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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Avvenire - Il Manifesto Rassegna Stampa
11.03.2005 Reticenze e disinformazione su Hezbollah
sul quotidiano cattolico e su quello comunista

Testata:Avvenire - Il Manifesto
Autore: Francesca Fraccaroli - Michele Giorgio
Titolo: «Si al dialogo con Hezbollah contro questi governanti - Le nostre proposte per un compromesso con Karame»
Francesca Fraccaroli intervista su AVVENIRE di martedì 11 marzo 2005 Ghanwa Jallul, esponente dell'opposizione libanese.
Riportiamo l'ultima domanda della giornalista e la risposta della politica libanese:

Rispetto al disarmo di Hezbollah come si pone lo schieramanto dell'opposizione?

A differenza di come viene percepito in Occidente i libanesi considerano questa organizzazione legittima e da rspettare per quello che ha fatto per il Paese, lottando contro l'occupazione israeliana. con il leader di Hezbollah (Hassan Nasrallah) anche Hariri aveva dialogato e altrettanto siamo chiamati a fare noi oggi, visto che questo partito, che rappresenta la maggioranza degli sciiti in Libano, sta gradualmente abbandonando la via militare per intraprendere la strada della partecipazione politica.
Sarebbe stato opportuno replicare notando che Hezbollah è un organizzazione terroristica e ricordare anche ai lettori che Jallul rappresenta nell'opposizione libanese la posizione di chi è maggiormente convinto della possibilità di trattare con il governo filo-siriano e con i suoi sostenitori. Le manifestazioni dell'opposizione avevano come slogan, in realtà, l'applicazione della risoluzione dell'Onu che chiede, oltre al ritiro siriano, il disarmo di Hezbollah.

Anche IL MANIFESTO di venerdì 11 marzo pubblica un'intervista, di Michele Giorgio, alla Jallul.
Giorgio conduce tutta l'intervista in modo estremamente tendenzioso: le elezioni legislative farebebro "precipitare il Libano in una crisi ancora più profonda", il ritiro delle truppe siriane, che in realtà si stanno riposizionando nella valle della Bekaa, è "lento ma costatnte", l'ipotesi che a uccidere Hariri siano stati i siriani è illogica, le opposizioni, dopo la manifestazione di Hezbollah "hanno scoperto di essere minoranza" (in realtà potrebbero eventualmente scoprirlo alle elezioni, non con la conta dei manifestanti), Hezbollah, infine è definita la " resistenza".

Ecco il testo:

Costretto a farsi da parte appena dieci giorni fa, Omar Karame ieri è stato incaricato di dare vita a un nuovo governo libanese. L'anziano uomo politico di Tripoli, si è dato il compito di formare una coalizione ampia, anche con le forze di opposizione. «Le difficoltà che conosciamo - ha spiegato - non possono essere affrontate senza il contributo dell'opposizione». Il premier avvierà lunedì prossimo le consultazioni per la formazione dell'esecutivo ma ha lasciato intendere che potrebbe farsi da parte di fronte ad un rifiuto della sua proposta di «salvezza nazionale». «Se non riuscirò a riunire il paese ¡ ha poi ammonito - è ipotizzabile un rinvio delle elezioni legislative». Una possibilità che farebbe precipitare il Libano in una crisi ancora più profonda, nonostante l'uscita dal paese, lenta ma costante, delle forze armate siriane in corso da tre giorni. La parlamentare Ghawna Jalul ieri ha ascoltato con attenzione la conferenza stampa tenuta da Karame nel palazzo presidenziale di Baabda. «Che dire, mi aspettavo qualcosa di più concreto e non solo un elenco di buone intenzioni», ci ha detto aspirando nervosamente una sigaretta. Da alcune settimane Jalul si è affermata come uno dei principali esponenti del partito di Rafik Hariri, l'ex premier assassinato a Beirut il giorno di S.Valentino, e delle forze dell'opposizione della quale, tuttavia, rappresenta la parte più incline al dialogo con la maggioranza che fa capo al presidente Lahud e a Karame. Mercoledì, a nome dei partiti dell'opposizione, ha consegnato al capo dello stato le richieste per entrare a far parte del governo.

