Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Pubblichiamo alcuni commenti usciti stamattina sulla sentenza della Corte di giustizia dell'Aja che ha dichiarato "illegale" la barriera difensiva. Cominciamo con LA STAMPA. Due articoli di Fiamma Nirenstein e un commento di Igor Man in prima pagina, che potremmo pubblicare senza critica tanto è identico ai precendenti: Israele è responsabile di di tutto il male possibile, i terroristi non sono degli agnellini ma se accade tutto ciò la colpa è di Israele. Peccato che la sentenza non sia esecutiva. Lasciamo ai nostri lettori il "piacere" di leggerlo.
Ecco i due articoli di Fiamma Nirenstein: DORE GOLD, EX MINISTRO E CONSIGLIERE DEL PREMIER PER GLI AFFARI INTERNAZIONALI «I giudici non hanno considerato il problema cruciale del terrorismo» "Il recinto è nato solo in seguito agli attacchi dei kamikaze e ha già evitato la bellezza di oltre sessanta attentati suicidi»
GERUSALEMME DORE Gold, consigliere del Primo Ministro per gli affari internazionali, è stato dal ‘97 al ‘99 l’ambasciatore di Israele all’Onu. Autore di una quantità di studi sul mondo arabo e sulle relazioni internazionali, dirige il Centro di Gerusalemme per gli studi sulla democrazia. Uno dei pochi israeliani sempre in giacca e cravatta, ci comunica la sua amarezza. Signor Ambasciatore, adesso Israele ha a che fare con un durissimo giudizio della Corte internazionale, che lo ritiene fuori legge. Come reagirete? «Israele è un Paese che tiene in gran conto la legge internazionale, e la giustizia. La nostra Corte Suprema ha giudicato a sua volta la barriera di difesa, che tutti adesso chiamano volentieri muro dal momento che le tv mostrano solo le brevi parti in cemento, e ha stabilito che è legale; ha anche però stabilito che ci sono parti che devono essere spostate per non violare i diritti umani dei palestinesi, e il governo si è detto d’accordo e ha messo mano ai lavori. Questo è quello che si chiama un atteggiamento equilibrato. La Corte dell’Aja ha evitato del tutto di affrontare il basilare problema del terrorismo». Non le era stato richiesto di occuparsene, ha giudicato in base alle convenzioni che riguardano i diritti umani e i problemi delle violazioni territoriali. «Infatti: ma ha dimenticato il più grande, il primo di tutti i diritti umani è quello alla vita, e il recinto, che è nato solo in seguito al terrorismo e senza nessun altro scopo recondito, ha già evitato la bellezza di sessanta attentati suicidi, riducendo in generale gli attacchi del 70 per cento. Il diritto umano alla vita è anche legalmente il più cogente, specie se il prezzo per preservarla è un recinto che potrà essere spostato; e lo sarà, sia oggi in base alle decisione della nostra Alta Corte, sia in seguito, a seconda degli accordi a seguito di una trattativa». Una prospettiva che non appare così vicina. «Oggi certo lo appare molto meno, dal momento che quello che i palestinesi imparano dalla Corte è che possono contare, quale che sia lo stile della loro guerra, sull’incodizionato sostegno delle istituzioni internazionali a partire dall’Onu». Veniamo alla parte territoriale: la Corte condanna il recinto perchè è costruito su terre palestinesi occupate, non nei confini del ’67. «Anche qui si tratta di una posizione prettamente politica, che non ha riscontro nella legalità internazionale. I territori in questione, secondo la risoluzione 242 del 1967, sono territori disputati su cui dovranno essere prese delle decisioni. Nessuno ha mai stabilito che l’ex zona Giordania (e anche la Giordania aveva occupato proditoriamente la Cisgiordania) o Egiziana (Gaza) diventino tutte automaticamente palestinesi. Inoltre quando nel ‘99 il presidio militare Israeliano si è ritirato consegnando tutto all’Autorità Palestinese, ha sgomberato quei territori: il fatto che le operazioni militari contro l’attacco terrorista di massa ci abbiano costretto a rientrare, non vuol dire che siamo tornati a occupare. E’ un’operazione difensiva. Al momento in cui la prima clausola della Road map, che