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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
22.07.2004 L' intreccio tra antisemitismo e antiamericanismo in Francia
un male più contagioso di quanto si immagini

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Andrè Glucksmann - un giornalista
Titolo: «Antisemitismo e antiamericanismo in Francia»
Dalla prima pagina del Corriere della Sera pubblichiamo un articolo di Andrè Glucksmann, già pubblicato su Wall Street Journal ed El Pais. Partendo dall' invito ad emigrare in Israele rivolto agli ebrei francesi da Sharon, l'articolo individua i tratti caratterizzanti dell' attuale antisemitismo francese nell'antisionismo, nell'antiamericanismo e nella convergenza tra islamisti, sinisttra "altermondialista" e destra nazionalista.
Ecco il pezzo: "Parigi, Sharon e le equazioni sbagliate"

Il 18 luglio, a Gerusalemme, Ariel Sharon propone solennemente a tutti gli « ebrei di Francia » di « venire in Israele » precisando che « devono muoversi immediatamente, perché in Francia si diffonde un antisemitismo scatenato » .
Sharon ha torto, non certo di preoccuparsi di un reale aumento dell' antisemitismo in Francia, ma di spiegarlo in maniera troppo semplicistica e di ridicolizzarlo. Incriminando il 10 per cento della popolazione francese, di origine maghrebina, egli applica indebitamente lo schema dell’intifada a un'ondata anti- ebraica non meno pericolosa ma più europea, quindi più contagiosa di quanto immagini.
1) Il 10 per cento di francesi con genitori o antenati musulmani non significa il 10 per cento di integralisti islamici desiderosi ardentemente di battersi, solidali con le bombe umane del gruppo Hamas. I predicatori e i mascalzoni che pretendono di importare l'intifada sono ultraminoritari in questo famoso 10 per cento, il che è rassicurante; ma essi si alleano con altre correnti antisemite, e ciò è inquietante.
2) Nei campus francesi ( ed europei e americani) imperversa un antisemitismo di sinistra che, con il pretesto di antisionismo, innalza il Palestinese a figura emblematica che si sostituisce al Proletario di una volta: portavoce di tutti gli oppressi del pianeta, figura di punta della lotta contro imperialismo, capitalismo e mondializzazione... Per i ribelli a l l a moda, Arafat = Guevara. E reciprocamente: Sharon= Hitler.Da qui, la crescente delegittimazione di uno Stato che si lascia dirigere da un nazista. Il diritto all’esistenza di Israele viene così rimesso in causa da insegnanti, militanti ecologisti, altermondialisti, o semplicemente da paleomarxisti e rivoluzionari privi di rivoluzione.
3) Un antisemitismo classico, imbarazzato e silenzioso dai tempi di Vichy, Pétain e il collaborazionismo (’ 40- 45), risolleva subdolamente la testa. In particolare negli ambienti della vecchia Francia e conservatori. Diversi dérapage
dimostrano che per qualcuno, al Quai d’Orsay, la Farnesina francese, Israele è una spina nel cuore del « mondo arabo » .
Si ricorderà la battuta di un ambasciatore di Francia a Londra su questo
shitty little country... Why should the world be in danger of World War III because of those people
( « piccolo Paese di m... Perché mai il mondo dovrebbe rischiare la Terza guerra mondiale per questa gente » , ndr ). Ex portavoce ufficiale di un ministro degli Esteri del presidente Mitterrand, l’ambasciatore fu preso di mira dalla stampa inglese, ma non presentò nessuna scusa.
Le sue parole sul « piccolo Stato di m. » non furono giudicate « inammissibili » come quelle pronunciate oggi da Sharon. Ed egli finì la sua carriera come ambasciatore in Algeria, una sede invidiata e decisiva.
Quando Silvio Berlusconi propose ex abrupto di estendere l’Europa a Russia, Turchia e Israele, da parte francese gli fu risposto: perché Israele? « Non c’è alcun legame geografico » ( e questo è vero), alcun legame « storico né culturale fra Israele e l’Europa » ( e questo è il colmo di un analfabetismo volontario). Una nota barzelletta dice: « Domani si uccidono ebrei e parrucchieri! — Perché i parrucchieri? » . La scomparsa di Israele farebbe versare poche lacrime a Parigi, ma l’alleanza Washington- Gerusalemme rende difficile una conclusione simile. Antisemitismo, denuncia della perfida Albione e antiamericanismo non hanno avuto bisogno di aspettare Blair, Bush e Sharon.
Purtroppo, l’attualità congiunge i tre modi di ostracizzare gli ebrei e prepara pericolosi cocktail.