Cosa non la convince del discorso del premier incaricato

Doveva insistere sulla necessità di fare piena luce sull'assassinio di Hariri. Quella terribile morte è un fatto che riguarda la magistratura libanese e gli investigatori internazionali, non può diventare un argomento di discussione e di compromesso tra forze politiche coalizzate in un governo. A queste condizioni non vedo come Karame possa portare a termine con successo il suo tentativo.

Da Mosca però uno dei leader dell'opposizione, Walid Jumblatt, ha detto che bisogna dare una possibilità Karame

Non c'è una preclusione totale, almeno per quanto riguarda il mio partito, verso il premier incaricato ma è evidente che un compromesso sarà raggiungibile soltanto se la maggioranza prenderà in seria considerazione le nostre proposte. In Libano non è in corso una partita tra due gruppi pronti a darsi battaglia all'ultimo sangue. La maggioranza del paese inoltre vuole conservare buone relazioni con la Siria, un paese fratello. Ci sono però differenze tra i due schieramenti che non possono essere ignorate. A nostro avviso non è più possibile accettare una situazione dove i servizi segreti libanesi, su ordine di quelli siriani, decidono chi saranno i ministri e i funzionari dello nostri Stato. Su questo punto critico peraltro si erano incrinati i rapporti tra Hariri e Damasco.

Quanto incrinati? In Libano non pochi affermano che ad assassinare l'ex premier sarebbero stati proprio i servizi siriani. Una ipotesi che, tuttavia, appare illogica visto che Damasco sta pagando il prezzo politico più alto di quel gravissimo assassinio politico.

Condanno chi ha puntato l'indice contro la Siria senza avere prove. Allo stesso tempo molti continuano ad avere sospetti a causa proprio dell'atteggiamento di Lahud e Karame che non riescono a spiegare come mai un attentato cosi' feroce e sofisticato, avvenuto a Beirut dove operano i servizi segreti libanesi e siriani, continui a rimanere un mistero. Le indagini non hanno fatto alcun passo in avanti e questo genera nella gente il dubbio che siano stati proprio i nostri agenti segreti a pianificare l'omicidio. Hariri peraltro negli ultimi tempi era stato al centro di ripetuti attacchi di alcuni mezzi d'informazione, molte delle sue decisioni sono state boicottate. Il momento più critico Hariri lo ha vissuto quando ha fatto capire che non avrebbe accettato di guidare un governo formato da ministri non di sua scelta. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l' estensione del mandato del presidente Lahud, per volere di Damasco.

Torniamo agli ultimi giorni. Le opposizioni hanno scoperto di essere minoranza martedì, di fronte al milione di libanesi che hanno risposto all'appello lanciato dal leader di Hezbollah a manifestare a Beirut in sostegno della Siria e contro le ingerenze straniere. Adesso che la crisi sta lasciando le strade della capitale per approdare sui tavoli di discussione tra partiti politici, qual'è il comune denominatore che maggioranza ed opposizione hanno in comune?

Senza dubbio l'accordo di Taef, che, non dimentichiamolo, fu negoziato proprio da Hariri e mise fine alla guerra civile. Taef legittimò la presenza di truppe siriane nel nostro paese ma prevede anche il loro ritiro. Sull'uscita dell'esercito di Damasco dal nostro paese ci sia un consenso ampio, che coinvolge un po' tutte le forze politiche. Le differenze riguardano i tempi e i modi del ritiro siriano.

Alle manifestazioni però si sono visti i sostenitori dell'opposizione che chiedevano l'applicazione della risoluzione dell'Onu 1559 che prevede oltre al ritiro immediato della Siria anche il disarmo della resistenza, di Hezbollah

Noi siamo grati alla comunità internazionale per l'attenzione che mostra verso il nostro paese ma i paesi occidentali devono capire che per noi libanesi Hezbollah è una forza politica importante, che rappresenta una fetta consistente della nostra popolazione e che, soprattutto, ha lottato con coraggio e sacrifico per liberare la nostra terra dall'occupazione israeliana. Hezbollah ha la stima di tutti i libanesi e il suo eventuale disarmo riguarda soltanto loro. E' una questione interna in cui gli altri stati non devono entrare.
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