è quella che Arafat debba combattere il suo terrorismo, sia osservata, siamo pronti a trattare tutto. Invece la Corte dell’Aja ha già concluso da sola tutto il processo storico, ha già assegnato ai palestinesi tutte le terre al di la della Linea Verde, ha già condannato Israele a tenere tutte le porte aperte alle inevitabili, sicure, infiltrazioni terroriste. Questo non può altro che portare a concludere che si tratta di una pesante, errata decisione tutta politica, e non legale». I palestinesi intendono ora, secondo anche la raccomandazione della Corte, portare la risoluzione all’Assemblea generale dell’Onu perchè poi il Consiglio di sicurezza si riunisca d’urgenza e promulghi delle sanzioni. Non sarebbe opportuno che Israele accolga in qualche modo il messaggio internazionale? «Noi continueremo a difendere la popolazione, che è il nostro primo dovere, tenendo conto della legalità internazionale e dei diritti umani, secondo quello che ci ha indicato la nostra Corte Suprema. Siamo fiduciosi che paesi come gli Usa, che ci tengono a rimettere in moto il processo di pace non consentiranno che Israele sia coperto di sanzioni solo perchè si difende». Perchè rifiuta di dare importanza a una Istituzionale internazionale tanto importante? «Perchè è inappropriato rispetto a questa decisione, perchè ha risposto alle richieste di una sola parte e ha scelto di identificarsi solo con i suoi problemi. La barriera non sarebbe necessaria se il terrorismo cessaste, e questa evidente e semplice realtà pare non avere sfiorato la mente dei giudici. Le condanne che piovono su di noi sono tutte di fatto, condanne alla nostra resistenza contro il terrore, per sopravvivere».
Ecco il secondo articolo di Fiamma Nirenstein:
LE REAZIONI DEI PROTAGONISTI DELLA DISPUTA
Arafat: «Una vittoria per tutti i popoli liberi»
Rabbia a Gerusalemme: contiamo sul veto americano per evitare eventuali sanzioni
GERUSALEMME Esultanza nel campo palestinese per la decisione della Corte dell’Aja e grandissima vittoria per Yasser Arafat personalmente: il Raiss dalla Muqata ha fatto con le dita il segno della V e ha dichiarato «Questa è una decisione eccellente. Ringraziamo i giudici dell’Aja, questa è una vittoria per il popolo palestinese e per tutti i popoli liberi del mondo». Pieno di guai interni, di accuse di corruzione, di rivolte interne, assediato perchè lasci il potere, sia dall’Egitto che ormai da tutto il Quartetto, ieri Arafat ha ricevuto invece una inopinata conferma sia della sua politica di mobilitazione delle istanze internazionali, sia di conduzione violenta dell’Intifada delle Moschee. La Corte non sanziona il terrorismo contro cui il recinto è stato costruito. «Questo muro sarà rimosso per costruire il nostro Stato» ha aggiunto Arafat comparando poi la sentenza alla spinta internazionale che fece cadere il muro di Berlino nel 1989. Aqmed Qreia, il Primo Ministro palestinese ha detto: «Oggi la Corte Internazionale ha dichiarato che questo muro razzista è illegale e che Israele deve smettere di costruirlo e distruggere quello che è già stato costruito. Questo è un giorno storico e una decisione storica». Sa’eb Erakat, ministro e portavoce storico di Arafat, ha gioito: «Adesso di fronte a questa sentenza, quando sarà portata all’assemblea generale dell’Onu e poi al Consiglio di sicurezza, si vedrà chi è favorevole o contrario alla legalità internazionale. La questione torna ad essere quella dell’occupazione, e il mondo dovrà affrontarla». Gli israeliani sono abituati a essere schiaffeggiati dall’Onu, che gli dedica continue risoluzioni di condanna, e non dimentica che è per volontà della stessa organizzazione che la Corte ha gestito il processo. Non è stupita nemmeno della reazione entusiasta della Lega Araba e dell’Europa, nè del rifiuto solitario del giudice americano, che spera si svilupperà in un veto all’Onu se e quando il Consiglio di Sicurezza impartisse ordini e stabilisse sanzioni. Ma il punto centrale, ribadito dal ministro degli Esteri Silvan Shalom e ripetuto da molti