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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L' Unità Rassegna Stampa
28.02.2005 Posizioni israeliane e palestinesi presentate in modo squilibrato
nella cronaca di u.d.g.

Testata:L' Unità
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Il monito di Sharon: l'Anp fermi la violenza»
Sull’Unità di oggi 28 Febbraio 2005 Umberto de Giovannangeli scrive a proposito degli ultimi sviluppi tra israeliani e palestinesi all’indomani della strage di Tel Aviv. La cronaca è di per sé corretta, tuttavia u.d.g sembra dare eccessivo credito alla tesi palestinese (smentita da una rivendicazione) secondo cui la Jihad islamica non possa essere stata responsabile dell’attentato poiché sottoscrittrice delle intese infrapalestinesi per il cessate il fuoco, tesi che permetterebbe ad Abu Mazen di evitare scontrarsi con questo gruppo terroristico;d’altro canto invece la posizione Israele viene presentato da u.d.g. solo attraverso le parole del ministro Boim, che ipotizzano un ritorno alle uccisioni mirate. In questo modo viene confermato lo stereotipo dei falchi di Israele in contrapposizione alle colombe palestinesi fautrici del dialogo civile con i terroristi.
L'incubo-kamikaze torna a scuotere Israele dopo l'ennesima strage di innocenti, venerdì notte, sul lungomare di Tel Aviv (4 civili israeliani uccisi, una cinquantina i feriti). La polizia è stata messa in stato d'allerta per paura di nuovi attentati. Il dispositivo di sicurezza è stato particolarmente rinforzato nella regione di Tel Aviv, dove sono stati istituiti posti di blocco lungo le strade. «Numerosi poliziotti sono stati dispiegati nei centri urbani, nei mercati e dovunque c'è una folla di gente», annuncia alla radio pubblica il commissario di polizia Ezra Aaron. La lotta al terrorismo. È questo il banco di prova per la nuova leadership palestinese. Lo ribadisce il premier israeliano Ariel Sharon all'apertura del consiglio dei ministri dedicato in parte all'esame delle ripercussioni dell'attentato di Tel Aviv. «Non ci sarà alcun progresso politico - e ripeto: alcun progresso politico - fintanto che l'Autorità nazionale palestinese non intraprenderà una attività energica contro le infrastrutture del terrore - afferma Sharon - Se l'Anp non avvierà attività decise, Israele sarà costretto a compiere attività militari per difendere i propri cittadini». Per il momento, però, le pressioni su Abu Mazen restano essenzialmente di natura politica. E a spiegarne con chiarezza le ragioni, in una intervista alla radio militare, è Amos Ghilad, primo consigliere del ministro della Difesa Shaul Mofaz. Israele, dice Ghilad, vede in Abu Mazen una «delicata piantina» che deve essere accudita affinché si irrobustisca e sviluppi salde radici. Ghilad riconosce nel presidente palestinese la capacità di aver cambiato l'atmosfera generale nei Territori e di avervi generato una diffusa opposizione agli attentati terroristici. «Rispetto alla presidenza di Yasser Arafat c'è una bella differenza - rimarca il consigliere di Mofaz -: Arafat incoraggiava i terroristi, mentre Abu Mazen li vuole combattere». «Dobbiamo dargli credito -precisa- lasciargli l'occasione di fare la sua politica». Nell'intervista Ghilad ribadisce che l'attentato a Tel Aviv è stato «senza dubbio» condotto dalla Jihad islamica palestinese «che ha ricevuto in merito ordini da Damasco».
Le certezze di Israele sull'attentato alla discoteca «Stage» non convincono la dirigenza dell'Anp. «Nessun partito palestinese organizzato» risulta responsabile dell'attentato di venerdì notte a Tel Aviv «dato che tutti i partiti si sentono ancora vincolati dalle intese interpalestinesi», dichiara il ministro per la programmazione palestinese Ghassam al-Khatib, che scagiona così la Jihad islamica. «I mezzi di comunicazione devono essere cauti prima di pubblicare notizie divulgate da fonti israeliane», aggiunge il ministro in una intervista all'emittente «Voce della Palestina». L'altro ieri la Tv satellitare Al Jazira aveva mandato in onda un filmato in cui il kamikaze responsabile dell'attentato a Tel Aviv, Abdallah Badran, ostentava i simboli della Jihad islamica e leggeva un documento molto critico non solo contro Israele ma anche verso l'Autorità nazionale palestinese. Tuttavia secondo il parlamentare palestinese Radura Fares, uno dei leader di Al-Fatah in Cisgiordania, quel filmato «desta sospetto» sia per la sua «insolita fattura» sia per il linguaggio usato da Badran. Fares è incline a ritenere che l'attentato sia stato organizzato piuttosto da una cellula locale. «Tutti sono capaci a stendere un vessillo della Jihad islamica su un muretto e a riprendere un giovane col fucile», sottolineano fonti vicine all'Anp. Ma la tesi di Radura Fares è decisamente contestata da Israele. Per l'intelligence di Tel Aviv le responsabilità della Jihad islamica nell'attentato di venerdì notte «sono supportate da prove inequivocabili»; per questo Israele, annuncia il ministro della Difesa Shaul Mofaz, ha inoltrato al presidente dell'Anp Abu Mazen -che domani sarà a londra per la conferenza internazionale di Londra sulle riforme palestinesi- una lista di militanti della Jihad sospettati di essere coinvolti nell'attacco suicida alla discoteca «Stage». La richiesta è perentoria: arrestateli. E se ciò non accadrà, Israele è pronto ad agire. In che modo lo spiega il vice ministro della Difesa, Zeev Boim: «Visto che nei confronti della Jihad il presidente Abbas non sta facendo nulla, allora saremo noi - taglia corto Boim - che dovremo prenderci cura direttamente di quella organizzazione», un eufemismo per alludere alla ripresa di «eliminazioni mirate» da parte di Tsahal.
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