Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
I terroristi suicidi si arrendono, i loro avvocati no continuano a disinformare e a giustificare
Testata:Il Mattino - Il Manifesto - Il Giorno Autore: Michele Giorgio - un giornalista Titolo: «Gaza, generale rapito e poi liberato - La»
Da Il Mattino di oggi, 17-09-04, l'articolo di Michelr Giorgio "Gaza, generale rapito e poi liberato".
Ecco il testo: Gerusalemme. Si è concluso ieri sera il sequestro del generale palestinese Mohammed Batrawi rapito nel pomeriggio a nord di Gaza City dai «Martiri di Jenin», un gruppo armato legato ad Al-Fatah, che protesta contro il licenziamento di alcuni suoi attivisti da parte dei servizi sicurezza dell’Anp. Per alcune ore si è temuta una ripresa dei sequestri-lampo che due mesi fa segnarono a Gaza l’inizio delle proteste delle organizzazioni armate contro la corruzione ai vertici dei servizi di sicurezza dell’Anp e che fecero tremare anche il potere del presidente Arafat, accusato di non fare nulla per porre fine al malgoverno. Batrawi, capo dei servizi finanziari delle forze di polizia, è stato tenuto sequestrato per alcune ore in nel campo profughi di Nusseirat. Non è chiaro se il rilascio del generale sia stato ottenuto grazie ad un negoziato con i rapitori. Stando a fonti locali ci sarebbero stati contatti fra l'ufficio di Arafat a Ramallah e i comandi dei servizi di sicurezza a Gaza, e fra questi ed i rapitori che chiedevano all'Anp posti di lavoro per i membri dei gruppi armati. L’accaduto conferma la confusione e il clima di anarchia che regnano a Gaza, a cui si aggiunge una accesa lotta di potere in atto fra le fazioni palestinesi. Una situazione che la popolazione vive con forte preoccupazione. I palestinesi non hanno ancora dimenticato che esattamente due mesi fa a Gaza avvennero tre sequestri nel giro di poche ore, terminati solo dopo l'intervento personale di Arafat. Il 16 luglio infatti uomini armati delle Brigate dei martiri di Jenin rapirono per quattro ore il capo della polizia Ghazi Jabali, accusato di corruzione. Poco dopo, a Khan Yunis, un gruppo armato rapì il colonnello Khaled Abu al-Ul, responsabile di alcuni licenziamenti in apparenza ingiustificati. In serata, sempre a Khan Younis, quattro cooperanti francesi e un loro collaboratore palestinese, vennero sequestrati da uomini armati nella sede della Mezzaluna Rossa. Il 31 luglio altri tre stranieri vennero sequestri per poche ore a Balata (Nablus) e liberati dalla polizia palestinese. Sempre ieri una ventina di miliziani armati delle Brigate Al Aqsa hanno occupato a Khan Younis gli uffici del ministero del lavoro dell'Anp per sollecitare la creazione di migliaia di posti per i giovani palestinesi disoccupati. Intanto sembra sia stato evitato un nuovo attentato. Provenivano dal villaggio cisgiordano di Assira Shamaliya, vicino Nablus – la città dove mercoledì sono stati uccisi dall’esercito di occupazione cinque ricercati delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa e del Fronte democratico - le due giovani studentesse universitarie, Lina e Adala Jawabreh, di 20 e 21 anni, che ieri, secondo quanto riferito dal portavoce militare israeliano, intendevano raggiungere Tel Aviv per compiervi un duplice attentato kamikaze. Le studentesse, dell'università Al Najah di Nablus, sono state arrestate al posto di blocco israeliano di Beit Iba. I familiari hanno smentito che le ragazze intendessero dirigersi a Tel Aviv con un carico di esplosivo. Sostengono che quattro giorni fa i soldati – che erano venuti a conoscenza degli stretti contatti tra Lina e Adala Jawabreh con le Brigate dei martiri di Al-Aqsa – erano entrati ad Assira Shamaliya ed avevano chiesto la resa immediata delle due studentesse. Così ieri mattina i genitori, per evitare guai