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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Avvenire - Il Manifesto Rassegna Stampa
09.07.2004 L'Aja: Israele condannato per legittima difesa?
c'è chi esulterebbe, ma il diritto internazionale consente sentenze più eque

Testata:Avvenire - Il Manifesto
Autore: Graziano Motta - Stefano Liberti
Titolo: «Israeliani»
La sentenza della corte dell' Aja sulla barriera difensiva è arrivata e, come ci si aspettava, è di totale condanna dell'operato di Israele. Tra i giornali che anticipano la notizia ci sono AVVENIRE e il MANIFESTO mentre gli altri probabilmente aspettano il pronunciamento ufficiale che avverrà oggi. Il quotidiano comunista dedica la prima pagina alla condanna del "muro dell'apartheid" ,così lo chiama Stefano Liberti nel suo articolo, una definizione degna della propaganda arafattiana. Il resto dell'articolo è caratterizzato da eccessi di trionfalismo e dalla totale assenza di considerazione, e di partecipazione umana, per il dramma del terrorismo. Le vittime sono state condannate perchè pretendono di difendersi e IL MANIFESTO esulta... Da parte nostra risparmiamo ai nostri lettori la prosa di Liberti.

Su AVVENIRE Graziano Motta compie una lucida analisi dei possibili, ma per lo più poco probabili visto la composizione della Corte, esiti del dibattimento, analizzando le varie posizioni di pensiero giuridico a proposito della barriera. Ecco il pezzo:



Il tribunale internazionale dell’Aja renderà noto oggi il parere sulla legalità o meno della barriera di separazione tra Israele e Territori palestinesi che gli è stato richiesto l’8 dicembre scorso dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Vicenda, questa sull’opportunità o meno di chiamare in causa il Tribunale, che suscitò un ampio dibattito tra i paesi delle Nazioni Unite: si ricorderà che di fronte a 90 sì ci furono 8 no e ben 74 astensioni; queste ultime di paesi preoccupati soprattutto delle influenze negative che il trasferimento della vicenda in un’aula di giustizia potesse avere sulle prospettive del processo di pace, da ricercare nel rifiuto della violenza e per via diplomatica (con la Road Map). Tra questi paesi tutti quelli della UE, che pure il 21 ottobre, dinanzi alla stessa Assemblea generale sollecitata a esprimere una condanna politica della barriera, non esitarono a manifestarla (1444 voti a favore, 4 contrari e 12 astensioni).
Resta il fatto che, avviato il procedimento, ormai da parecchi giorni si dà per scontato il pollice verde dei giudici alla costruzione del muro. Il pronunciamento del tribunale internazionale ha valore consultivo, non costrittivo, ma può diventare un’arma potente della guerra parallela, diplomatica e di immagine che israeliani e palestinesi combattono nelle organizzazioni internazionali davanti all’opinione pubblica mondiale. D’altra parte però la sentenza potrebbe restare lettera morta se approderà in Consiglio di sicurezza: Israele avrebbe già ottenuto un veto sicuro (degli Stati Uniti) a una risoluzione di condanna dello Stato ebraico per il muro.
In ogni caso, oltre alla prevedibile soddisfazione palestinese, e di tutto il mondo arabo e islamico, sono da mettere in conto forti strascichi polemici che potrebbero dilatarsi per il coinvolgimento di diverse scuole dell’etica e del diritto. Alcune schierate a favore della liceità di una barriera che, se pure danneggia, e gravemente, la vivibilità della popolazione palestinese (danno che per giustizia può, anzi deve essere risarcibile) nondimeno preserva dagli attentati la vita della popolazione israeliana.
Altre scuole sostengono che il diritto internazionale non può delegittimare il diritto fondamentale di uno Stato di protegger i propri cittadini dal terrorismo; e sottolineano che questo diritto è stato affermato dall’Alta Corte di giustizia israeliana che pure, valutando altre esigenze ha ordinato modifiche di tracciato o sospensioni di lavori in corso, accogliendo ricorsi di palestinesi che si sentono danneggiati.
Altre scuole affermano che la barriera insiste su un territorio in contestazione, occupato da Isarele nella guerra del 1967, dove vivono palestinesi e dove si sono stabilite comunità ebraiche, senza alcuna violazione di frontiere; per il fatto che queste non sono mai esistite (e potranno essere definite da quel trattato di pace che dovrebbe dar vita allo Stato palestinese).
Secondo altre scuole, infine, la linea di armistizio del 48, rimasta in vigore sino alla guerra del 67, e che ha delimitato regioni in cui la popolazione palestinese è maggioritaria, non può essere in alcun modo alterata da un tracciato di separazione, sia pure a scopi difensivi, sia pure provvisorio, del Paese occupante, anche perché su di esse insistono prescrizioni della Convenzione di Ginevra e di passate risoluzioni ONU.
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