Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Le indagini sulla presunta "spia" israeliana al Pentagono e l'omicidio di Baldoni sfogliando i giornali della domenica
Testata:Informazione Corretta Autore: la redazione Titolo: «Le indagini sulla presunta "spia" israeliana al Pentagono e l'omicidio di Baldoni»
La notizia riguardante direttamente Israele, cui i giornali di domenica 29-08-04 dedicano maggiore spazio è quella dell’indagine dell’FBI sulla presunta presenza di una spia israeliana al Pentagono. La notizia, ripresa dal Washington Post, ha contorni piuttosto imprecisi: Larry Franklin, questo il nome dell’indagato, consigliere di Douglas Feith e membro dell’ufficio del Pentagono per il Vicino Oriente e l’Asia meridionale, è sospettato di aver passato a Israele documenti sull’Iran e forse sull'Iraq allo scopo di permettergli di influenzare la politica Usa verso i due paesi nel momento della sua definizione. Come questa influenza possa essere eventualmente stata esercitata non è chiaro e per questo l’FBI sta indagando anche per stabilire come Israele avrebbe tratto profitto dalle informazioni ricevute. L’indeterminatezza delle accuse fa ipotizzare agli investigatori americani l'incriminazione di Franklin per uso improprio di informazioni riservate e non per spionaggio. Coinvolta sarebbe anche l’AIPAC, la lobby pro-Israele di Washington, che avrebbe passato i documenti a Gerusalemme. Circostanza francamente poco credibile dato l’evidente contrasto tra un’attività di influenza politica a favore di Israele e un’attività di "spionaggio", per altro di dubbia utilità. Il Pentagono, per altro, ha dichiarato che Franklin era un funzionario di secondo piano, e non era nelle condizioni di contribuire alla definizione della politica statunitense in Medio Oriente. Israele, dal canto suo, nega ogni addebito, e fa notare che il suo interesse è di mantenere buoni rapporti con il suo primo alleato,evitando di metterli irresponsabilmente a rischio, . Ben difficilmente comunque, aggiungiamo noi, per un'operazione i cui rischi, almeno apparentemente, superano i vantaggi. Questo quadro ancora non ben definito diventa però chiarissimo nell’articolo di Umberto de Giovannangeli pubblicato sull’UNITA’ a pagina 7, fin dal titolo: "Una spia di Sharon al Pentagono". Nel testo De Giovannangeli, dopo aver riportato la dichiarazione del Pentagono sulla scarsa rilevanza di Franklin scrive: "La realtà però è ben diversa" Peccato che a sostegno di un’affermazione così lapidaria De Giovannangeli non porti che: 1)l’affermazione che Franklin è stato assistente di Feith e responsabile dell’Ufficio Operazioni speciali: la prima cosa è vera, ma bisogna dimostrare che quello era davvero un incarico decisivo (Feith è il sottosegretario per gli affari politici al Pentagono, che un suo collaboratore potesse determinare la politica estera americana non è un’affermazione auto-evidente), la seconda è falsa, Franklin lavora per William. J Luti, responsabile dell’ufficio per il Vicino Oriente, ed ex responsabile dell’Ufficio operazioni speciali, di cui dunque Franklin non è mai stato a capo. L' ufficio operazioni speciali è stato attivo nella preparazione della guerra all'Iraq, ecco perchè se Franklin l'avesse diretto sarebbe statsto un fatto importante. 2)la ricostruzione del Washington Post e di Newsday secondo la quale dopo la guerra in Iraq Franklin e Feith avrebbero manovrato per conto di Israele contro Colin Powel: ma poiché l’inchiesta dell’FBI non riguarda Feith, l’idea che quest’ultimo abbia manovrato contro Powel e che lo abbia fatto, se lo ha fatto, per conto di Israele, non ha alcun fondamento in tale indagine. 