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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Riformista Rassegna Stampa
29.07.2004 Gli stati arabi approvano l'antisemitismo, al Fatah uccide un giudice israeliano
aveva condannato Arafat per le stragi sugli autobus

Testata:Il Riformista
Autore: un giornalista
Titolo: «L'antisemitismo non si condanna. I paesi arabi gelano la Ue»
Sul Riformista di oggi un interessante articolo descrive le reazioni assolutamente negative del mondo arabo alla proposta europea di una risoluzione di condanna dell'Onu sull'antisemitismo. Affermazioni, quelle dei rappresentanti dei paesi arabi, che lasciano a dir poco allibiti. In seguito vengono descritti i dettagli dell'assassinio del giudice israeliano Adi Azar per mano di palestinesi vicini ad Al Fatah. Il giudice è stato freddato in tipico stile mafioso per aver condannato Arafat a risarcire 11 milioni di dollari alla compagnia degli autobus israeliana per i danni causati dagli uomini bomba. Ecco il pezzo, da leggere con estrema attenzione.
Gli arabi si rifiutano di votare e faranno di tutto per non far mettere in discussione all’Onu a settembre un documento che condanni l’antisemitismo nel mondo. Dicono che avrebbe un impatto micidiale su tutto il Medio Oriente e ieri hanno usato parole grosse nei confronti dei rappresentanti della Ue che alla fine dell’incontro si sono definiti «scioccati», come riporta il quotidiano israeliano Haaretz. Arriva quindi la legge del contrappasso anche per la diplomazia europea, che solo pochi giorni fa ha votato a favore della risoluzione Onu che vorrebbe impedire agli israeliani di difendersi dagli attentati suicidi con la famigerata «barriera difensiva» (fence) e che è diventata per tutti il «muro». In compenso gli arabi oggi dicono all’Europa che di condannare gli atti di antisemitismo nel mondo neppure se ne parla, perché questo rafforzerebbe Israele. La parte del leone in questa riunione l’ha svolta il rappresentante palestinese Nasser al Kidwe, che se l’è presa anche con gli sforzi del segretario generale Kofi Annan intesi a far cancellare la risoluzione Onu del 1974 che equiparava il sionismo al razzismo. Così l’ambasciatore giordano (cioè di un paese teoricamente moderato) all’Onu, il principe Ziad Hussein, ha detto che far votare questa mozione sull’antisemitismo equivarrebbe a rinforzare la tendenza secondo cui ogni critica alla politica dello stato di Israele possa venire inquadrata sotto quella categoria. L’ambasciatore del Marocco Mohammed Banone a proposito del seminario di cui sopra ha detto che «si è trattato di una pessima idea destinata a dividere tutto il mondo», mentre il rappresentante al palazzo di vetro della Lega Araba, Mahamas Hani ha già messo le mani avanti: una risoluzione Onu di condanna all’antisemitismo potrebbe sollevare una rivolta tra le masse arabe. Le cose stanno davvero così? Gli arabi, o meglio i rappresentanti dei loro regimi dittatoriali, rivendicano una zona franca nella propria propaganda anti ebraica o rivendicano continuità e contiguità ideologica coi ripetuti episodi di aggressione contro esponenti del mondo ebraico in Europa? Di certo l’anno scorso, quando una simile mozione all’Onu la propose Israele, essa non venne nemmeno presa in considerazione. Quest’anno che l’iniziativa veniva sponsorizzata dall’Europa nessuno avrebbe mai scommesso su una simile gaffe diplomatica da parte araba. Sempre ieri è giunta la rivendicazione dell’omicidio del giudice israeliano Adi Azar del distretto di Tel Aviv, assassinato lunedì scorso da ignoti sicari. Proprio gli uomini di Al Fatah, cioè la spina dorsale dell’Olp, ne sono gli autori. E se ne vantano sul loro sito internet. Pare che la democratica decisione di ammazzarlo come un cane sia legata a una decisione presa da questo coraggioso magistrato un anno fa: condannò il ricchissimo rais Yassir Arafat a pagare circa 11 milioni e mezzo di dollari, l’equivalente di 52 milioni di shekels israeliani, alla cooperativa che gestisce i tanti autobus che prima dell’erezione del cosiddetto «muro» saltavano in aria pieni di passeggeri ebrei un giorno sì e l’altro pure. Responsabilità oggettiva, c’era scritto nel dispositivo della sentenza. Adesso però il verdetto di morte di questo giudice ucciso come uno dei magistrati anti mafia italiani è arrivato dai vertici di Fatah in persona. Difficile pensare che Arafat non ne sapesse niente. Ancora ieri il responsabile della politica estera della Ue, Xavier Solana, invitava l’Europa a continuare ad avere rapporti con il rais.
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