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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Riformista Rassegna Stampa
31.07.2004 Ritratto di un israeliano di origine italiana
responsabile dell'evacuazione di Gaza

Testata:Il Riformista
Autore: Gadi Luzzatto Voghera
Titolo: «L'ebreo italiano che rischia la vita per evacuare Gaza»
Un ritratto di Jonatan Bassi, che ha ricevuto l'incarico di responsabile per il piano di evacuazione di Gaza dal governo israeliano, viene pubblicato sul RIFORMISTA di oggi, 31.7-04.
Lo riproduciamo integralmente.

Caro direttore, forse non è una notizia. O forse ci sono motivazioni oscure che non la fanno considerare tale e spingono il mondo dell’informazione italiana a ignorarne l’importanza. Fatto sta che è passata completamente sotto silenzio la nomina di Yonatàn Bassi da parte del governo israeliano a responsabile dell’evacuazione degli insediamenti ebraici da Gaza.
Chi è Bassi? E’ un alto funzionario che si occupa della produzione e dell’esportazione dei prodotti agricoli dei kibbutz israeliani, ed è stato a più
riprese (soprattutto nel governo Rabin) alto funzionariodel ministero dell’agricoltura. E’ anche nato e vive nel kibbutz Sde Eliyahu, uno dei primi
insediamenti collettivi creati dal sionismo pionieristico religioso. Ma soprattutto (ed è qui, mi sembra, la notizia) è quello che qui da noi chiameremmo un «italiano nel mondo», seguendo una categoria che negli ultimi tempi è piuttosto di moda. Sì, perché Bassi è figlio di un giovane ebreo veneziano, spinto dall’ideale e dall’insopportabile pressione delle leggi razziste a emigrare prima della guerra in Palestina, dove venne raggiunto nel ’45 dalla promessa sposa, una giovane ebrea ferrarese miracolosamente scampata alla Shoà. Egli stesso, primo di tre figli e di una innumerevole successiva progenie di nipoti e pronipoti, ha preservato e coltivato la lingua e la cultura italiana e un indubbio radicamento nella sua tradizione ebraica.
Perché la scelta del governo israeliano è caduta su Bassi? Certamente hanno giocato un ruolo importante le sue doti di manager, oltre a un passato da alto ufficiale dell’esercito. Ma un peso fondamentale ha giocato senza dubbio la sua collocazione politica e culturale. Da sempre Bassi è stato vicino agli ambienti religiosi sionisti di Toràh veavodàh che tendeva a conciliare il legame con la
tradizione religiosa a un socialismo legato alla rigenerazione del lavoro e della terra. Appartenente all’ala sinistra del partito nazionale religioso, si è
posto sempre in posizione dialogante fra un laburismo laico e quell’ala sionismo religioso da hanno preso forma i Gush Emunìm, principali teorici della colonizzazione dei territori occupati con la guerra del1967. In confidenza con
esponenti dei due schieramenti, Bassi è parso probabilmenteuna possibile figura di mediazione per un’operazione delicata che mette in moto forti passioni –
come si è visto con la catena umana cui hanno partecipatodecine di migliaia di coloni. Per aver accettato questo delicato incarico,Bassi ha scatenato delle reazioni politiche e umane estremamente violente fra i sostenitoridell’occupazione. Sono state rispolverate nei suoi confronti
definizioni che rimandano ai periodi più bui della persecuzione: l’hanno chiamato «kapò», «bureaucrat» (con riferimento ai dirigenti ebrei che
gestivano i ghetti nazisti), traditore. In una manifestazione ai cancelli del suo kibbùtz alcuni suoi amici» si sono spinti a chiederne l’espulsione.
L’ex presidente del movimento Bené Akiva, a cuisuo kibbùtz è legato, gli ha intimato di rifiutare incarico che provocherà la morte di molti ebrei una sorta di poco velata minaccia di guerra civile). queste reazioni Bassi ha replicato con la calma che da sempre lo contraddistingue, ricordando che funzione a cui è stato chiamato è stata decisa dal governo legittimo dello Stato d’Israele. Ha peraltro anche sottolineato che la violenza verbale usata nei suoi confronti non potrà che condurre a violenza fisica, e che egli stesso è stato candidato dai suoi critici a essere la prossima vittima della violenza che imperversa nel dibattito politico israeliano. Una considerazione che - con il pensiero rivolto
alla sorte di Rabin - trasforma Bassi in un vero eroe del «riformismo» contemporaneo. Fin qui la cronaca politica. Si può ritenere che sulla scelta di Bassi come figura ponte due culture politiche che si scontrano in Israele abbiano influito non poco le sue origini italiane. Infatti l’ebraismo italiano - di cui Bassi è figlio legittimo e consapevole - nella sua tradizione culturale si è per secoli caratterizzato dall’aver rifuggito le scelte estreme ed aver assunto una posizione dialogante con la cultura della popolazione maggioritaria, assorbendone spesso linguaggi e itinerari. In queste comunità il misticismo è stato coltivato, ma senza divenire la nota dominante; l’approccio razionalistico ai testi ebraici è sempre stato moderato da una convinta adesione alla tradizione religiosa. La riforma ottocentesca (opzione piuttosto estremistica) non ha avuto gran fortuna fino a tempi recenti. Di fronte al crescere degli estremismi, di fronte alla nascita di un fondamentalismo
ebraico nel seno del quale sono sorti gruppi minoritari che si spingono apredicare la distruzione delle moschee e la ricostruzione del santuario di Gerusalemme, non è un caso – credo – che il governo israeliano abbia scelto per un compito così delicato il figlio di una tradizione ebraica come quella italiana, che per secoli è stata cinghia di trasmissionefra diverse tendenze e che evidentemente ancora oggi è in grado si svolgere in qualche
modo una funzione di mediazione. 
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta di inviare il proprio parere alla redazione de Il Riformista. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

cipiace@ilriformista.it

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