sabato 17 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Il Foglio - Corriere della Sera - Il Manifesto - La Repubblica Rassegna Stampa
20.07.2004 La Francia, Israele e l'antisemitismo
analisi sulla crisi diplomatica tra i due paesi

Testata:Il Foglio - Corriere della Sera - Il Manifesto - La Repubblica
Autore: un giornalista - Paolo Garimberti - Deborah Fait
Titolo: «La crisi franco-israeliana»
I giornali di oggi, 20-07-04, trattano della querelle diplomatica tra Francia e Israele scaturita dalle dichiarazioni di Sharon.Pubblichiamo gli articoli che ci sono parsi più meritevoli di commento.

Sul FOGLIO troviamo un' analisi della vicenda che parte dalla prospettiva storica delle relazioni tra Francia e Israele dai tempi di de Gaulle.
A pagina 3, "Francia e Israele, un problema irrisolto dai tempi di de Gaulle"

Roma. Le parole di Ariel Sharon sull’antisemitismo di cui sono vittime gli ebrei francesi toccano una ferita purulenta. Avi Pazner, portavoce del governo israeliano, sostiene ora che Sharon non intendeva invitare in massa gli ebrei a lasciare la Francia, ma sta di fatto che le relazioni tra Parigi e Gerusalemme
si deteriorano di mese in mese e che l’antisemitismo in Francia è sempre più radicato. L’ultimo episodio è la visita alla fine di giugno del ministro degli Esteri Michel Barnier a un Yasser Arafat a cui ormai nessun leader concede più credito. L’incontro fa seguito alle parole di stima verso il presidente
palestinese pronunciate da Jacques Chirac al vertice Nato di Istanbul, che collocano la diplomazia francese in una posizione quasi provocatoria sul medio oriente. Una dinamica che porta Chirac, che riceve oggi all’Eliseo il premier turco Tayyp Erdogan, per corteggiare l’elettorato razzista di Jean-Marie Le Pen, a non farsi scrupolo di osteggiare l’ingresso in Europa della Turè Allawi gioca chia, e a dichiarare, secondo la tv israeliana, che Sharon non è il benvenuto a Parigi. Sbaglia chi vede in queste posizioni francesi solo una volontà di differenziazione da quelle statunitensi e chi crede che l’antisemitismo francese sia conseguente alla presenza di quattro milioni di arabi "coinvolti" dal conflitto israelo-palestinese su posizioni nazionaliste (in realtà provengono tutti da paesi – Algeria, Marocco, Tunisia – che mai hanno sostenuto i palestinesi e odiano gli israeliani non per ragioni nazionaliste, ma puramente anti-ebraiche di tipo islamista). I due fenomeni si intrecciano e si innestano nella tradizione di un antisemitismo radicato da secoli nel paese, forse ancor più che in Germania. La Francia è l’unica nazione europea in cui si è sviluppato un forte sentimento antisraeliano, non nella componente di sinistra dell’opinione pubblica (come in Italia e Germania), ma in quella centrista, liberale, moderata. E’ uno dei lasciti più ambigui e profondi del gaullismo, di cui Chirac è oggi l’erede, ed è stato più volte apertamente formalizzato dal Generale, soprattutto dopo la guerra dei Sei giorni del 1967. Nel dicembre di quell’anno, Charles de Gaulle
inviò una lettera a David Ben Gurion in cui accusava "Israele di oltrepassare i confini della moderazione", dava credito alla tesi che i paesi arabi sarebbero stati pronti a riconoscere il diritto all’esistenza di Israele se si fosse ritirato dai Territori (a tuttora solo quattro paesi arabi su 22 riconoscono il diritto all’esistenza di Israele) e avvisava Ben Gurion: "Ecco che Israele, nvece di errare per l’universo nel suo esilio bimillenario, è divenuto, di colpo, uno Stato, la cui vita e durata dipendono, secondo la legge del suo tempo, dalla sua politica". Il problema per de Gaulle era che un Israele così banalizzato, separato arbitrariamente dalla sua genesi drammatica, era ormai fonte d’imbarazzo per una Francia che aveva sulla coscienza la più dura repressione di tutti i tempi di una rivolta araba. Il de Gaulle che chiude le vergognose pagine della guerra d’Algeria è dunque lo stesso che chiude la straordinaria solidarietà francese con Israele dal ’48 al ’64 (francesi sono le armi israeliane sia del ’56 sia del ’67, a partire dagli strategici Mystère).
Nel momento in cui perde il controllo del petrolio d’Algeri, Parigi paga il prezzo della polemica con Israele per recuperare i paesi arabi e il loro greggio. E’ questa la politica che porta Valery Giscard d’Estaing nel 1980,
a imporre al vertice europeo di Venezia la svolta che associa alle trattative l’Olp di Arafat (sino a quel momento esclusa in quanto "terrorista"), chiudendo
così la ben più produttiva prospettiva di una rappresentanza palestinese mediata dalla Giordania. Dopo quel vertice, il 17 giugno 1980, le comunità ebraiche dei nove paesi della Cee espressero la loro "costernazione". Nessuno
le ascoltò in un’Europa in panico per il prezzo del petrolio, balzato a 40 dollari al barile, pronta a tutto pur di compiacere gli arabi. Come molti oggi, non soltanto a Parigi.
Dal CORRIERE DELLA SERA riportiamo le dichiarazioni del presidente del Senato Pera, che, durante la presentazione del libro di Fiamma Nirenstein a Roma, prendendo spunto dalla querelle, ha voluto condannare in maniera decisa tutti gli episodi di antisemitismo.
A pagina 13: "Pera, mai tacere sul giustificazionismo":

