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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Manifesto - Rainews 24 Rassegna Stampa
09.07.2004 Disarmare Israele, lasciare che si armino i suoi nemici
la tesi del quotidiano comunista e del notiziario Rai

Testata:Il Manifesto - Rainews 24
Autore: Manlio Dinucci - una giornalista
Titolo: «La bomba atomica israeliana resta segreta - Visita El Baradei in Israele»
La visita di El Baradei in Israele sembra essere stata per alcuni giornali un fallimento completo a causa dell'intransigenza del governo israeliano, che non ha permesso al capo dell'agenzia atomica di visitare la centrale di Dimona. Questo è il caso del MANIFESTO e di RAINEWS 24 che piangono per le mancate formali richieste di disarmo a Israele.
Sul MANIFESTO l'articolo di Manlio Dinucci muove dal rifiuto anche solo di prendere in considerazione le ragioni di Israele. Il giornalista si domanda in particolare come mai l'agenzia atomica applichi diversi standard nei confronti di Israele e dell'Iran, asserendo che questa sarebbe la dimostrazione della resa incondizionata dell'agenzia alle pressioni americane. Ci preme allora ricordare che la suprema guida della teocrazia oscurantista iraniana, l'ayatollah Khamenei, ha recentemente dichiarato con soddisfazione che una sola bomba atomica sarebbe sufficiente per cancellare dalla faccia della Terra l'entità sionista.

Sulla stessa linea di quanto scrive il manifesto paiono essere le esternazioni di una giornalista da studio di RAINEWS 24 la quale, nell'edizione mattutina delle 5 e 30 affermava che " Israele non ha mostrato a El Baradei la centrale di Dimona con la solita vecchia scusa di essere circondato da vicini nemici". Che per ben quattro volte in cinquanta anni hanno tentato di distruggerlo e che tuttora fanno del loro meglio per riuscirci aggiungiamo noi.

Di seguito riportiamo il testo dell'articolo del MANIFESTO:

Nella sua visita in Israele - titola la Associated Press (8 luglio) - il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Mohamed ElBaradei, «ha visionato il reattore nucleare di Dimona». Nel testo si chiarisce però che non l'ha ispezionato e neppure osservato da vicino, ma solo «visto durante un volo sul paese». E' scritto proprio così. La notizia è emblematica: la massima autorità dell'agenzia delle Nazioni unite che ha setacciato l'Iraq alla ricerca di inesistenti armi nucleari, che tiene sotto stretta osservazione l'Iran e altri paesi per accertarsi che non le costruiscano, quando entra in Israele non ha più alcuna autorità. E' ridotto alla stregua di un semplice turista che per caso, dall'alto, vede in lontananza uno strano edificio. Eppure il capo della Aiea sa bene, come lo sanno tutti i governi membri delle Nazioni unite, che in quell'edificio vi è il cuore del programma nucleare militare israeliano.

Come riporta la stessa Associated Press, «gli esperti affermano che Israele può avere anche 300 testate nucleari e la capacità di costruirne altre in modo ancora più rapido». Secondo l'autorevole rivista Jane's infatti, il suo arsenale ne comprende circa 400 per una potenza complessiva di 50 megaton, equivalente a 3.850 bombe di Hiroshima. Si tratta di armi sia termonucleari di grande potenza, sia «tattiche» di minore potenza, tra cui bombe al neutrone.

Il direttore della Aiea non solo non ha potuto avvicinarsi al centro nucleare di Dimona, ma neppure a Mordechai Vanunu, il tecnico israeliano che nel 1986 portò le prove che a Dimona si stavano costruendo armi nucleari e, per aver rivelato ciò che già tutti i governi sapevano, è stato condannato a 18 anni di carcere. Vanunu, ora di nuovo «libero» (in realtà ancora sequestrato in Israele dopo tutti gli anni passati in carcere), ha chiesto di essere ascoltato dalla delegazione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ma il suo portavoce, Mark Gwozdesky, ha risposto: «Siamo qui come ospiti della controparte israeliana e non abbiamo intenzione di interferire su Dimona o su persone che non abbiamo in programma di incontrare» (The Washington Times, 8 luglio). E' come se, nel campo del diritto penale, una persona a conoscenza dei fatti si offrisse di testimoniare e il magistrato inquirente al quel punto rifiutasse di ascoltarla.

Al termine della visita, nel disperato tentativo di mostrare qualche risultato, il direttore della Aiea ha riferito che il primo ministro israeliano Sharon si è detto «pronto a discutere sulla costituzione di una zona libera da armi nucleare in Medio Oriente» (AP, 8 luglio), collegando però tale possibilità al «progresso della road map», ossia del «piano di pace sostenuto internazionalmente», che lo stesso Sharon ha fatto fallire.

Il governo israeliano ha così dimostrato ancora una volta di potersi sottrarre, soprattutto grazie al sostegno statunitense, a quelle norme del diritto internazionale che vengono invece fatte valere per altri. Mantiene così la sua «ambiguità strategica»: ufficialmente non ammette né nega di possedere armi nucleari, nei fatti continua a costruirle e potenziarle.

Se fosse realmente disponibile a una trattativa per creare in Medio Oriente una zona libera da armi nucleari, dovrebbe ammettere di essere l'unico, in Medio Oriente, a possedere realmente tali armi - dopo tante campagne menzognere sulle armi di distruzione di massa altrui - che tiene puntate sugli altri paesi della regione; dovrebbe firmare il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, che gli altri governi hanno sottoscritto; dovrebbe aprire i propri impianti nucleari, come hanno fatto gli altri, alle ispezioni della Iaea; dovrebbe infine smantellare il proprio arsenale nucleare.

In una intervista al quotidiano israeliano Haaretz (8 luglio), il direttore della Aiea ha detto che sta lavorando per un «compromesso», sulla cui base Israele e i paesi arabi e musulmani potrebbero concludere «un realistico accordo per la sicurezza che non includa la bomba (ossia l'arsenale nucleare israeliano, n.d.t.) quale parte di qualsiasi processo di pace». L'Iran e gli altri paesi della regione dovrebbero quindi accettare «un accordo per la sicurezza», che lascerebbe puntati su di loro i missili nucleari israeliani, impegnandosi allo stesso tempo a non costruire armi nucleari mentre Israele continua a potenziare le proprie.

Davvero singolare questo ruolo delle Nazioni unite su un tema così drammatico e decisivo. Non si capisce a questo punto infatti perché lo si dovrebbe definire un «compromesso», e non una resa incondizionata.
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