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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.10.2004 Il coraggio di Sharon e di Israele
riconosciuti in un editoriale da Antonio Ferrari

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 ottobre 2004
Pagina: 1
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «La scelta del coraggio»
In prima pagina sul CORRIERE DELLA SERA di oggi, 27-10-04, Antonio Ferrari commenta l'approvazione da parte del parlamento israeliano del piano di ritiro da Gaza nell'articolo "La scelta del coraggio".
Con questo articolo Ferrari, spesso critico con Israele, dimostra di essere in grado, a differenza di altri giornalisti italiani, di cambiare le sue posizioni almeno di fronte a fatti nuovi ed evidenti come la svolta di ieri.
Ecco l'articolo:

Non ha voluto parlare con nessuno. Quel che aveva da dire, il primo ministro Ariel Sharon l'aveva già detto, nell'accorato discorso di lunedì. Dal prossimo anno, non ci saranno più ebrei nella Striscia di Gaza.
Da generale, che ha ormai preso la sua decisione, ritenendola la più giusta pur sapendo che sarebbe stata lacerante, Sharon ha atteso imperturbabile che il rito di un voto tra i più importanti dell'intera storia di Israele si consumasse. Soltanto un piccolo tic nervoso, quel tormentare insistentemente la cravatta azzurra, segnalava la tensione dello storico momento, dopo 17 ore di un dibattito parlamentare che uno dei più stretti collaboratori del premier ha definito «un autentico dramma». Un dramma che si è consumato nel Likud, il partito di Sharon, e ha fatto affiorare, assieme all'opposizione al piano di smantellare tutti gli insediamenti della Striscia di Gaza, risentimenti ed egoismi, come quello del ministro Benjamin Netanyahu, che ieri sera ha visto sfumare la possibilità di un rapido ritorno al vertice del potere.
Netanyahu sapeva che avrebbe dovuto votare a favore, seppur contro coscienza, essendo lui il vero referente governativo dei coloni. Anche perché, se avesse votato contro, avrebbe nuociuto all'immagine rassicurante che ha cercato di ricostruire in tutti questi anni. Tanto, pareva convinto che, alla fine, una mossa del leader gli sarebbe stata fatale.
Sharon l'osservava in silenzio, pienamente consapevole che nulla, ma proprio nulla, avrebbe potuto costringerlo a tornare indietro: a costo di frantumare il suo partito, di cambiare alleanze, di subire nuove minacce. La scelta aveva un prezzo altissimo, e il premier ha deciso di pagarlo, recuperando un prestigio che soltanto alcuni anni fa era impensabile. Lui, che fu accusato di favoreggiamento per la strage di Sabra e Chatila; lui, che aveva predicato e sostenuto la politica degli insediamenti, ha deciso che il bene supremo del Paese imponeva una brusca virata. Quando, lunedì, ha accusato numerosi coloni d'essere vittime di un «complesso messianico», non ha fatto altro che citare uno dei grandi leader conservatori del passato, quel Menachem Begin che ebbe il coraggio, assieme all'egiziano Sadat, di firmare la pace di Camp David e di smantellare tutti gli insediamenti nel Sinai.
Sono cambiati i tempi, ma la storia ritorna. E in questo momento Sharon si sente probabilmente come il suo vecchio maestro. Nel momento che richiedeva coraggio, il generale lo ha dimostrato. Il voto di ieri non risolve il problema israelianopalestinese, forse non basterà neppure per riavviarlo in maniera convincente. Ma quanto è accaduto ha rotto uno dei tabù che sembravano impossibili da cancellare.
Ora Netanyahu lancia l'ultimatum: quello di un referendum, altrimenti entro due settimane si ritirerà dal governo. Ma Sharon non ha alcuna intenzione di cedere. Da ieri, la sua popolarità è in decisa ascesa. È uscito dalla Knesset convinto di aver fatto, da soldato, il suo dovere.
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