« Il tema dell’antisemitismo va continuamente discusso. Nessun episodio, nemmeno il più subdolo, di giustificazionismo intellettuale va taciuto » . Lo ha ricordato ieri pomeriggio il presidente del Senato Marcello Pera ospitando nei locali della nuova biblioteca di palazzo Madama in piazza della Minerva la presentazione del libro Gli antisemiti progressisti - La forma nuova di un odio antico scritto da Fiamma Nirenstein per Rizzoli. Proprio Pera ha evocato le « importanti dichiarazioni » di Sharon sulla condizione degli ebrei in Francia, « poi reinterpretate ma non per questo divenute rassicuranti » . Del libro hanno discusso, anche con toni assai accesi, il ministro Rocco Buttiglione, l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, lo storico Francesco Perfetti e il direttore de Il riformista Antonio Polito.
Perfetti ha definito il libro di Nirenstein « uno dei saggi più significativi degli ultimi anni, una voce fuori del coro, un grido di indignazione sulle forme di antisemitismo dichiarate o striscianti, quindi più pericolose » . Polito ha rivendicato il pieno diritto di criticare i diversi governi di Israele ma ha manifestato il suo stupore « registrando le critiche comunque preventive all’operato di Sharon, anche quando parla di ritiro da Gaza e arriva poi all’intesa coi laburisti » . Buttiglione ha rievocato « le radici dell’antisemitismo della sinistra » , rimandando al Marx degli scritti sulla questione ebraica: « Per lui l’ebreo è l’uomo che rifiuta di lasciarsi assorbire dal grande fiume della storia. Di lì nasce tutto e si arriva al sionismo visto come tradimento della sinistra nel dopoguerra » .
L’intervento di Amato è stato il più effervescente: « Cara Fiamma, hai ammantato forse per comprensibile emotività molte cose condivisibili con l’anatema. Tu scrivi: chi è contro Sharon è contro Israele e chi è contro Israele è antisemita. Non voglio trovarmi con le spalle al muro per le mie critiche a Sharon... Nessuno ha bisogno di ' impiccare col singolare' una parte intera dell’Occidente chiamata genericamente sinistra » .
Reazione della Nirenstein: « Non sono affatto emotiva, ho lavorato per due anni a raccogliere documenti. Ho registrato uno stupefacente fenomeno storico: più Israele veniva colpito da mostruosi attentati terroristici, più gran parte del mondo cosiddetto progressista criticava Israele, gli rivolgeva l’antica accusa di avere un disegno di dominazione e accusava gli ebrei di aver continua sete di sangue » .
Il MANIFESTO prende spunto dalla vicenda per attaccare per l'ennesima volta Israele; il titolo di prima pagina : " Sharon attacca anche la Francia" conferma la faziosità morbosa del quotidiano comunista che trova il suo apice nell'incipit dell'articolo di S. D. P. (a pagina 6, intitolato "Antisemiti, Sharon attacca anche la Francia") "Israele, come spesso gli capita, non si scusa perchè pensa di essere lo Stato eletto e al di sopra di leggi e consuetudini che regolano i normali rapporti tra i paesi". Una frase che ci sembra riveli come sia proprio il quotidiano comunista a ritenere se stesso "al di sopra di leggi e consuetudini" della normale convivenza civile, tanto da potersi permettere una trasparente allusione negativa alla religione ebraica, fraintesa malevolmente. Risparmiamo ai lettori il resto dell'articolo.