rappresentanti del governo e dell’opposizione (per esempio il ministro della giustizia Tommy Lapid o il deputato laburista Haim Ramon, e dallo stesso Shimon Peres) che non pensavano che la formulazione sarebbe stata così estrema, è questo: «La sentenza non tiene in alcun conto i diritti degli israeliani, esaltando quelli dei palestinesi. Il recinto salva le vite, come si vede da inequivocabili cifre che lo comprovano. Israele continuerà a costruire il suo recinto tenendo conto del cambiamento di strada del recinto stabilito dalla Corte Suprema israeliana, perchè è impossibile fare altrimenti, pena il riaccendersi di un numero esponenziale di attentati terroristici». Shalom sostiene che «comunque abbiamo fatto bene a non riconoscere la giurisdizione del tribunale, cui peraltro 30 paesi, da ogni parte del mondo, chiesero di non accettare la richiesta dell’Onu nata su indicazione palestinese. Domani, se la sentenza andrà alle Nazioni Unite potremo contare su Usa, Urss, Francia, Inghilterra per opporsi alle eventuali sanzioni». Shalom sembra non avere intenzione di vibrare un affondo contro le istituzioni internazionali: lo aspetta una guerra di posizione, lunga e impegnativa, che secondo il ministero degli Esteri israeliano, richiede cautela. Ma Shalom insiste che la decisione dell’Aja manca di affrontare il vero problema al centro della questione, ovvero quello del terrorismo: «La chiave della soluzione non è all’Aja o a Manhattan, ma a Ramallah dove esso si origina». Ecco invece l'articolo di Igor Man(zella) in prima pagina. Ne abbiamo già scritto più sopra. Resta un appunto. Di israeliani vivi Igor Man non ne cita mai nessuno, Ogni tanto tira in ballo Golda Meir con i suoi "mi disse". Troppo facile, Golda non può smentirlo. Buon per Igor che è defunta e non lo può incontrare. Ecco il suo editoriale in prima pagina: SENTENZA SEVERA E VANA
Igor Man ILLEGALE. La costruzione del muro per dividere Israele dalla Cisgiordania è illegale e dunque va sospesa immediatamente. (...) La costruzione del muro determina infatti una annessione»: così la Corte Internazionale di giustizia dell’Aja, ieri, con una sentenza che sconfessa tutte le argomentazioni di Israele a sostegno del muro, «barriera di difesa contro il terrorismo suicida palestinese». E’ un accadimento importante, forse anche «storico» come ha esultato Arafat, questa severa sentenza. Ma, con tutto il rispetto, non vale un centesimo bucato. Vediamo. La Casa Bianca si è immediatamente pronunciata negando che la Corte sia la «sede appropriata» per risolvere una questione «che è politica». Gli Stati Uniti riconoscono «la necessità per Israele di difendersi e di proteggere il suo popolo»; del pari, Washington giudica importante che sia consentito ai palestinesi «di muoversi liberamente in quella regione». Se abbiamo ben capito «quella regione» è la Cisgiordania dove il muro ha, in fatto, messo in moto un processo di annessione della parte più ubertosa della Cisgiordania. Quando questo processo sarà compiuto si avranno sedici bandustan palestinesi vale a dire trecentomila persone tagliate fuori, costrette nel 42% della West Bank. Di più: le fonti d’acqua saranno controllate dagli israeliani. Israele, che ovviamente respinge la sentenza dell’Aja, afferma una volta ancora come la costruzione del muro sia stata «imposta» dal terrorismo assassino. «Se non ci fosse stato il terrorismo, non ci sarebbe stato il muro». «Da quando è stata eretta la barriera il numero delle vittime è considerevolmente calato, la barriera sta funzionando»: proclama il governo Sharon. In verità a dare una mazzata al terrorismo suicida sono stati gli «attacchi mirati», i missili che hanno incenerito questo o quell’altro capobanda terrorista. Ma qui va detto subito che, posto il diritto di Israele di vivere in pace e sicurezza, il muro, una barriera si poteva anche costruire: ma così come hanno sollecitato gli uomini di pace quali lo scrittore Yehoshua non come l’ha voluto la Destra annessionista. Ancora: si è mai chiesto il governo israeliano