3) I contatti a Roma e a Parigi di Franklin con uomini d’affari e dissidenti iraniani, tra cui un trafficante d’armi, per collaborare alla lotta al terrorismo e promuovere un cambio di regime: su incarico del Pentagono, e ,dunque, non di Israele. Ancora più sicuro di u.d.g. si dimostra – come avrebbe potuto essere altrimenti? – Stefano Chiarini del Manifesto ("Spia israeliana ai vertici del Pentagono"). Per lui la vicenda di Franklin è l’ennesimo tassello del teorema israeliano che da anni (da molto prima della guerra all’Iraq) va disegnando sul Manifesto. Un teorema che recita: Israele controlla la politica estera americana e, d’altro canto, è un alleato inaffidabile per gli stessi Stai Uniti. Per Chiarini l’attuale vicenda è una prosecuzione dell’Iran-gate, operazione volta a "far durare il più a lungo possibile la guerra Iran- Iraq in modo da lasciare via libera a Israele in Libano e nei territori occupati, e avviare il dissanguamento di Baghdad". Tale descrizione di un operazione che consistette nella fornitura di 508 missili anticarro, con i quali sembra un po’ difficile permettere la prosecuzione all’infinito di una guerra, che servì al rilascio degli ostaggi americani in Libano e al finanziamento dei contras in Nicaragua, priorità politica dell’amministrazione Reagan, che era in guerra con il comunismo e non con il fondamentalismo islamico terrorista, è il prodotto di un’ evidente ossessione. Incontenibile come tutti gli ossessivi Chiarini non si accontenta di indicare una spia israeliana nel Pentagono: per lui anche Michael Leeden, Doglas Feith e Paul Wolfowitz lavorano per Gerusalemme, sono membri della "stessa banda israelo-reganiana", anzi lavorano per un partito israeliano, sono "likudnik", aggettivo che attribuisce nei suoi articoli a qualsiasi ebreo americano si occupi di Medio Oriente nell’amministrazione Bush. Chiedersi per quale motivo, se Feith e Wolfowitz lavorano per Israele, quest’ultimo avrebbe avuto bisogno di una spia nei loro uffici, a Chiarini, evidentemente, non interessa. A lui interessa un teorema: quello che il senatore Pat Buchanan, dell’estrema destra americana, sintetizzò una volta con l’espressione : "E’ la coda che muove il cane". Vale la pena di notare che negli Stati Uniti tesi di questo genere sono appunto appannaggio dell’estrema destra: un critico fazioso e iper-ideologico di Israele come Noam Chomsky ha sempre visto in esso uno strumento subordinato dell’ "imperialismo" americano, il che, al di là di ogni considerazione di merito, risponde almeno a una valutazione realistica del divario di forze (militari, politiche, economiche e demografiche) tra i due alleati. In Italia invece le tesi del "paleocon" Buchanan e del fascista Lyndon La Rouche le diffonde il Manifesto. A completare la visione del mondo abbozzata da Chiarini provvede Marina Forti nell’articolo "I neo-cons vogliono un altro attacco preventivo". Se Israele è lo stato che trama per trascinare il mondo in guerra, la Repubblica Islamica di Iran è invece uno stato pacifista. L’Aiea l’accusa di perseguire un programma nucleare che prelude a sviluppi militari? Sono le pressioni degli Stati Uniti, egemonizzati dai neocons, a indurla a calunniare così i miti e saggi ayatollah. Il ministro della difesa iraniano prospetta un uso "difensivo" della tecnologia nucleare? Khamenei e Rafsanjanì proclamano apertamente i propri propositi genocidi del regime nei confronti di Israele? Richard A. Clarke, coordinatore nazionale per la sicurezza e la lotta al terrorismo, dimessosi, in polemica con l’amministrazione Bush, nel marzo 2003, scrive nel suo libro "Contro tutti i nemici", un attacco frontale alla strategia dei neoconservatori, che l’Iran rappresenta una reale minaccia, a breve nucleare, per gli Stati Uniti e per i paesi dell'area? Marina Forti beatamente ignora tutto questo. Siamo contenti per lei, che vive in un mondo tutto sommato migliore del nostro: basterebbe mandare a casa i neocons e saremmo in pace. La notizia della sospensione dello sciopero della fame da parte di 800 detenuti palestinesi è data dal Manifesto senza riportare la versione delle autorità carcerarie israeliane per le quali, al contrario di quanto affermato dai detenuti, non sarebbe stata fatta nessuna concessione, soprattutto in materia di sicurezza, mentre il dialogo coi prigionieri "non è una novità".