Su LA REPUBBLICA, a pagina 1 e 14 l'articolo di Paolo Garimberti "Le ragioni dello scontro" presenta un'analisi sostanzialmente equilibrata delle conseguenze dalla crisi franco -israeliana nello scenario mediorientale e internazionale. Due critiche, tuttavia, possono essere mosse a Galimberti: innanzitutto l'aver qualificato come pregiudiziali le diffidenze israeliane verso l'Europa. Il sostegno acritico che questa ha sempre assicurato alla dirigenza palestinese, anche nei momenti più sanguinosi dell'offensiva terroristica da essa scatenata contro Israele, rende invece tali diffidenze un giudizio molto ben fondato. In secondo luogo una valutazione troppo positiva dei buoni rapporti dell'Europa con l'Anp. Se il prezzo di tali rapporti fosse la legittimazione della screditata leadership di Arafat, oggi posta in questione persino dall'Onu, sarebbe infatti decisamente troppo alto e allontanerebbe, anzichè avvicinare, la pace in Medio Oriente. (a cura della redazione di IC)

Ecco il pezzo:

Lo scontro al calor bianco tra Jacques Chirac e Ariel Sharon rischia di avere due risultati, entrambi esiziali per l´Unione europea e per la crisi mediorientale. Il primo è di minare alle radici il ruolo, già piuttosto marginale e contrastato in Israele, che l´Europa può svolgere nel conflitto israelo-palestinese. Anche se le reazioni delle comunità ebraiche francesi all´appello di Sharon sono state molto critiche, non c´è dubbio che la risposta di Chirac finirà per aumentare in Israele il pregiudizio sfavorevole già così radicato e forte nei confronti dell´Europa.
Che è accusata da sempre di essere filopalestinese e soprattutto filo-Arafat proprio nelle sue espressioni ufficiali, cioè i responsabili della politica estera a livello di Commissione. Tenuto conto della statura della Francia nell´Unione e dell´influenza che il presidente francese ha, o comunque pretende di esercitare, nelle linee-guida della politica internazionale della Ue, è difficile che l´irritazione israeliana verso Chirac non finisca per riverberarsi sull´intera Unione.
Il secondo risultato prevedibile è che si allarghi nuovamente quel fossato tra Francia e Usa, che le celebrazioni del D-Day e l´approvazione della risoluzione dell´Onu sull´Iraq avevano in parte colmato e comunque in buona misura fatto dimenticare, almeno temporaneamente. Bush ha dimostrato a più riprese che, specie in questo anno elettorale, sta sempre e comunque dalla parte di Sharon. E lo "sgarbo" di Chirac all´alleato finirà per essere percepito dalla Casa Bianca come un´offesa all´America e comunque come un altro segnale dell´arroganza e dell´inaffidabilità francesi. Con l´inevitabile corollario di una riapertura di quella divisione, mai del tutto sanata, soltanto sopita, tra Europa "vecchia" - filopalestinese e antiamericana - e "nuova", filoamericana e di conseguenza filoisraeliana.
La tensione che è esplosa in questi due giorni, con il botta e risposta secco come una frustata tra Gerusalemme e Parigi, ha comunque un retroterra profondo. Che non dipende soltanto dal problema dell´antisemitismo in Francia, dove la più grande comunità ebraica d´Europa (575mila persone) è sempre più accerchiata da 6 milioni di immigrati musulmani: e tuttavia il dato della matematica e le preoccupazioni più volte espresse dalle stesse autorità francesi, oltre che da molti intellettuali, non giustificano la pesante interferenza di Sharon negli "affari interni di un altro paese", come si soleva dire nel linguaggio delle cancellerie d´altri tempi. E non essendo Chirac aduso a porgere l´altra guancia la sua reazione, per quanto durissima fino ad apparire sproporzionata, era prevedibile. Ma c´è anche un retroterra di strategia politico-diplomatica, che riguarda proprio uno dei temi caldissimi del conflitto israelopalestinese: il ritiro da Gaza annunciato da Sharon.
