Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L' "Islam radicale" rapisce e uccide israeliani, americani e mercenari; il governo iracheno francesi e pacifisti scegliete il male minore, ecco la domanda "di sinistra"
Testata:L'Unità - Il Manifesto Autore: Umberto De Giovannangeli - un giornalista Titolo: «Anche l'Islam radicale respinge il ricatto - Dubbi sui rapitori»
A pagina 2 de L'Unità Umberto de Giovannangeli firma l'articolo "Anche l'Islam radicale respinge il ricatto", sulla solidarietà offerta alla Francia svariate organizzazioni terroristiche, oltre che da Stati musulman, autorità religiose islamiche, comunità islamiche europee. Tra i gruppi inclusi da u.d.g. nella definizione eufemistica "islam radicale" sono inclusi: Hamas, la Jihad islamica palestinese, gli Hezbollah e l'Anp (che è almeno nell'elenco giusto, anche se sotto un adenominazione sbagliata).A pagina 4 u.d.g. firma l'articolo "Tornano i kamikaze: 16 morti in Israele", dove dimostra il proprio orrore per la strage di Beersheba, uno degli ultimi esempi di "islam radicale", versione Hamas. Confessiamo di non capire bene come le due cose (l'orrore e gli eufemismi) possano stare insieme A fianco della Francia, «amica della causa palestinese e ostile alla guerra di aggressione all’Iraq». A fianco della Francia per contestare l’egemonia di Al Qaeda sul variegato arcipelago dell’Islam radicale armato. Da Hamas alla Jihad islamica palestinesi. Da Hezbollah libanese al Consiglio consultivo sunnita (il più importante gruppo salafita iracheno). Dai Fratelli musulmani egiziani alla istituzionale Lega Araba. Dal fronte moderato (Giordania ed Egitto) a quello radicale (Siria e Iran). La richiesta di liberazione dei due giornalisti francesi rapiti dal Fronte Islamico dell’Iraq, gruppo affiliato al network terrorista di Al Qaeda, unisce per una volta moderati e radicali arabi.
Hamas. I giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot devono essere rilasciati, senza condizioni, dai loro rapitori in Iraq. A chiederlo è il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri. «Siamo sempre e comunque contro le uccisioni di civili innocenti - spiega Abu Zuhri - e in modo particolare di quanti in Iraq prestano aiuti e soccorsi alla popolazione civile». L’esponente di Hamas ha anche consigliato alla «resistenza irachena» di concentrare i propri sforzi bellici «contro le forze di occupazione statunitensi» e per contrastare «la penetrazione israeliana in Iraq, in particolare del Mossad», la agenzia di spionaggio dello Stato ebraico».
Jihad islamica. Sulla stessa posizione di Hamas è l’altro gruppo integralista palestinese. In un’intervista al sito internet dell’Esercito islamico in Iraq (il gruppo che ha rivendicato il sequestro dei due reporter francesi), Mohammed al-Hindi, uno dei capi della Jihad islamica a Gaza, ha sostenuto che non è con il rapimento di ostaggi che si cambia la legge che in Francia vieta il velo islamico nelle scuole pubbliche. Il dirigente della Jihad ha poi notato che «circa la occupazione militare americana in Iraq, le posizioni della Francia si discostano notevolmente da quelle di altri Paesi europei».
Hezbollah. In campo è scesa «Al- Manar», l’emittente televisiva di Hezbollah. «Al-Manar denuncia con forza le pratiche sbagliate contro i giornalisti da qualunque parte essa si manifesti e ritiene che la loro protezione e il facilitare il lavoro dei giornalisti siano un grande servizio reso alla causa irachena», recita un comunicato della rete televisiva della guerriglia sciita libanese. A chiedere la liberazione dei due giornalisti è stato anche la guida spirituale dell’Islam sciita in Libano, Mohammad Hussein Fadlallah.
Fratelli Musulmani. La confraternita dei Fratelli Musulmani - che è fuorilegge in Egitto, ma tollerata - afferma in un comunicato che i due giornalisti francesi «non si sono in alcun modo macchiati di atti contrari alla legge o alla religione e che hanno invece contribuito a sollevare l’opinione pubblica contro l’occupazione e le sue pratiche ingiuste». Secondo la guida spirituale del movimento, Mohammad Mehdi Akef, «la richiesta per l’annullamento di una legge in qualsiasi Paese del mondo non può essere fatta in questo modo, poiché i giornalisti francesi rapiti non hanno niente a che vedere con la legge sul velo e poiché l’Islam non ammette che il raggiungimento di un fine giustifichi ogni mezzo per ottenerlo: gli iracheni hanno il diritto di lottare per la libertà in modo onesto, ma non escludiamo che ci sia qualcuno che tenta di nuocere all’immagine della resistenza davanti agli occhi del mondo».
Comitato degli Ulema musulmani e Consiglio consultivo sunnita. La massima istanza religiosa sunnita e il più importante gruppo salafita iracheni hanno chiesto ai rapitori dei due reporter francesi, la liberazione degli ostaggi in cambio dell’opposizione francese all’intervento americano nella primavera del 2003. «I combattenti della resistenza irachena devono pesare il pro e il contro al fine di optare per la decisione meno nociva e più conforme alla Sharia (la legge islamica) che è la fonte d’ispirazione dei mujahidin (combattenti musulmani)», afferma il Consiglio consultivo sunnita in un comunicato.
