Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Spero che i responsabili di Informazionecorretta ed ancor più i lettori mi vorranno perdonare se ricorro, per una volta, all'espediente di scrivere una lettera aperta, anziché firmare come è consuetudine un commento od una analisi.Ma è di esperienze personali che voglio scrivere, e questo mi pare giustifichi la scelta. Ho sentito in vari telegiornali, e letto su vari giornali, la notizia del musicista palestinese costretto da un soldato israeliano di guardia ad un checkpoint ad estrarre dalla custodia il suo violino ed a suonare alcune note per dimostrare che si trattasse di un violino vero, e non di uno strumento imbottito di esplosivo. Dobbiamo, a mio parere, inserire questo episodio nel giusto contesto per comprenderne le ragioni e per giudicarlo. Dalla fine degli anni 60 alla fine degli anni 90 mi è capitato molto spesso di partecipare a convegni e congressi ebraici che si svolgevano in Israele, non di rado in rappresentanza dell' ebraismo italiano e talvolta con funzioni di capo-delegazione.E spesso ho portato con me la mia macchina fotografica. In genere all' ingresso della sede in cui si svolgeva il congresso o convegno, che era spesso il palazzo dei congressi di Gerusalemme, tutti coloro che volevano entrare venivano perquisiti: si aprivano borse e cartelle, e chi come me aveva una macchina fotografica doveva scattare alcune fotografie per dimostrare che non si trattasse di una bomba o di un'arma.E non eravamo in epoca di intifada, né tanto meno di terrorismo suicida. Negli ultimi anni ogni bar ristorante supermercato ed albergo d'Israele si è munito di guardie private che verificano con cura quanto ogni avventore o cliente porta con sé. Ed è addirittura capitato che qualche israeliano, non venendo perquisito dalla guardia distratta o intenta a fumarsi una sigaretta la apostrofasse con indignazione e pretendesse la dovuta attenzione: in quel negozio o ristorante quell' israeliano non si sentiva sicuro, perché non era stato lui stesso perquisito. Mi rendo conto che la prassi applicata ad un musicista palestinese da quel militare possa essere percepita come una gratuita umiliazione, ma riflettendo su questo episodio con maggiore attenzione (e minore prevenzione) esso può essere facilmente ricondotto alla sua vera natura. Non voglio assolutamente ergermi a difensore "ad ogni costo e comunque" di quanto succede in Israele. Il profondo disgusto che ho provato leggendo di alcuni eccessi commessi da alcuni militari non viene mitigato in me dalla consapevolezza che essi sono opera di pochi, e che sono emersi perché i molti loro colleghi hanno voluto denunciarli alla generale ed incondizionata riprovazione, oltre che esporli al giusto processo penale.La forte omertà nostrana che copre i farabutti non ci dovrebbe consentire di ergerci a giudici di nefandezze che nessuno si assume la responsabilità di coprire, nascondere o sminuire. Ma dovremmo anche evitare di puntare il dito accusatore contro un militare che con zelo, forse pure con un eccesso di zelo ma senza cattiveria, fa il suo dovere di salvaguardare le vite di innocenti minacciate da civili mascherati da agnellini. Ed alla fine quel che in questa vicenda mi ha sconcertato maggiormente è stata la rapidità con cui le istituzioni militari israeliane si sono sentite in dovere di scusarsi per quel poco edificante - ma non grave - episodio.