peggiori, le hanno accompagnate a Beit Iba consegnandole spontaneamente ai militari israeliani. Giorgio racconta la vicenda in modo incompleto e ambiguo: si potrebbe infatti intendere, in base alle informazioni da lui fornite, che le due studentesse, nella versione dei genitori, non avessero intenzione di compiere nessun attentato e che gli israeliani abbiano preteso che si consegnassero loro , pur essendo innocenti minacciando in caso contrario la distuzione della casa dei genitori. In realtà, come risulta dalla cronaca degli altri quotidiani, compresa dell'Unità, (Umberto De Giovannangeli, Meglio in carcere che martiri Kamikaze, 17-09-04), le due studentesse, reclutate da Hani Aked, ucciso a Nablus mercoledì, erano state da lui convinte a compiere un attentato suicida. L'Esercito israeliano lo sapeva e per questo all'alba di mercoledì le aveva cercate a casa per arrestarle. Non trovandole aveva minacciato, secondo il racconto dei genitori, l'abbattimento della casa. Identica distorsione nel pezzo firmato da Giorgio sul Manifesto, "La "resa" delle due donne kamikaze", che di seguito riproduciamo. Il premier israeliano Ariel Sharon rispetta o non rispetta la Road map? Lui due giorni fa assicurato allo Yediot Aharonot che segue solo il suo piano unilaterale, senza alcun coordinamento con i palestinesi. Gli Stati uniti invece affermano la fedeltà del premier israeliano alla Road Map. Il portavoce di George Bush ha detto che «Sharon ha riaffermato il proprio impegno a proseguire sulla via della sua proposta di lasciare Gaza e parte della Cisgiordania...ciò ci consente di proseguire con la Road Map». In attesa che anche questo mistero venga svelato - in realtà tutti sanno che Sharon porta avanti solo il suo piano - nei Territori occupati la disperazione aumenta e cresce tra i più giovani il desiderio di vendetta, anche per le continue uccisioni di presunti militanti armati dell'Intifada. Provenivano dal villaggio cisgiordano di Assira Shamaliya, vicino Nablus - la città dove mercoledì sono stati uccisi dall'esercito di occupazione cinque ricercati delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa e del Fronte democratico - le due giovani studentesse universitarie, Lina e Adala Jawabreh, di 20 e 21 anni, che, secondo quanto riferito dal portavoce militare israeliano, ieri intendevano raggiungere Tel Aviv per compiervi un duplice attentato kamikaze. Le studentesse, dell' università Al Najah di Nablus, sarebbero state arrestate al posto di blocco israeliano di Beit Iba. I familiari da parte loro hanno smentito che le ragazze intendessero dirigersi a Tel Aviv con un carico di esplosivo. Sostengono invece che quattro giorni fa i soldati - che erano venuti a conoscenza degli stretti contatti tra Lina e Adala Jawabreh con le «Brigate dei martiri di Al-Aqsa» - erano entrati ad Assira Shamaliya ed avevano chiesto la resa immediata delle due studentesse. Secondo fonti locali ieri i genitori, per evitare guai peggiori, le hanno accompagnate a Beit Iba consegnandole spontaneamente ai militari israeliani.
Intanto si è concluso ieri sera il sequestro del generale palestinese Mohammed Batrawi rapito nel pomeriggio a nord di Gaza City da un cellula armata di Al-Fatah (i Martiri di Jenin) che protestava per il licenziamento di alcuni suoi attivisti da parte dei servizi sicurezza dell'Anp. Per alcune ore si è temuta una ripresa dei sequestri-lampo che due mesi fa segnarono a Gaza l'inizio delle proteste dei gruppi armati contro la corruzione ai vertici dei servizi di sicurezza dell'Anp. Batrawi, capo dei servizi finanziari delle forze di polizia, è stato tenuto sequestrato per alcune ore in nel campo profughi di Nusseirat. Non è chiaro se il rilascio del generale sia stato ottenuto grazie ad un negoziato con i rapitori.