il «perché» del terrorismo palestinese? E ha mai riflettuto sull’errore compiuto a suo tempo lasciando che Hamas prosperasse impunemente giacché era una «forza religiosa» che alla lunga - si pensava - avrebbe creato grane al laico movimento palestinese? Si sono cresciuti la serpe in seno, i dirigenti israeliani, e si stenta a capire perché il fanatismo terrorista di Hamas debbano ora pagarlo i poveri palestinesi che si vedono sempre più vessati, dopo 35 anni di occupazione non proprio all’acqua di rose. La sentenza dell’Aja che esalta la Lega Araba (farebbe bene a tacere, oggi, così come ha fatto ieri quando, invece, doveva parlare e chiaro e forte) è veramente aria fritta. Nobile finché si vuole ma aria fritta: non risolve nulla. Forse, paradossalmente, aggrava la situazione. Bush in piena corsa elettorale «non può» nemmeno alzare il ditino: nessun candidato alla Casa Bianca è stato mai così pazzo da urtare Israele sotto elezioni. Bush è messo male: non può premere su Israele (né ammorbidirsi al Consiglio di Sicurezza), non riesce a sistemare l’Iraq e quindi deve tenersi buoni gli arabi. Corre il pericolo che la vitale Area del Petrolio diventi un pantano islamista dove c’è il rischio di impantanarsi. Ultimo ma non meno importante: anche se (si fa per dire) Bush figlio tagliasse i fondi a Israele come già fece suo padre, non per questo la leadership israeliana mollerebbe. «Il mondo deve sapere - mi disse Golda Meir or è tant’anni - che non accetteremo mai diktat: non ci spaventa l’idea di mangiar solo pane e cipolle». Segue il commento della nostra corrispodente Deborah Fait: La corte internazionale dell'Aja ha letto la sua sentenza! Pollice verso per Israele. Smantellare la barriera di sicurezza perche' contraria al diritto internazionale e perche' , secondo i giudici dell'ONU, non e' un deterrente del terrorismo.
E Israele ringrazia.
Da quando c'e' la barriera il terrorismo e' a crescita zero, e' diminuito del 90% non perche' non ci siano piu' terroristi ma perche' non passano piu'. La barriera salva le vite degli israeliani, dunque vi siete sbagliati signori giudici! Mentre voi della Corte leggevate il vostro responso in Israele si piangevano i morti innocenti, i bambini bruciati vivi, le famiglie distrutte e in alcuni casi scomparse del tutto. Mentre leggevate la vostra iniqua sentenza, signori giudici, Israele capiva una volta di piu' di essere l'unico paese al mondo di cui non si vuole riconoscere il diritto all'esistenza.
E Israele ringrazia.
I giudici dell'ONU, sprezzantemente, non hanno tenuto conto dei dati che si possono leggere sul sito del Governo di Israele, dati chiari e lampanti: Negli undici mesi trascorsi dalla costruzione del primo segmento di barriera all'inizio del mese di agosto 2003, fino alla fine di giugno 2004, i gruppi terroristici che fanno base in Samaria (Cisgiordania settentrionale) sono riusciti a realizzare solo tre attentati mortali all'interno di Israele. Tutti e tre questi attentati sono stati realizzati nella prima metà del 2003, causando 26 morti e 76 feriti o mutilati. (In due casi, i terroristi erano penetrati in Israele dalla Cisgiordania settentrionale attraverso punti in cui la barriera non era ancora completata; nel terzo caso, una donna terrorista era entrata attraverso il passaggio di Barta'a, utilizzando un passaporto giordano). Per contro, durante i 34 mesi precedenti, dallo scoppio delle violenze palestinesi nel settembre 2000 fino all'inizio della costruzione della barriera difensiva verso la fine di luglio 2003, i gruppi terroristici con base in Samaria avevano realizzato 73 attacchi mortali (attentati suicidi, sparatorie, auto-bomba) all¹interno di Israele, provocando 293 morti e 1950 feriti o mutilati. Di questi 73 attentati, 32 (per un totale di 45 morti e 723 feriti o mutilati) erano stati realizzati dopo l'inizio dell'Operazione Scudo Difensivo (31 marzo 2003) con la quale le Forze di Difesa israeliane erano state rischierate in tutta la Cisgiordania per la prima volta dopo i ritiri del 1994-1999.
