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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.07.2004 Scambiare un sostenitore del terrorismo per un pacifista
titolo e occhiello dicono il contrario dell'intervista

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 luglio 2004
Pagina: 9
Autore: Mara Gergolet
Titolo: «Ora noi palestinesi dobbiamo scegliere come lottare»
Sul Corriere della Sera di oggi, a margine della cronaca dell'attentato di ieri, viene pubblicata un'intervista ad Abed Al Sattar, scittore ed editorialista palestinese. Al Sattar afferma di essere una persona scomoda per qualcuno molto in alto nella gerarchia palestinese, fino al punto di essersi preso 4 pallottole addosso; egli sostiene che la sentenza dell'Aja in realtà avrà pochi effetti, che sicuramente non farà cadere il "muro", il problema secondo Al Sattar è che i leader palestinesi sono lontani dalla base, che al posto della "pagliacciata" dell'Aja , avrebbe scelto e continua a scegliere la lotta armata. la stessa lotta armata che Al Sattar sostiene non debba essere abbandonata. La giornalista del Corriere, convinta di intervistare un intellettuale pacifista, si è trovata di fronte un sostenitore dell'intifada armata; e,da come viene presentato il pezzo, pare che al Corriere non se ne siano accorti.
GERUSALEMME — « La bomba di questa mattina? Non c’è niente da fare, è chiaro che agli occhi del mondo getta un’ombra sulla sentenza dell’Aja. Invece occorrerebbe tenere separati i due piani, le due questioni. Anche perché dimostrano quanto siano distanti le ambizioni della nostra leadership e i sentimenti della gente sul terreno » .
Abed Al Sattar, scrittore ed editorialista palestinese, attivista « scomodo » , insegna all’università Al Nasatem di Nablus. E’ stato in carcere in Israele, ma anche in Palestina. Si è ritrovato con quattro pallottole in corpo, perché a « qualcuno molto in alto nella gerarchia palestinese davo fastidio per quello che dicevo » .

Questo attentato è un autogol, dopo la vittoria all’Aja.

« Ma in effetti non ha niente a che vedere con quella sentenza. Anche un attentato più grave di questo non intaccherebbe il verdetto, che si basa su argomenti legali.
L’attentato ha a che fare con l’essenza del problema, ossia la violenza del conflitto israeliano- palestinese. Si tratta per noi palestinesi di una scelta cruciale: come ottenere ciò per cui ci battiamo da anni, la fine dell’occupazione » .

O con la legge o con la forza?
« Guardi, c’è un dibattito importante oggi tra i palestinesi: chi dice che bisogna puntare sul consenso internazionale perché le cose cambino, e chi crede che bisogna combattere gli israeliani. I secondi sono la maggioranza. E nessuna persona realista può credere che la sentenza dell’Aja creerà abbastanza pressione su Israele perché il muro sia abbattuto » .

Sembrano farlo Arafat e Abu Ala, che vogliono portare il caso all’Onu. « Ma quella dell’Onu è un pagliacciata. E’ dagli anni ’ 70 che i nostri leader non fanno altro: ma quante risoluzioni sono passate, senza produrre nulla! Nessuno gli crede più, per questo tanti gruppi si muovono da soli. Anzi, il fatto che questi attacchi avvengono e macchiano gli sforzi diplomatici di Arafat e dei suoi, mostra che hanno perso qualsiasi contatto con la base » .

Però lei non condanna la violenza.

« Io vedo che Israele non rinuncia alla sua forza militare. Per questo credo che anche noi non possiamo privarcene » .

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