E qui, nuovamente, viene fuori la differenza tra Stati Uniti e Unione europea, nella quale la Francia gioca un ruolo di primo piano. Per gli americani lo slogan "Gaza First" significa realmente cominciamo da Gaza per continuare poi in Cisgiordania. Per gli europei, e soprattutto per i francesi, "Gaza First" potrebbe nascondere l´opzione "Gaza Only": cioè, il ritiro da Gaza è soltanto una cortina fumogena, un espediente per consolidare il controllo del governo di Gerusalemme sulla Cisgiordania. Insomma, gli americani, o comunque Bush, credono ciecamente in Sharon e si fidano delle sue promesse. Gli europei ci credono un po´ meno, la Francia meno di tutti. E questo scetticismo, mai dissimulato, è un´altra miccia che ha fatto esplodere la bomba di questi due giorni.
Ora è evidente che la crisi franco-israeliana può avere l´effetto di un doppio cazzotto al mento dell´Unione europea proprio in un momento in cui la Ue potrebbe finalmente avere un ruolo reale, e non solo di facciata, nel conflitto israelo-palestinese. La profonda crisi in cui è precipitata l´Autorità palestinese a Gaza, dopo l´ennesimo gesto di malgoverno e di nepotismo compiuto da Arafat, con la nomina poi ritirata del proprio cugino a capo della sicurezza generale, apre alla Ue delle prospettive d´intervento politico mediatorio come forse non ci sono mai state in passato. Per la semplice ragione che, come ha detto ieri un esperto europeo di questioni mediorientali, «a Gaza gli Stati Uniti non ci sono, ma l´Europa sì». E, occorre aggiungere, non solo non ci sono gli Usa, ma rischiano di non esserci neppure le Nazioni Unite. Perché il messo di Kofi Annan, Terje Roed-Larsen, ha fatto infuriare i palestinesi per un rapporto inviato al Consiglio di sicurezza la settimana scorsa nel quale si diceva che l´Autorità palestinese è ormai collassata e non solo per colpa di Israele, ma soprattutto per colpa di se stessa.
Roed-Larsen ha detto la verità, cioè quello che tutti stanno constatando: Gaza è sull´orlo della guerra civile e Arafat è l´uomo meno indicato per evitarla se perfino le Brigate Al Aqsa non credono più alle sue parole e non si fidano delle sue mosse. Con un primo ministro dimissionario, con il quale non riesce neppure più a dialogare, con la lotta aperta tra polizia e servizi di sicurezza, con un milione e 300mila persone a livello di povertà siderale, con un degrado ambientale spaventoso, Arafat non è più soltanto prigioniero di Israele, è prigioniero di se stesso. E il rischio paradossale è che Sharon non possa mandare avanti il ritiro da Gaza perché potrebbe non esserci un governo locale al quale consegnarla. Ecco perché l´Europa oggi potrebbe essere un attore e non solo uno spettatore. Ma lo scontro tra Chirac e Sharon rischia di buttarla nuovamente fuori dal palcoscenico.
Sull'argomento pubblichiamo il contributo della nostra corrispondente Deborah Fait:
Questa mattina sui giornali israeliani si puo' ammirare la brutta faccia incazzata di Chirac fotografato mentre dichiara Ariel Sharon persona non grata.
Niente di nuovo, non e' altro che l'ennesima dichiarazione di odio della Francia nei confronti di Israele e per far saltare i nervi di Monsieur Chirac e' bastato che Sharon facesse il suo dovere invitando gli ebrei francesi ad abbandonare la Francia, in caso di pericolo, e assicurandoli che Israele e' pronto ad accogliere tutti i fratelli in fuga.
Un lettore del Jerusalem Post scrive:
" Sono riconoscibile come ebreo perche' porto la kippa'. Durante una mia visita a Lione sono stato accostato da due automobili dalle quali si sono messi a urlare "ebreo". Mentre prendevo un caffe' in un bar un cliente si e' alzato in piedi da un tavolo vicino gridando insulti verso di me. Sono stato molto felice di ritornare in Israele dove mi sento piu' sicuro" .

