guardare le cifre, il successo di quelle che qui chiamano « le Quiz » — dall'acronimo sbrigativo di Qualifying Industrial Zones — sembra assoluto. « Basti pensare che nel 1997, quando vennero inaugurate, avevano procurato un export negli Stati Uniti pari a 7 milioni di dollari. Nel 2004 si è raggiunto il miliardo di dollari » , taglia corto con aria soddisfatta Juma Abu Hakmeh, direttore dell'Associazione Industriali di Amman. La formula venne inventata dall'amministrazione Usa subito dopo la firma del trattato di pace tra Israele e Giordania nel 1994. Sulla carta le relazioni tra i due Paesi venivano cementate dall'apertura delle rispettive ambasciate. Ma nella realtà non cessavano gli antichi e rispettivi pregiudizi, le ostilità, specie in Giordania dove almeno il 65 per cento degli oltre 5 milioni di abitanti è composto da profughi palestinesi. Come garantire un concreto processo di normalizzazione? « Con l'integrazione economica, grazie alla costruzione di sette parchi industriali in Giordania, che presto dovrebbero diventare dieci, per prodotti esentasse destinati al mercato americano. Questi i requisiti essenziali: occorre che i prodotti provenienti dalle aree industriali qualificate siano almeno per l' 8 per cento di origine israeliana, l' 11,7 per cento giordana e un altro 15,3 per cento indistintamente giordana, israeliana, palestinese o americana » , aggiunge Abu Hakmeh. Una delle conseguenze è stata la crescita esponenziale dell'export giordano verso i mercati americani. Oggi le ditte coinvolte nell'intera operazione sono oltre 100, quasi tutte tessili, con circa 40.000 dipendenti, di cui poco meno della metà giordani. Un punto controverso quest'ultimo: i critici sostengono che ai giordani arrivano solo le briciole di un business gestito per lo più da stranieri. « Cose mai viste. Solo tra il 2003 e il 2004 l'aumento dell'export giordano verso gli Usa è stato del 59,8 per cento. E il porto marittimo più utilizzato per l'import di materie prime e l'invio dei prodotti finiti è ormai quello israeliano di Haifa. Nonostante gli scioperi si dimostra più efficiente di quello giordano a Aqaba, sul Mar Rosso » , notano meravigliati i circoli diplomatici occidentali nella capitale. Vedere per credere. La città industriale di Al Tajamouat è cresciuta in pochi anni sull'autostrada presso l'aeroporto internazionale di Amman. Un groviglio gigantesco di capannoni, uffici, gru, parcheggi per camion, mense e dormitori, dove solo poco fa pascolavano greggi di pecore e un paio di paesini dominati dai minareti sembravano destinati a vegliare per sempre sui tratturi delle vallate che scendono verso il Mar Morto. Non mancano l'infermeria ospedale, una stazione di polizia, i pompieri e ristoranti di ogni tipo per soddisfare il palato dei lavoratori provenienti da Taiwan, Cina, Sri Lanka e Filippine. « Siamo totalmente autosufficienti ormai. Le nostre compagnie di servizi garantiscono anche la presenza costante di almeno 120 agenti di sicurezza contro il pericolo terrorismo » , afferma Zaid Marar, dirigente della Specialized Investm e n t C o m pounds , la c o m p a g n i a giordana che assicura la logistica per gli investitori stranieri. Perché le ditte provenienti dall'estero rappresentano la grande maggioranza delle società coinvolte nelle « Quiz » . Tra la quarantina di Al Tajamaouat solo 9 sono giordane, tra le altre se ne contano 7 indiane, 7 di Taiwan e 3 di Hong Kong. « Qui tutti gli stranieri sono estremamente preoccupati dall'allarme attentati. Sanno bene che chiunque abbia rapporti con Israele è sotto tiro. Noi facciamo del nostro meglio per tranquillizzarli. La presenza delle guardie armate è costante » , continua Marar. Un pericolo potenziale, ma mai suffragato dai fatti. « Sappiamo che Al Qaeda e i gruppi del terrorismo internazionale provano a compiere attentati almeno un paio di volte al mese. Senza successo però. I servizi di informazione giordani sono tra i più forti del Medio Oriente: hanno penetrato Al Qaeda e le fila dei gruppi più radicali del fondamentalismo islamico. Non a caso gli americani e i Paesi occidentali ricorrono spesso a loro per risolvere i casi dei concittadini rapiti in Iraq » , osserva Mustafà Hamarneh, direttore del Centro di Studi Strategici all'Università di Amman. Solo per i casi più clamorosi la stampa locale rivela talvolta qualche dettaglio. È noto per esempio che l'anno scorso vennero scoperti tre camion carichi di esplosivo e sostanze chimiche, che avrebbero dovuto devastare il quartier generale del Mukhabbarat, il servizio di sicurezza interno, causando anche una strage tra la popolazione della capitale. E oggi è risaputo che furono proprio le « talpe » giordane a fornire le coordinate per il raid americano sulle basi di Al Qaeda in Afghanistan nel 1998, quando lo stesso Osama Bin Laden venne mancato solo per un soffio. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.