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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
14.11.2004 Signori giornalisti, adesso basta.
se ci riuscite, siate seri

Testata:Informazione Corretta
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Signori giornalisti, adesso basta»
Abbiamo letto articoli servizi analisi corrispondenze a decine su Arafat moribondo morto ed infine sepolto; abbiamo letto i commenti e le considerazioni di svariatissimi Grandi, di Grandicelli e di Mi-Piacerebbe-Essere-Grande sui meriti e le virtù di Arafat. Ancora sabato 13 novembre su Repubblica le pagine dedicate al tema erano 6 (sei).

Adesso basta.

Sappiamo che Arafat è stato un grande statista, un politico lungimirante, un uomo i cui piccoli difetti fisici, caratteriali e morali venivano ampiamente compensati dalle straordinarie doti di leader di un popolo di derelitti.

Adesso basta.

Per favore, signori giornalisti, corrispondenti,inviati speciali, analisti, vogliate concentrarvi su altre cose. Dimentichiamoci Arafat, dimentichiamoci il suo tesoro da Alì Babà capo dei ladroni, e pensiamo in positivo.

Arafat ha lasciato a chiunque gli succederà un’ eredità difficile, un fardello che nessuno potrà portare da solo. Già con Arafat per modo di dire vivo abbiamo assistito alla divisione dell’ immenso potere che egli aveva gestito, ed abbiamo capito che i suoi eredi politici dovranno inventare un equilibrio di poteri che si situerà a cavallo di istituzioni garantite dalla legge e posizioni garantite dalla sola forza bruta. L’Autorità Palestinese frammentata in presidenza, governo e parlamento, l’OLP, Al Fatah con le sue bande del terrorismo militante, e poi all’ esterno di tutto ciò Hamas, gli Hezbollah, Siria ed Iran ed Arabia Saudita, richiederanno doti da giocoliere più che da statista.

Eppure,è qui che dobbiamo ritrovare il bandolo di una matassa che forse non ha mai cominciato ad essere svolta. Che la si chiami Road Map o con altri nomi, il suo nome vero è Pace. Ed il Potere, tutto il Potere, si gioca sul sì o sul no a questo imperativo.

Sarà Marwan Barghouti, condannato all’ ergastolo in Israele, il nuovo uomo forte? O sarà quel Farouq Khaddoumi che non accettò i patti di Oslo e che ora vuole continuare la lotta armata?

Quanto potrà pesare l’ ammonimento lanciato dall’ ambasciatore palestinese in Iran: "Arafat sapeva che questa grande causa richiede martiri, non leaders…se mi chiedete quale sarà per certo la fine dell’ entità sionista, io vi dirò che questa entità scomparirà in uno dei prossimi giorni. Ed i suoi leaders, che sono consapevoli di questo futuro, lo sanno…" (Al-Alam, 12.11.2004)?

E quanto influiranno le parole del membro del comitato centrale di Al Fatah Hani al-Hassan (Al-Arabiya, 11.11.2004): "…Nel Fatah abbiamo una regola: la lotta armata semina e la politica raccoglie…Noi pensiamo che il periodo attuale è una fase di semina…"?

Non diversamente la pensa il leader delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, braccio armato del Fatah, Al-Aidi: "…Noi chiamiamo tutti gli eroi…in tutta la nostra patria ad opporsi all’occupante, a colpire l’ occupante ovunque senza porsi dei limiti…Lo stato palestinese diverrà realtà solamente rafforzando la resistenza…fintanto che l’ occupante oppressore non lasci la nostra terra…"(Al-Arabiya, 11.11.2004).

Il primo ministro palestinese Abu Ala,come ha già fatto anche re Abdallah di Giordania ,dichiara che ora è venuto finalmente il momento per parlare realmente di pace, per progettarla e costruirla insieme ad Israele: avrà la forza per imporsi? E troverà alleati nel mondo arabo disposti a sostenerlo con franchezza e coraggio?

Dall’ altra parte della linea verde, in Israele, la gente non aspetta altro. Ansia e speranza sovrastano la paura di una nuova terribile ondata di attentati promessa (e promossa con pingui finanziamenti) da Khaddoumi quando Arafat era sul letto di morte. La pace potrebbe non essere più un miraggio, e nuovi accordi potrebbero essere firmati da personaggi meno infidi e bugiardi (lo scrive Sandro Viola!) di quanto lo fu Arafat. La pace fu salutata a suo tempo con gioia da un popolo egiziano stremato, che portò in trionfo Sadat malgrado la propaganda ventennale di un Nasser bellicoso ed arrogante.Che i palestinesi, per quanto costretti ad un sottomesso silenzio dal tirannico Arafat, siano ora pronti a gioire per un loro leader altrettanto audace?

Di questo, signori giornalisti, di questo occupatevi d’ora in poi. Grazie.




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