Il confronto fra i dati sopra citati mostra dunque un calo di poco più del 90% nel numero di attentati nella parte di Israele protetta dalla barriera: da una media di 26 attentati all'anno prima della barriera, a una media di tre attentati all'anno dopo la barriera. A questo calo, corrisponde una diminuzione di più del 70% nel numero di israeliani uccisi negli attentati: da una media di 103 all'anno prima della barriera a una media di 28 dopo la costruzione della barriera. Analogamente, il numero di feriti e mutilati è diminuito di più dell'85%: da una media di 688 all'anno prima della barriera a una media di 83 dopo la barriera.
Quindi, alla luce di questi dati statici, possiamo tranquillamente affermare che i giudici della Corte dell Aja non riconoscono a Israele nemmeno il diritto alla difesa.
E Israele ringrazia!
Quando si e' aperto il processo il gruppo israeliano Zaka, con l'aiuto degli Evangelici, ha portato davanti al tribunale dell'Aja l'ultimo autobus esploso, un ammasso di lamiere contorte dentro le quali erano rimaste imprigionate e bruciate vive decine di vittime innocenti. Lo avranno visto i giudici? Lo avranno guardato bene? Avranno pensato ai loro figli vivi mentre i bambini degli israeliani contro i quali avrebbero legiferato erano morti assassinati da bombe umane? Avete pensato a questo signori giudici? Credo di no e per questo, per questa vostra mancanza di umanita'
Israele ringrazia.
Quattro anni fa Israele, incredulo, si era visto aggredire dalla piu' feroce e tremenda guerra di terrorismo mai vista al mondo. Migliaia di attentati, quotidianamente saltavano per aria autobus , ristoranti, bar, stazioni degli autobus. Nessuno in Israele era sicuro, chi usciva di casa non sapeva se vi sarebbe ritornato vivo, nessuno sapeva se avrebbe rivisto i figli o i genitori. I funerali , le lacrime, la disperazione scandivano la nostra vita. Ogni giorno per quattro lunghi. Il terrore, il panico erano i nostri sentimenti. Ogni giorno per quattro lunghi anni. In questo periodo Israele, difendendo il suo diritto alla vita colle unghie e coi denti e col suo valoroso esercito, e' riuscita a sgominare le organizzazioni del terrore. Arafat, il mandante, e' stato imprigionato a Ramallah, i capi piu' pericolosi sono stati ammazzati e arrestati. Ci siamo difesi strenuamente per la sopravvivenza e abbiamo vinto.
Abbiamo vinto la sesta guerra per l'annientamento ma abbiamo fatto i conti senza l'oste perche' le vittorie di Israele chiamano sempre odio, odio implacabile e rabbia, rabbia feroce. Questa vittoria di Israele sul terrorismo palestinese non e' stata accettata dal mondo, gli e' rimasta la' come un cipollone che non va ne' su ne' giu' e ci ha fatto capire quanto il cipollone sia duro da digerire condannandoci per l'ennesima volta. Hanno dato un'altra vittoria ai nostri assassini, hanno voluto far vincere Arafat che infatti sta gongolando felice di non essere stato tradito dei suoi amichetti. Il terrorista piu' coccolato del mondo e' soddisfatto di voi, giudici dell'Aja. Non lo avete deluso. Gli avete dato nuova linfa vitale, gli avete coperto le spalle, avete giustificato e approvato i suoi crimini. Avete stretto la sua mano sporca di sangue. Giudici dell'Aja, avete sputato, insieme a lui, sui nostri morti.
