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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
24.11.2004 Un sondaggio assegna ad Abu Mazen il 30% dei consensi tra i palestinesi, contro l'8,5% di Marwan Barghuti
il "candidato fantasma" alle elezioni presidenziali palestinesi

Testata:Il Foglio
Autore: un giornalista
Titolo: «Il candidato fantasma di Ramallah»
Da IL FOGLIO di mercoledì 24-11-04, riprendiamo l'articolo "Il candidato fantasma di Ramallah" su Marwan Barghuti.
Ramallah. C’è un fantasma a Ramallah: Marwan Barghouti. Il 45enne leader dei
Tanzim, l’uomo che le tv del mondo mostrano in manette, braccia alzate, dita in segno di vittoria, sta scontando una condanna a 5 ergastoli. Per Israele è un terrorista,i giudici l’hanno riconosciuto colpevole di 5 omicidi. Ma la "giovane" generazione di Fatah, le Brigate al Aqsa, fanno fuoco e fiamme per spingerlo a candidarsi nelle elezioni per il successore di Arafat. Ancor prima che politico, è uno scontro generazionale. Da una parte, la vecchia guardia, gli uomini che si sono fatti le ossa a Tunisi, e sono sbarcati nel Territori nel ’94 , grazie agli accordi di Oslo. Dall’altra, la nuova generazione che non ha conosciuto l’esilio, ha guidato la prima e la seconda Intifada, ma finora è stata tenuta rigorosamente nell’anticamera del potere. La morte del rais ha fatto venire alla luce un conflitto latente. La scelta di al Fatah di candidare Abu Mazen ha innescato la rivolta nei quarantenni. Che però sembrano in un vicolo cieco. E poco importa che la moglie di Barghouti insinui il tarlo del dubbio, dicendo che il marito annuncerà all’inizio della prossima settimana se si candiderà come indipendente. O che uno dei sui sostenitori, Kadoura Fares, batta i pugni sul tavolo perché la scelta del candidato è stata fatta da un’istanza ristretta. Un sondaggio condotto dal Centro palestinese sull’opinione pubblica all’inizio di novembre assegna ad Abu Mazen il 38 per cento dei consensi e solo l’8,5 a Barghouti. Peraltro, il leader dei Tanzim è persona troppo accorta, per bruciarsi le carte. Non a caso il ministro degli Esteri palestinese, Nabil Shath, ieri nell’auspicare che Barghouti non si candidi, ha assicurato che "avrà un importante ruolo in futuro". E Abu Mazen tesse la sua tela in questa direzione. Nell’incontro col segretario di Stato Colin Powell ha chiesto l’intervento americano per la liberazione del leader dei Tanzim. Se, com’è probabile, riuscirà a raccogliere il difficile scettro del rais, Abu Mazen dovrà ottenere risultati per consolidare il suo potere. E quello della liberazione dei detenuti è una delle strade maestre. Anche se la liberazione di Barghouti può realizzarsi solo in un contesto politico radicalmente diverso. Oggi l’81 per cento degli israeliani non ne vuol sentir parlare.
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