Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Anp, Egitto e Siria: gli equilibri politici del Medio Oriente alla vigilia del voto palestinese un' analisi della diplomazia inter-araba di Abu Mazen
Testata:Il Foglio - Corriere della Sera Autore: un giornalista Titolo: «Abu Mazen conta su Mubarak ma deve guardarsi da Assad»
A pagina 3 IL FOGLIO di giovedì 6 gennaio 2004 pubblica un'analisi degli sforzi diplomatici di Abu Mazen verso il mondo arabo e delle strategie di Egitto e Siria nel dopo-Arafat Ecco l'articolo. Ramallah. Abu Mazen ha ricevuto la benedizione di tutti i paesi della regione. Cinque settimane fa, assieme all’attuale premier Abu Ala, il leader dell’Olp ha fatto un giro di visite ufficiali ai rais del mondo arabo, presentandosi come l’inevitabile vincitore delle elezioni palestinesi. I tre obiettivi fondamentali del suo viaggio per il medio oriente erano: ricucire i rapporti con gli Stati dell’area, ottenere il loro appoggio e guadagnare maggior credibilità tra la popolazione del mondo arabo, cercando di togliersi di dosso l’immagine dell’uomo favorito dagli Stati Uniti e da Israele. L’Egitto non ha dubbi. Il mese scorso, Hosni Mubarak è stato ripreso da tutte le tv arabe mentre affermava che il vincitore delle elezioni del 9 gennaio sarebbe stato Abu Mazen. La dichiarazione, forse troppo esplicita, ha suscitato accuse di favoritismo da parte degli altri candidati e tra i membri della commissione elettorale. L’Egitto però vede in Abu Mazen l’unico candidato che può, assieme a Israele, sbloccare la road map. L’incontro di fine novembre con il presidente egiziano è stato un chiaro segnale di rinnovo del sostegno di Mubarak al leader dell’Olp. Il Cairo crede, infatti, che Abu Mazen possa riportare la stabilità nella regione, contenendo la violenza dei gruppi islamisti, problema di cui soffre lo stesso Egitto, e cooperando per lo sgombero da Gaza. Abu Mazen ha anche rimesso piede in Kuwait, dopo quattordici anni di rottura delle relazioni diplomatiche. Il premier kuwaitiano, Sabah al Ahmed al Sabah, ha ricevuto il candidato di al Fatah chiamandolo "nostro fratello", facendo così capire che con la morte di Arafat, i rapporti diplomatici potevano essere riaperti. Sabah ha voluto aggiungere che le scuse per l’appoggio palestinese all’invasione del Kuwait da parte del dittatore Saddam Hussein, non erano necessarie. Abu Mazen, però, ha voluto stupire e accattivarsi l’appoggio del ricco Stato del Golfo, che prima della guerra del 1991, era tra i principali finanziatori dell’Olp. "Chiediamo scusa al Kuwait e alla sua popolazione per quello che abbiamo fatto", ha detto Abu Mazen, appena sceso all’aeroporto. La spaccatura diplomatica tra i due popoli quindi, come ha detto lo stesso premier kuwaitiano, "è da considerarsi finalmente chiusa". Le scuse di Abu Mazen hanno anche rimarginato le ferite tra l’Olp e la casa reale saudita iniziate con la guerra del Golfo. La visita di Abu Mazen in Siria aveva lo scopo di ricucire i rapporti perduti con Damasco. Le relazioni tra i due popoli si erano rovinate quando Arafat firmò il primo accordo di Oslo nel 1993. Nel 2001, mentre il rais stava mettendo piede nell’aereo che lo avrebbe portato a Damasco, il governo siriano cancellò la visita, facendo capire di non essere interessato a riconsolidare le relazioni. Il leader dell’Olp, però, questa volta è stato accolto calorosamente da Bashar el Assad. Il rapporto dell’Anp con la Siria rimane comunque controverso. Abu Mazen sperava con la sua visita di convincere Damasco ad aiutare l’Anp a contenere la minaccia dei gruppi islamisti. Assad però non sembra voler prendere misure drastiche né con Hamas, che ha un centro di commando nella capitale siriana, né con gli Hezbollah, sempre più presenti nella West Bank e nella striscia di Gaza, per non perdere la propria influenza sulla scena israelo- palestinese. Beirut ha invece interesse che Abu Mazen mantenga la linea dura sulla questione dei rifugiati, temendo una richiesta da parte dei profughi palestinesi della cittadinanza libanese. La Giordania, anch’essa popolata da un ingente numero di rifugiati palestinesi, vede nel leader dell’Olp l’uomo della stabilità, che non intralcerà i progetti del Quartetto per la road map. Abu Mazen ha pertanto con sé l’appoggio di tutto il medio oriente, rendendo con ciò ancora più evidente che i giochi per la successione di Yasser Arafat sono considerati già fatti. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.