Oggi per le strade di Israele si sente parlare francese, sono arrivate famiglie intere, molti sono i nuclei divisi, in Israele, in salvo, la moglie e i figli e in Francia, per concludere al meglio un rapporto di lavoro, i padri diventati ormai pendolari.
Purtroppo oggi parlare di antisemitismo significa citare quasi sempre la Francia e Chirac non dovrebbe arrabbiarsi se Israele informa gli ebrei di essere pronto ad accoglierli, dovrebbe invece farsi un lungo esame di coscienza, molto molto lungo e accurato.
Chirac sapra' sicuramente che un ex primo ministro socialista del suo paese ha detto "La creazione dello stato d'Israele è un errore storico". Si chiama Michel Rocard e fa il paio con "quel piccolo paese di merda", perla indimenticabile dell'ex ambasciatore di Francia in Inghiletrra.
Chirac sapra' certamente che l'offesa "sporco ebreo" fa parte ormai dello slang dei francesi ed e' diventato una specie di intercalare come in Italia si usava il termine "rabbino" per offendere qualcuno.
E' assolutamente inutile dichiarare che la Francia combattera' l'antisemitismo, e' inutile invitare a parlare di Shoa' nelle scuole dal momento che il suo governo da dimostrazione di intolleranza e odio contro gli ebrei nel nome odiato di Israele.
Tutti sono pronti a versare lacrime di coccodrillo sui 6 milioni di ebrei ammazzati , il problema vero e' che quegli stessi coccodrilli si augurano l'eliminazione di altri 5 milioni di ebrei vivi in Israele.
L'antisemitismo di oggi si e' evoluto, e' cambiato, non parla piu' di peste nera o di Santi Simonini vari , oggi l'antisemitismo parla di Israele, paese di merda, errore storico, parla dei poveri palestinesi che ammazzano i cattivi bambini israeliani sugli autobus o nelle scuole perche' se lo meritano , perche gli hanno rubato tutto, quei ladroni di bambini ebrei .
Oggi l'antisemitismo e' contro il Paese degli ebrei, l'ebreo tra gli stati, il Paese da odiare e da maledire.
In piu' di un'occasione Chirac ha insegnato ai suoi francesi come si tratta Israele.
Lo ha fatto anni fa quando, in visita a Gerusalemme e scortato nella Citta Vecchia dai soldati israeliani, ha dimostrato tutto il suo livore mettendosi a urlare "andate via di qua', questa non e' la vostra citta'".
Lo abbiamo visto in diretta televisiva e tutti abbiamo sentito un brivido di freddo scorrerci lungo la schiena.
Il Presidente di Francia aveva rozzamente delegittimato Israele davanti alle telecamere di tutto il mondo, Gallia compresa.
Inconcepibile. Ma si e' ben guardato dal chiedere scusa.
L'attuale ministro degli Esteri di Chirac, nonostante i ripetuti inviti del governo israeliano a non andare ad abbracciare Arafat, ha preferito snobbare Israele piuttosto che rinunciare al pellegrinaggio a Ramallah dove si e' esibito in una performance antisraeliana da manuale , tra i sorrisi compiaciuti e bavosi del suo amico Yasser.
Quindi quello che mi sento in obbligo di dire a Chirac e' di evitare di essere ipocrita gridando che la Francia combatte l'antisemitismo quando lui stesso e il suo governo lo alimentano.
Con quale sfrontatezza ha il coraggio di dichiarare Sharon persona non grata? Sappia che ogni israeliano considera lui da anni persona non grata e nemica di Israele. E stiamo ancora aspettando le sue scuse!

E dico agli ebrei francesi "Venez, vite".
Venite, prima che sia troppo tardi e che non incominci la caccia all'ebreo per le strade di ogni citta' francese.
Ricordate l'Uomo che, dopo aver assistito al processo Dreyfuss e aver sentito la plebaglia urlare "a morte gli ebrei", decise che era ora di dare un taglio con la vecchia antisemita Europa.
Il sogno di Theodor Herzl e' diventato realta' e allora non restate la' impalati ad aspettare il vostro turno e a dire che sono tutte storie, che la Francia e' al vostra Patria.
Non lo e', gli ebrei non hanno patrie in Europa, ne hanno una soltanto ed e' tutta intorno a Gerusalermme!
Francesi, c'e' Israele che vi aspetta: Venez, vite!
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio, Corriere della Sera, Il Manifesto e La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@ilfoglio.it
lettere@corriere.it
redazione@ilmanifesto.it
rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT