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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.09.2004 La feroce strategia di Al Zarkawi
un'analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 settembre 2004
Pagina: 1
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Il calcolo della ferocia»
In prima pagina sul Corriere della Sera un'analisi della strategia di Al Zarkawi, il cui gruppo è tra l'altro responsabile del sequestro e della decapitazione dell'ostaggio americano Eugene Armstrong.
Ecco il pezzo:

Abu Mussab Al Zarkawi non è Osama. Ma non è meno pericoloso. Anzi viene da pensare che sia un nemico ancora peggiore. Per la semplice ragione che è facile da emulare, qualsiasi altro mujahed ormai ha capito come potrà conquistarsi un nome. Impugnerà un coltello affilato, lo passerà sotto la gola di un povero ostaggio mentre un complice filmerà, secondo dopo secondo, l'atroce agonia. Un clic e milioni di persone, se avranno abbastanza stomaco da farlo, potranno vedere l'ultima preda di Al Tawhid Al Jihad. Il gruppo Al Tawhid Al Jihad vuol dire «unità nella Jihad» ma in realtà vuole infliggere i colpi più laceranti. Al Zarkawi ha usato la spada per segnare il solco. Da un lato i suoi guerrieri, imbevuti di integralismo e takfir, dottrina dove si mescolano fede, politica, crimine a patto che siano utili alla causa. Dall'altro c'è uno schieramento eterogeneo di «nemici». Gli occidentali, i crociati, gli ebrei e persino i musulmani che si mostrano dubbiosi o stringono un patto con gli infedeli. Il terrorista giordano predica con forza questa religione di morte. L'ha incisa sui nastri che diffonde in tutto il Medio Oriente, attraendo discepoli, sottraendone altri a formazioni mostratesi titubanti davanti al mattatoio iracheno. L'ultima maledizione si è abbattuta sul capo degli Ulema, figure vicine alla resistenza ma che hanno osato contestare la pratica delle decapitazioni degli ostaggi. Al Zarkawi ha preso il suo nome di battaglia da una città giordana, Zarqa, entrata negli annali del terrorismo internazionale. E' su una vecchia pista costruita dai britannici che i fedayin di George Habbash, il dottore, dirottarono negli anni '70 tre jet e li fecero esplodere dopo aver sbarcato i passeggeri. Un'azione che provocò una rappresaglia contro i campi profughi palestinesi. Ma al terrorista giordano, uscito dal cono d'ombra di Bin Laden per mettersi in proprio, non importano le conseguenze. Neppure quarantenne ha conquistato una fama sinistra sui mass media mondiali. A differenza degli altri leader qaedisti si incarica personalmente di eseguire le sentenze. Se ne vanta, afferma di avere l'appoggio divino, spiega le sue decisioni attraverso un fantomatico dipartimento informazioni. Non parla «alto» come Osama, bensì usa il linguaggio selvaggio dei tagliatori di teste che comanda. E' alla base che si rivolge. Uccidendo in modo barbaro un ostaggio vuole incutere sgomento e nel contempo provare che agisce senza tentennamenti. E' un modo sanguinoso per attirare nuovi adepti. E le reazioni nei forum su Internet dicono che non sono pochi coloro che condividono il roteare del coltello. Sta avvenendo quello che si era prodotto dopo l'11 settembre 2001: militanti si dichiaravano membri di Al Qaeda senza che lo fossero realmente. Oggi vogliono far credere di essere con Al Tawhid e se vengono catturati si presentano come «patrioti» accorsi a difendere l'Iraq. Per questo Al Zarkawi è riuscito a convincere giovani immigrati arabi di Varese, Milano, Cremona, Amburgo, Parigi a rompere con la famiglia e a partire per Bagdad. Da essere umani a bombe umane. Nel messaggio di ieri sera c'è un riferimento alle «sorelle» detenute ad Abu Ghraib, i tre ostaggi dovevano essere scambiati con loro: «Voi, sorelle, tornate a gioire. I soldati di Allah stanno venendo a togliervi le catene». Condizioni simili a quelle fissate da un'email per il rilascio delle due Simone. Forse una semplice analogia, oppure indizi di contatti tra gruppi diversi. Al Zarkawi vuole però distinguersi dai predoni che rapiscono per soldi e dagli «ambigui» che barattano i loro prigionieri. Lui umilia l'Occidente, punisce i collaborazionisti. E uccide.
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