E Israele ringrazia. Su LIBERO il commento di Angelo Pezzana a pag.14
Isreale democratico, esempio pericoloso
Se qualcuno in Europa aveva ancora dei dubbi sul rinascente antisemitismo, la sentenza della Corte internazionale di giustizia dell'Aja ha provveduto a toglierglieli. Una sentenza largamente prevedibile, ma non per questo meno scandalosa. La Corte ha condannato Israele a " rimuovere il muro dai territori palestinesi", negando di fatto ad un paese sovrano e democratico il diritto di difendersi. Poco importa che da quei territori entrassero in Israele terroristi imbottiti di esplosivo per farsi esplodere su autobus, in bar, ristoranti o discoteche, facendo strage di civili innocenti. Mai la Corte, o l'Unione Europea che oggi le fa eco, hanno sentito il bisogno di condannare, con relative sentenze, i gruppi armati che in questi ultimi quattro anni hanno sterminato più di mille civili israeliani innocenti. La voce di Israele non ha mai trovato, non dico solidarietà, ma nemmeno ascolto nei consessi internazionali, ONU compreso, che sono stati capaci soltanto di emettere risoluzioni, e oggi una condanna, contro lo Stato ebraico. Chiedersi perchè non è più oggi una domanda azzardata, a meno che non si voglia buttare in farsa quella che è una vera e propria tragedia. Sono antipatici gli israeliani ? Hanno atteggiamenti ostili nei confronti del mondo intero ? Israele è uno stato guerrafondaio che ha nei suoi programmi l'invasione degli stati confinanti ? Rispondere sì sarebbe grottesco. E allora qual'è quel pregiudizio che porta inevitabilmente a schierarsi contro Israele il mondo arabo oggi, insieme a quell'Europa che non dovrebbe far altro che guardare al suo recente passato per capire che ciò che è già accaduto potrebbe di nuovo ripetersi ? Cosa ha portato l'Europa sessant'anni fa a sterminare sei milioni di ebrei se non il suo mai sradicato antisemitismo, e che oggi, sotto la maschera dell'antisionismo, torna ad affacciarsi fra il consenso e l'incoscienza del mondo occidentale ? Se Israele avesse voluto costruire un "muro" per rinchiudervi i palestinesi avrebbe potuto farlo dopo la guerra dei sei giorni (1967), invece scelse di amministrarli quei territori, nemmeno di annetterli. Territori che nessuno voleva, l'Egitto non voleva Gaza e la Giordania il West Bank, che ha lasciato con profondo sollievo alla responsabilità di Israele, facendo volentieri a meno di qualche altro milione di palestinesi avendone il regno hascemita già fin troppi da governare. Se Israele ha dovuto erigere una barriera per difendere i propri cittadini dal terrorismo di Arafat, Hamas e brigate varie è stato unicamente per motivi di sicurezza e basta. Altro che tentativo mascherato di annessione ! Israele, a differenza dei suoi vicini (ma anche dei suoi lontani) è talmente uno Stato democratico che il governo Sharon ha modificato un pezzo del tracciato della barriera in obbedienza alla sentenza della Corte Suprema di Israele, che aveva accolto una petizione di protesta, perchè, si legge nella motivazione della sentenza, in quel tratto venivano a crearsi gravi ostacoli alla civile convivenza fra i cittadini di Mevassert Zion (una cittadina alle porte di Gerusalemme) ed il vicino villaggio palestinese. Proprio così, succede in Israele, dove la Corte Suprema dà ragione a chi protesta e condanna Sharon che risponde sì, modifico il tracciato. In un mondo dominato dalle dittature, come in larga parte è ancora il mondo arabo, la giustizia che viene praticata è ancora quella sommaria, uno sparo in testa ed il cadavere trascinato per le strade fra le urla selvaggie dei passanti. La democrazia di Israele è un esempio pericoloso e i rais che governano crudelmente i loro popoli lo sanno bene. Per questo vogliono cancellarlo dalla faccia della terra. Ma che l'Europa, di nuovo, si faccia complice di un probabile, futuro genocidio, questo no, è inaccettabile. Per fortuna la politica estera del nostro paese ha voltato pagina e l'Europa non è più quel gigante monolitico, sempre unito a sanzionare Israele e a lisciare il pelo ad Arafat. Il nostro governo faccia sentire la sua voce, si scheri apertamente dalla parte di Israele. Così facendo difenderà anche gli interessi dei palestinesi, costretti ad immolarsi in nome di un fanatismo terrorista. Prima si sconfiggerà il terrorismo, prima cadranno le dittature. Saddam Hussein insegna.
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