Anp. A chiedere la liberazione dei reporter francese è anche Yasser Arafat. In un comunicato della leadership palestinese si legge che l’Organizzazione per al liberazione della Palestina (Olp) e l’Autorità nazionale palestinese (Anp) chiedono «al popolo iracheno ed a tutte le organizzazioni irachene, in particolare ai rapitori dei due giornalisti, di fare quanto in loro potere per liberare gli ostaggi». Per l’anziano raìs palestinese la liberazione dei due giornalisti sarebbe «un tributo per la causa palestinese e la garanzia delle buone relazioni esistenti con i nostri amici che appoggiano il popolo francese ed il presidente Jacques Chirac».
Lega Araba. A parlare è il segretario generale, Amr Mussa: «Noi della Lega Araba - dichiara - siamo in costante contatto con i responsabili iracheni per fare il punto di questa vicenda e chiedo a tutti i responsabili ed a coloro che hanno potere in questo caso di immaginare le conseguenze che si avrebbero sull’opinione pubblica francese, che è un’opinione pubblica amica. La politica francese - sottolinea il segretario della Lega Araba - è nota e precisa. Inoltre, i due giornalisti sono tra coloro che hanno mostrato più solidarietà con le cause arabe».
Giordania. Amman è in prima fila negli sforzi compiuti dai Paesi arabi moderati per salvare la vita dei due reporter francesi. «Staimo moltiplicando i contatti con le parti irachene coinvolte per assicurare la liberazione dei giornalisti francesi», assicura il ministro degli Esteri giordano Marwan Moasher. Decisa è anche la presa di posizione di re Abdallah II. Per il govane sovrano hashemita, «il rapimento dei due giornalisti francesi costituisce una intollerabile violazione dei valori morali, della bontà e della giustizia che sono connotati dell’Islam». A pagina 3 del Manifesto un giornalista firma l'articolo "Dubbi sui rapitori", sottotitolo: "I legami tra l'Esercito islamico e Allawi".
C'è un particolare nelle azioni dell'Esercito islamico che diventa più evidente ogni giorno che passa. I suoi rapimenti hanno una inquietante sintonia con il pensiero del premier iracheno Iyad Allawi. Il primo dubbio sulla collocazione politica del gruppo è nato ben prima dell'omicidio dell'inviato di Diario, Enzo Baldoni. Era il 4 agosto quando l'Esercito islamico riuscì a rapire Fereydun Jahani, il console iraniano a Kerbala. Undici giorni dopo il sequestro il gruppo inviò ad Al Jazeera un video praticamente identico a quello realizzato per l'ultimatum sulla vita di Baldoni in cui chiedeva all'Iran di liberare 500 prigionieri iracheni entro 48 ore. La richiesta era irrealizzabile. Teheran spiegò immediatamente che gli ultimi prigionieri della guerra del 1980-88 sono stati liberati nel maggio del 2003, dopo l'attacco degli Stati uniti. Da quel 15 agosto della vita di Jahani non si è saputo più nulla, ma molto probabilmente il console è ancora vivo, dato che quando uccide i suoi ostaggi l'Esercito islamico si prende sempre la briga di farlo sapere.
Da quello strano ultimatum in poi, alcuni analisti della situazione irachena hanno cominciato a pensare che il gruppo possa avere almeno qualche appoggio all'interno del governo iracheno. «Allawi - spiegano - ha sempre trattato gli iraniani come i suoi peggiori nemici e questo rapimento di certo non migliora il clima con un paese che si era candidato ad avere un ruolo nella gestione post bellica anche grazie alla presunta capacità di tenere a bada le formazioni più aggressive».
Il rapimento di Enzo Baldoni prima e quello di Christian Chesnot e Georges Malbrunot poi, non hanno fatto altro che alimentare quei sospetti. Ieri Le Monde ripubblicava l'intervista rilasciata da Allawi il 29 agosto a diverse testate internazionali. «E' una guerra spietata e voi non potete più rimanere in una posizione neutrale - diceva al giornale francese - la Francia non sarà risparmiata, non più di quanto lo sarà l'Italia, la Spagna o l'Egitto». Se non è proprio una frase di appoggio ai rapitori poco ci manca, e infatti il governo francese ha subito protestato.
Non tutti gli elementi raccolti sull'Esercito islamico, però, vanno nella stessa direzione. Due giorni fa Le Monde ha svelato che a gestire il contatto tra il governo francese e i rapitori di Chesnot e Malbrunot è Mouzhar al Doulemi, membro della potente tribù degli al Doulemi. Il particolare, peraltro confermato dai servizi segreti francesi, porta l'identikit dell'Esercito islamico nella zona del triangolo sunnita e di Falluja, dove il clan degli al Doulemi è particolarmente potente. Sempre secondo Le Monde, il gruppo sarebbe composto essenzialmente da «wahhabiti», ovvero dalla corrente integralista saudita per eccellenza, ovvero ancora dall'area religiosa più vicina ad Osama bin Laden. Se queste indicazioni fossero confermate - e anche i servizi italiani sostengono che l'area di riferimento sia questa - il legame con Allawi diventerebbe davvero poco credibile. Prima Il Manifesto proclama che ci sono legami tra i sequestratori di Baldoni e dei giornalisti francesi e Allawi, poi, a beneficio di chi è arrivato alla fine dell'articolo, ammette la scarsa credibilità di questa tesi. Senza ricordare che l'Esercito islamico ha ottenuto il ritiro del contingente filippino, certo non un regalo ad Allawi, e senza rimandare alle molte possibili spiegazioni del sequestro del diplomatico iraniano(odio antisciita di un gruppo legato ad al Zarqawi e al Baath, entrambi massacratori spietati di sciiti, operazione dell'intelligence iraniana...)alternative a quella per ammissione dello stesso giornale, meno probabile Il quotidiano comunista intorbida le acque,insomma.
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