1+ 2.
Gli integralisti islamici sono calorosamente accolti dalle buonanime altermondialiste. Tutto si svolge come se i contestatari politicamente corretti trovassero negli « intifadisti » dei quartieri più svantaggiati una nuova « base di massa » , un surrogato degli operai che non recluteranno mai. Reciprocamente, le bande di periferia apprezzano l’ombrello giuridico e mediatico che i benpensanti ex terzomondisti garantiscono loro.

1+ 2+ 3 . Dall’estrema sinistra all’estrema destra, tutta la Francia politica — dal semplice militante al deputato, dal sindacalista ai ministri e al capo dello Stato — ha gridato contro l’intervento in Iraq: « Bush = Sharon = assassini » , dice la piazza. « Sharon = Bush = disprezzo per la legge internazionale » , affermano i salotti. Lungi dall’essere un semplice effetto dell’Intifada, la crescita dell’antisemitismo è gemella dell’ondata di antiamericanismo che ha colpito l’Europa dopo l’ 11 settembre e la sommerge dopo la guerra in Iraq. Ora, la diplomazia francese ha preso il comando della crociata antiamericana. Poiché la Francia politica, quasi unanimemente, giudica fuorilegge i dirigenti americani e israeliani, non c’è da meravigliarsi se gli emuli dei martiri del gruppo Hamas guizzano come pesci in una Francia che considera d’avere due grandi nemici: Bush e Sharon.
Niente falso panico, signor Sharon! Non è il momento, per i francesi di origine ebrea, di fare le valigie
as soon as possible , appena possibile, per fuggire in Israele. La Francia non sta vivendo una Notte dei Cristalli, subisce un’alta marea di stupidità astiosa e presuntuosa.
Son cose che succedono ogni tanto nella dolce democrazia. L’onda lambisce altre rive, spetta ad ogni cittadino di buon senso, ebreo o no, curare sul posto, a casa sua, una malattia mentalmente trasmissibile.