Stando a fonti locali ci sarebbero stati contatti nel pomeriggio fra l'ufficio del presidente Yasser Arafat a Ramallah e i comandi dei servizi di sicurezza a Gaza, e fra questi ed i rapitori che chiedevano all'Anp posti di lavoro per i membri dei gruppi armati. L'accaduto in ogni caso conferma la confusione, il clima di anarchia che regnano a Gaza, a cui si aggiunge una serrata lotta di potere in atto fra le fazioni palestinesi.
Una situazione che la popolazione vive con forte preoccupazione. I palestinesi non hanno ancora dimenticato che esattamente due mesi fa avvennero ben tre sequestri nel giro di poche ore terminati solo dopo l'intervento personale di Arafat. Quel giorno uomini armati delle Brigate dei martiri di Jenin rapirono per quattro ore il capo della polizia Ghazi Jabali. Poco dopo, a Khan Yunis, un gruppo armato rapì il colonnello Khaled Abu al-Ul, responsabile di alcuni licenziamenti ingiustificati. In serata, sempre a Khan Younis, quattro cooperanti francesi e un loro collaboratore palestinese, vennero sequestrati da uomini armati nella sede della Mezzaluna rossa. I rapitori, membri delle Brigate di Abu Rish (Al-Fatah) ed ex appartenenti ai servizi di sicurezza, chiesero ed ottennero di essere reintegrati nel loro posto di lavoro. Il 31 luglio altri tre stranieri vennero sequestri per poche ore a Balata (Nablus) e liberati dalla polizia palestinese.Sempre ieri una ventina di miliziani armati delle Brigate Al Aqsa hanno occupato a Khan Younis gli uffici del ministero del lavoro dell'Anp per sollecitare la creazione di migliaia di posti per i giovani palestinesi disoccupati. Su Il Giorno, nell'articolo "Kamikaze pentiti si costituiscono all'ultimo minuto" la versione dei famigliari delle due aspiranti terroriste suicide viene così riferita: la ricostruzione fornita dalle fonti militari israeliane è stata seccamente smentita dai comgiunti delle giovani, che erano pronti a festeggiare la fine da "martiri" delle due ragazze e che ora vivono la loro rinuncia come un'insopportabile onta. Adalah e Lina non si sono arrese, gridano i parenti, non lo avrebbero mai fatto, la verità è che all'alba di ieri alcuni soldati si sono presentati nelle loro case, dopo averle invano cercate nel dormitorio dell'ateneo dove studiano, e hanno dato loro 24 ore di tempo per costituirsi senza colpo ferire, pena in caso contrario la demolizione delle abitazioni di famiglia. Il Giorno fornisce particolari che permettono di inquadrare meglio l'episodio, in particolare quello dei famigliari già pronti a celebrare come "martiri" le due ragazze, conclude però con una frase che lascia sconcertati: Sarebbero anzi stati gli stessi parenti a condurle al posto di blocco di Beit Iba onde evitare conseguenze peggiori, per le mancate kamikaze e per tutti quanti. A quanto risulta dallo stesso racconto del Giorno, i parenti non avevano la minima intenzione di fermare i propositi suicidi e stragisti delle due ragazze, Nè la loro morte, nè quella di civili israeliani, dunque, potevano rientrare, tra le "conseguenze peggiori" che si volevano evitare dalla decisione di consegnarle al posto di blocco. Invece di inorridire di fronte a qusta logica aberrante il Giorno la fa propria, chiamando "conseguenze peggiori", anche della morte di decine di innocenti e delle due attentatitrici le demolizioni delle case dei loro parenti, a conoscenza del progetto criminale. E riportando senza commenti nel sottotitolo la "denuncia" delle famiglie: "sono sate ricattate". Ricattate perchè non assassinassero innocenti... A fianco del pezzo una foto reca la seguente didascalia: Una donna palestinese e la figlia contemplano i resti della loro casa spianata da un tank israeliano a Gaza. Tanta disperazione cosa puo generare? Con l'implicito suggerimento che può "generare", e giustificare, il terrorismo suicida.
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