Grande rilievo viene dato dai quotidiani alla tragica conclusione del sequestro Baldoni. Il Manifesto di sabato 28-08-04 aveva pubblicato una risposta dell’ex direttore Riccardo Barenghi a un lettore, nella quale si poteva leggere fra l’altro "se la liberazione dell’Iraq deve passare attraverso decine, centinaia di iracheni fatti saltare in aria da altri iracheni o supposti tali, o decine di stranieri sequestrati e decapitati, io non so quanto questa liberazione sia sul serio una liberazione" e ancora "tra un Iraq liberato a colpi di teste tagliate e un Iraq occupato dagli americani, io scelgo la seconda ipotesi" (Barenghi è Jena. Da queste frasi deduciamo che avevamo forse male interpretato il suo pezzo sulle spie americane decapitate, da noi duramente condannato - vedi "Risate da iene", Informazione Corretta del 11-08-04 - che era probabilmente una critica paradossale alle posizioni più filo-terroristiche della sinistra. Se è così ce ne scusiamo con i nostri lettori e con l’autore). Le "20 righe di lucidità" del quotidiano comunista non sono rimaste senza repliche. Repubblica di domenica ne dava conto nell’articolo di Alessandra Longo: "Jena apre agli occupanti Usa e nella sinistra scoppia il caso". Se il senatore Mussi si limita ad affermare che lui non ha lo stesso dubbio di Barenghi nè, par di capire, intende prenderlo in considerazione, è la replica di Vittorio Agnoletto che si segnala per il suo alto livello intellettuale. "Sono amico di Riccardo," dichiara il pensatore no-global, che non rinuncia mai a informarci sui fatti suoi (per esempio, in passato, che "il suo migliore amico è ebreo") "ma quegli ultimi capoversi della sua risposta non coincidono con nessun filone di pensiero a sinistra". Dunque, per Agnoletto,Barenghi sbaglia perché nessuno a sinistra la pensa come lui. Più in generale, chi ha idee diverse da quelle della sinistra (così com’è oggi) sbaglia, perché… la sinistra la pensa diversamente. Sembrerebbe una tautologia, ma provate voi a replicare a uno così… discutere con lui deve essere come prendere la nebbia a testate. La reazione più importante, non tanto ai dubbi di Barenghi, quanto a quelli che potenzialmente potrebbero prodursi nella sinistra con il progressivo disvelarsi del vero volto del terrorismo (e che per esempio Il Foglio ha provato a suscitare con l’editoriale "Caro Deaglio" del 28-08-04), ci pare però sia il breve articolo di Ali Rashid, primo segretario della delegazione palestinese in Italia, "Sequestro guidato?", pubblicato dal Manifesto di domenica a pagina 3. Rashid dopo aver premesso di "non avere informazioni di prima mano da dare", vale a dire che le sue sono solo illazioni non fondate su fatti concreti, si produce in un abile tentativo di intorbidare le acque: l’assassinio di Baldoni, argomenta, non giova alla "resistenza" irachena, ma solo a chi vuole "rendere infinita questa guerra". Peccato che l’Esercito islamico, che ha rivendicato l’omicidio di Baldoni, avesse già ottenuto, sequestrando un filippino, l’accelerazione del ritiro del contingente inviato dal governo di Manila. E’ poi evidente che Baldoni non era per i suoi assassini nient’altro che un mezzo di pressione sul governo e sull’opinione pubblica italiana. La sua morte, allo scadere dell’ultimatum, serve al medesimo scopo: ora sappiamo che l’Esercito islamico uccide, anche i pacifisti, e che i suoi ultimatum sono da prendere sul serio. L’omicidio di Baldoni serve ai terroristi precisamente a terrorizzare. Esattamente come le stragi di civili israeliani che Rashid ha ripetuto in questi anni essere "solo un danno per la causa palestinese" (il che, in definitiva, potrebbe naturalmente anche rivelarsi vero) e per questo ad essa estranee, conclusione che ovviamente non segue dalla premessa. Sofismi come questi, invece, servono a minimizzare i costi che la strategia terroristica comporta in termini di perdita di simpatia presso le opinioni pubbliche occidentali. Un gioco ampiamente riuscito nel conflitto israelo-palestinese. Chissà se, e quanto a lungo, in Italia e in Europa continueremo a farci menare per il naso da propagandisti come Rashid anche a proposito di una situazione che, come quello iracheno, ci coinvolge direttamente.