Il Foglio pubblica a pagina 2 un interessante commento al pezzo di Glucksmann, "Antisemiti e antiamericani, le due facce del nuovo mal francese", che di seguito riproduciamo:
Che antisemitismo faccia sempre più rima
con antiamericanismo non è né una
novità né una sorpresa. L’intreccio tra i due
termini, e di entrambi con "anticapitalismo",
percorre e segna molta storia contemporanea
e molta cronaca degli ultimi
tempi. Ma quanto sia diventato inestricabile
quel nodo di demonizzazioni incrociate,
e fino a che punto riguardi ormai anche i
salotti buoni della politica, (e non solo le
manifestazioni no global e i "campi antimperialisti"),
lo ha voluto sottolineare il filosofo
francese André Glucksmann, con un
articolo uscito ieri in contemporanea sul
Wall Street Journal e su El País.
Ariel Sharon si è sbagliato, scrive Glucksmann,
quando, il 18 luglio scorso, ha invitato
solennemente gli ebrei francesi a fare
i bagagli e a trasferirsi in Israele per sfuggire
alle violenze di cui sono ormai quotidianamente
bersaglio. Ha sbagliato, perché
la Francia non sta vivendo una nuova "notte
dei cristalli". Soffre, piuttosto, "di una
malattia fatta di odio e di presunzione. Accade,
a volte, nelle democrazie, ed è compito
dei cittadini ragionevoli, ebrei e non
ebrei, curare, nel proprio paese, questa malattia
contagiosa". Certo, è logico che Sharon
sia preoccupato "per una reale crescita
dell’antisemitismo in Francia". Ma "si è
espresso in forma semplicistica e forzata.
Accusando il dieci per cento della popolazione
francese di origine nordafricana, egli
usa, a torto, lo schema dell’intifada per
spiegare l’attuale ondata di antisemitismo".
Mentre, "lungi dall’essere una semplice
conseguenza dell’intifada, la crescita dell’antisemitismo
è parallela all’ondata di antiamericanismo
che ha investito l’Europa
dopo l’11 settembre e che l’ha sommersa
dopo la guerra in Iraq. La diplomazia francese
capeggia la crociata antiamericana. E
se la Francia politica, pressoché all’unanimità,
ritiene che i dirigenti americani e
israeliani si siano messi fuori dalla legge,
non deve sorprendere che gli emuli dei
martiri di Hamas nuotino come pesci nell’acqua
in una Francia che riconosce due
grandi nemici: Sharon e Bush".
Parole durissime, quelle usate da Glucksmann,
che pensa sia proprio l’intreccio e il
reciproco rafforzamento con l’antiamericanismo
a fare dell’antisemitismo francese
qualcosa di "più contagioso di quanto Sharon
non immagini". Tant’è vero che ormai
dilaga nelle università, e non solo in Francia
ma in tutta Europa, e raggiunge i campus
nordamericani. E’ un antisemitismo di
sinistra, camuffato da antisionismo, per il
quale i palestinesi hanno ormai sostituito,
nell’immaginario militante di altermodialisti,
paleomarxisti e rivoluzionari orfani di
rivoluzione, i proletari di un tempo, in rappresentanza
"di tutti gli oppressi del pianeta.
Sono visti come la punta di diamante nella
lotta contro l’imperialismo, il capitalismo
e l’oppressione. Per i moderni ribelli Arafat=
Che Guevara. E, dall’altra parte, Sharon=
Hitler".
La nuova leva di antisemiti di cui parla
Glucksmann è la stessa di cui si occupa
Fiamma Nirenstein nel suo ultimo libro (da
poco uscito per Rizzoli: "Gli antisemiti progressisti.
La forma nuova di un odio antico"),
e alla quale un altro filosofo francese,
Alain Finkielkraut, ha dedicato "Nel nome
dell’altro" (edito in Italia da Ipermedium).
Accanto a questa nuova leva, rialza la testa
con sempre minor timidezza la vecchia
guardia dell’antisemitismo "classico", di cui
Glucksmann denuncia la presenza anche
dalle parti di Quai d’Orsay (e ricorda l’episodio
di cui fu protagonista un vecchio ambasciatore
francese a Londra, Daniel Bernard,
che riferendosi a Israele parlò di "piccolo
paese di merda… Perché il mondo deve
correre il rischio di una terza guerra
mondiale per colpa di quella gente?"). Nel
suo articolo, Glucksmann ricorda anche che
quando Silvio Berlusconi ha proposto l’allargamento
dell’Unione europea alla Russia,
alla Turchia e a Israele, da parte francese
si è obiettato: "Perché Israele?". In parallelo,
"dall’estrema destra all’estrema sinistra,
tutta la Francia politica – militanti di
base, deputati, sindacalisti, ministri e capo
di Stato – tuonò contro l’intervento in Iraq:
‘Bush=Sharon=assassini’ è la voce della
strada. ‘Sharon=Bush=disprezzo delle leggi
internazionali’, confermano i salotti parigini".
Ed è sicuro: "La sparizione di Israele
provocherebbe ben poche lacrime a Parigi".
Ma c’è di mezzo l’alleanza tra Washington
e Gerusalemme. E’ qui che si annodano
antisemitismo e antiamericanismo, ed è
qui, scrive ancora Glucksmann, che bisogna
combattere quel "mal francese" fatto di
odio e presunzione.
Con queste premesse, non poteva essere
che la Francia, la grande tessitrice del voto
compatto dei venticinque paesi europei a
favore della risoluzione Onu contro la barriera
eretta da Israele per difendersi dagli
attacchi provenienti dai territori palestinesi.
Ne parlava, sempre ieri, Angelo Panebianco
sul Corriere della Sera, sottolineando
come "in epoca di guerra fra occidente e
terrorismo islamico portare, come accade
in questi giorni, le relazioni tra le democrazie
europee e quella israeliana vicine al
punto di rottura non può accrescere la sicurezza
dell’occidente e dell’Europa".
Il contrasto tra Europa e Israele aggrava
quel conflitto "occidente contro occidente"
che trova entusiasti apologeti anche in casa
nostra. Il campione è ormai Gianni Vattimo,
che sul Manifesto di martedì scorso si chiede
retoricamente: "Ben al di là dell’insofferenza
per Bush e i suoi accoliti, non sarebbe
ora di scoprire, anche sul piano culturale,
che la sinistra o è antiamericana (meglio
sarebbe dire altermondialista) o non è?".
Un’affermazione che anche un intellettuale
di sinistra come Giovanni Cesareo (non un
neocon) ha definito "stupefacente" sempre
sul Manifesto. Non ha senso, scrive Cesareo,
indicare l’antiamericanismo come "tratto
fondante della fisionomia della sinistra",
anche perché si rischia di trovarsi in brutta
compagnia, visto che "il fondamentalismo
islamico si presenta oggi come il campione
dell’antiamericanismo". Che "rischia di essere
soltanto una illusoria via di fuga, e anche
per questo un virus molto pericoloso".
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