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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L' Unità Rassegna Stampa
20.09.2004 Intervista in ginocchio a un propagandista di Arafat
u.d.g. non nomina nemmeno il terrorismo, in cui il raìs è implicato

Testata:L' Unità
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «L'Occidente fermi Sharon, vuole cacciare Arafat»
Umberto De Giovannangeli, su L'Unità di oggi, 20-09-04, intervista Saeb Erekat, minstro dell'Anp, il quale si appella alla comunità internazionale affinchè impedisca a Israele di esiliare Arafat. Erekat, che ripete una propaganda anti-israeliana sempre uguale a se stessa, fa il suo mestiere; u.d.g,no: non gli rivolge mai una domanda scomoda e non gli chiede mai conto dell'implicazione di Arafat nel terrorismo.
Ecco il pezzo:

«Le continue minacce di espulsione del presidente Arafat pronunciate dai governanti israeliani preparano il terreno a una prova di forza che se non verrà fermata dalla comunità internazionale, innescherà una ulteriore escalation di violenza e segnerà la fine di qualsiasi ipotesi negoziale». A sostenerlo è Saeb Erekat, ministro per gli affari negoziali dell'Anp, una delle figure di primo piano della dirigenza palestinese. Erekat guarda con speranza alla discussione che si aprirà nei prossimi giorni al Palazzo di Vetro di New York, nell'ambito dell'Assemblea generale, sulla contestata barriera di sicurezza che Israele sta realizzando in Cisgiordania: «La realizzazione del muro dell'apartheid sui territori occupati - afferma Erekat - contraddice il diritto internazionale, alimenta rabbia e sofferenza nella popolazione civile palestinese, e si configura come annessione di fatto da parte israeliana di oltre il 50% della Cisgiordania. Le Nazioni Unite devono sanzionare questo comportamento illegale da parte del governo israeliano».
Ariel Sharon e importanti ministri del suo governo sono tornati a ventilare l'espulsione di Yasser Arafat dai Territori: i tempi sono maturi ha affermato il ministro della Difesa Shaul Mofaz.
«Sharon non ha mai smesso di pianificare l'espulsione o l'eliminazione fisica del presidente Arafat. Non si tratta solo di una ossessione personale, ma dello sbocco di una strategia politico-militare che ha puntato alla distruzione dell'autonomia politica dei palestinesi attraverso la delegittimazione prima e la frantumazione poi dell'Autorità nazionale palestinese della quale Yasser Arafat è il legittimo presidente. Sharon attende forse la rielezione del presidente Bush per scatenare l'offensiva finale. I continui avvertimenti di questi giorni servono a preparare il terreno per una prova di forza che se portata a termine non solo porrà fine ad ogni speranza di pace ma destabilizzerà l'intero Medio Oriente».
Insisto: il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom ha sostenuto che Arafat "non è parte della soluzione del problema ma è parte del problema: fintanto che resta (confinato, ndr.) a Ramallah ci impedisce di avere alcun altro partner palestinese.
«È la politica del pugno di ferro praticata da Israele; è il suo unilateralismo forzato; è la realizzazione su territori occupati del muro dell'apartheid; sono le umiliazioni patite quotidianamente dai civili palestinesi ai check-point a impedire il pieno sviluppo di una dialettica al nostro interno e a frenare un ricambio di classe dirigente. Israele pretende di decidere chi deve rappresentarci; Shalom parla di partner ma mente sapendo di mentire, perché Israele punta al caos e all'anarchia nei Territori per giustificare il perpetuarsi dell'occupazione militare. La comunità internazionale deve comprendere che oggi l’alternativa ad Arafat non sarebbe una dirigenza più moderata o legittimata dal consenso militare, bensì l’affermarsi del caos armato in tutti i Territori».
Quanto pesano le elezioni presidenziali americane sullo scenario israelo-palestinese?
«Moltissimo. L’iniziativa diplomatica è bloccata, e Sharon ne approfitta per determinare sul terreno la politica dei fatti compiuti. In prospettiva, la speranza dei falchi israeliani è che non solo George W.Bush venga rieletto alla Casa Bianca ma che nella sua nuova compagine di governo siano fatte fuori quelle personalità, come Colin Powell, che non hanno avallato completamente il pugno di ferro israeliano. Se tutto ciò dovesse accadere, Sharon non avrebbe più remore a colpire il presidente Arafat».
Nonostante l'opposizione dell'ultradestra, Sharon sembra intenzionato ad accelerare il piano di attuazione del ritiro da Gaza.
«Quel ritiro ha senso se s'inquadra in un rilancio del negoziato di pace. Ma non sembra essere questa l'intenzione del primo ministro israeliano…».
Israele teme che una volta ritiratosi, a comandare a Gaza sia Hamas.
«Non so se per Israele si possa davvero parlare di timore o non invece di speranza, visto che il nemico principale per Sharon erano e restano Arafat e l'Anp. Comunque sia, continuo a ritenere che il ritiro da Gaza degli israeliani sia un'opportunità che l'Anp deve saper cogliere per dimostrare sul campo che nei Territori non può esiste un contropotere armato che intenda imporre con la forza la propria legge. Per quanto ci riguarda, siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità».
Resta il fatto che l'attuale dirigenza palestinese è fortemente criticata dai palestinesi stessi.
«Queste critiche, quando non sono alimentate per fini di potere personale o di fazione, vanno raccolte perché indicano un malessere diffuso. Occorre un riequilibrio dei poteri, senza il quale la figura del primo ministro, chiunque la impersoni, resterà poco più che nominale. Le minacce di Sharon non devono servire da pretesto per bloccare il processo riformatore. L'immobilismo ci condanna alla sconfitta».
Nei prossimi giorni al Palazzo di Vetro, nell’ambito della sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, si tornerà a parlare della contestata barriera di sicurezza in Cisgiordania. Cosa vi attendete?
«Che venga dato un seguito alla sentenza della Corte di giustizia internazionale dell’Aja e alla condanna sancita a stragrande maggioranza dall’Assemblea generale del comportamento israeliano. Non si può tornare indietro. L’illegalità dell’azione di Israele sta nel tracciato del Muro. È quel tracciato che indica, fuori da ogni dubbio, la natura espansionista della scelta compiuta da Sharon. Se Israele vuole proprio costruire un Muro, illudendosi così di rafforzare al propria sicurezza provocando altra sofferenza al popolo palestinese, che lo edifichi sulle sue terre, e non sulle nostre
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