A questa domanda indurrebbero a dare una risposta pessimista l’articolo di Barbara Spinelli "Il martire di Baghdad", quello di Lilli Gruber "Iraq, la missione è incompiuta", entrambi pubblicati da La Stampa, e quello di Eugenio Scalari "La caccia agli ostaggi nel caos iracheno", da La Repubblica. La Spinelli stabilisce che Baldoni è un martire nel senso etimologico di testimone. Come i martiri cristiani la cui veridicità è suffragata, per i cattolici, dall’effusione del sangue. Testimone di che? Del fatto che, come ha scritto, gli americani "si sono guadagnati per sempre l’odio degli iracheni, sunniti e sciiti", affermazione che non tiene conto di quanti in Iraq, sunniti, sciiti e curdi, appoggiano il governo provvisorio, il processo di restaurazione dell’autorità statale, la democratizzazione, e che non è resa automaticamente vera dalla sua tragica morte. L’Iraq, continua la Spinelli, è divenuto un failed state dopo la guerra preventiva voluta da Bush. La presenza del gruppo terrorista legato ad al Qaeda Ansar al Islam nel Kurdistan, ben prima della guerra viene ovviamente trascurata. Infine ciò che è necessario, nella caotica situazione creata dall’invasione, è distinguere tra i resistenti, che hanno le loro ragioni, e i terroristi, che non hanno nemmeno la ragione ( da lei chiamata "logos"), non hanno obiettivi politici, sono criminali comuni, del tutto idioti. "Resistenti" e "terroristi" iracheni nel mondo empirico tendono a usare gli stessi metodi da macellai, a chiedere le stesse cose, a usare le stesse sigle sinistre per le rivendicazioni, a far parte delle stesse organizzazioni e, in definitiva, ad essere le stesse persone. Ma, nel mondo iperuranio di Barbara Spinelli, occorre distinguere: da una parte i resistenti portatori di un disegno politico, dall’altra i terroristi autori di crimini efferati. Cediamo alle richieste dei primi, così da evitare di riconoscere ai secondi, che coi primi coincidono, lo status di belligeranti. In questo modo, secondo lei, sconfiggeremo il terrorismo. Lilli Gruber ribadisce nel suo articolo che quella irachena è una "resistenza" e annuncia il suo prossimo libro nel quale spiegherà come l’emergere del potere sciita, un’unica entità che comprende Moqtada Sadr, al Sistani e L’Iran, farà fallire i disegni americani in Medio Oriente. Analogamente, per Eugenio Scalari, la resa di Moqtada Sadr ad al Sistani segna il riconoscimento del brigante sacrilego come leader religioso e politico.( a cura della redazione di Informazione Corretta) Tesi che appaiono in sostanziale contrasto con la realtà (vedi "Iraq: al Sistani si è schierato con il suo silenzio. Iran: ministro della difesa ammette programma di armamento nucleare", Informazione Corretta del 27-08-04) Esemplare, invece, l'articolo di Magdi Allam "Attacco all'Europa", sul rapimento dei due giornalisti francesi, che ribadisce la natura aggressiva e non reattiva del terrorismo (sul Corriere della Sera, in prima pagina)
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