Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La democrazia irachena e le mire egemoniche iraniane analisi su due paesi chiave per il nuovo Medio Oriente
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Fiamma Nirenstein - un giornalista Titolo: «Il contagio sulla regione della riforma e della democrazia - Un pezzo di Iran vuole avvicinarsi alla Nato che si avvicina all'Iraq»
Su La STAMPA una analisi di Fiamma Nirenstein dedicata agli effetti potenzialmente dirompenti, e positivi, che l'esperimento democratico in Iraq potrebbe avere sull'intero Medio Oriente.
Anche se le preoccupazioni sono grandi, pure è una svolta monumentale quella su cui il Medio Oriente si affaccia col passaggio dei poteri e l’imminente esposizione dei crimini di Saddam Hussein. Il monito a tutte le dittature sarà potente. Intanto, quali che possano essere gli immanacabili attacchi terroristi, vedremo un popolo arabo guidato da una leadership shiita che combatte con le unghie e con i denti per la democrazia. Sarà uno spettacolo di impatto inusitato. L’area che è la casa degli arabi, dei turchi, dei persiani e degli ebrei sarà ulteriormente rivoluzionata, anche se più lentamente. Tutte le autarchie circostanti lo sanno e pensano come procurarsi un’autogestione indolore, abbastanza convincente per Usa e parte dell’Europa, che vedono nella democratizzazione l’arma migliore per battere la minaccia mondiale del terrorismo: nelle reazioni della Lega Araba, del ministro degli Esteri egiziani Ahmed Maher, dei giordani, nei giornali siriani e libanesi, e persino da parte del governo iraniano, non c’è chi non saluti con rispetto gli eventi in corso e Iyad Allawi. La guerra comunque ha aperto un capitolo nuovissimo: riforme e democrazia sono un capitolo su cui nessuno osa più far finta di nulla. Yemen, Egitto, Giordania, Qatar, tutti hanno tenuto quest’anno conferenze sulla democratizzazione, si sono avute timide riforme, la Lega Araba dibatte il tema, mentre G8, Nato, Onu, tutti affrontano questa questione mai enunciata prima. L’Egitto ha anche iniziato un lavoro di mallevadoria fra Israele e palestinesi in cui si può scommetere che altri vorranno essere coinvolti. Gli ajatollah e i siriani in particolare sono molto preoccupati, e ne danno segno. Certo, il terrorismo interno e internazionale ce la metterà tutta per bloccare la grande locomotiva che ancora sbuffa in stazione, per mantenere in sella i dittatori. I tempi sono duri, ma l’idea che la pace ci sarà solo se il terrorismo perde la sua origine totalitaria per ora è la strategia dominante, anzi, unica. Lo si è visto a Ankara nei discorsi di Blair e di Bush. Sul FOGLIO di oggi, in prima pagina un articolo analizza la situazione interna iraniana dove, accanto alla corrente conservatrice che esprime la sua contrarietà all'ingresso della Nato in Iraq, c'è chi vede nell'alleanza atlantica uno strumento per allargare la sfera d'influenza del regime su tutta la regione. Ecco come.
Roma. Fustigata per le ambizioni nucleari e le nefaste ingerenze in Iraq, Teheran ha risposto bellicosa alle accuse provenienti da Istanbul, vaticinando inevitabile disfatta per l’Alleanza. "La Nato non è la benvenuta in medio oriente", ha sentenziato il ministro degli Esteri, Kamal Kharrazi, mettendo in guardia l’Alleanza che il coinvolgimento annunciato in Turchia "non porteràniente di buono" e che "un eventuale invio di truppe sarà del tutto inutile". Ma dietro l’ufficialità, la disapprovazione iraniana è tutt’altro che granitica e la lobby isolazionista dei pasdaran, che pur guadagna terreno, se la deve vedere con quella dei falchi pragmatici che tesse la tela e sogna un invito al tavolo di Istanbul. Perché nonostante le obiezioni di quanti a Teheran guardano alla Nato come al cavallo di troia di Washington, l’Iran ha ragioni poco ideologiche e molto strategiche per cercare una sponda con l’Alleanza. Piace a Teheran la prospettiva di un passaggio di consegne in Iraq che indebolisca il predominio anglo-americano a vantaggio di una coalizione multilaterale in linea di principio meno avversa al ruolo di potenza regionale di Teheran. E’ nella prospettiva di un consolidamento della sua influenza internazionale che la Repubblica islamica, impegnata nella ricerca di nuovi alleati dall’India al Caucaso, farebbe bene a costruire un ponte con l’Alleanza. Ankara ne fa già parte, Mosca gode di un rapporto contraddittorio ma privilegiato, Islamabad intensifica i contatti e dal Caspio all’Asia centrale l’ombrello della Nato copre, seppur parzialmente, l’Ucraina, l’Armenia, l’Azerbaigian, l’Uzbekistan e la Georgia. Una regione d’interesse strategico, fulcro di una competizione antica tra Teheran e Mosca, rinvigorita in questi anni da progetti rivali per il passaggio di gasdotti e oleodotti, e lo sfruttamento del ricco bacino del Caspio. Stabilendo buoni rapporti con la Nato, l’Iran può, se non far volgere le rotte a proprio vantaggio, almeno ostacolare la corsa di Mosca e di Ankara, presentandosi come un alleato meno controverso da Baku a Erevan. Un disegno ambizioso, considerato vitale per il futuro energetico del paese, cui lavorano da anni, i pragmatici della sacra patria islamica rivoluzionaria. Infaticabile avvocato della causa dell’avvicinamento all’alleanza è Mohammad Javad Larijani, fidato consigliere dell’ayatollah Khamenei, che già nel 2000, in un incontro con l’ambasciator belga Guillame Matin, sottolineava l’esigenza di affiancare alla cooperazion con l’Ue , quella con la Nato: "Auspichiamo un incontro con il segretario generale dell’Alleanza per uno scambio di idee sulla nuova carta e sulle performance militari". Falco tra i riformisti e riformista tra i falchi Falco tra i riformisti e riformista tra i falchi, il 2001 e il 2003, l’ambizioso Larijani (tra i papabili alla presidenza insieme al fratello Ali e all’alleato Hassan Rowhani) ha innumerevoli volte descritto l’obiettivo di agganciare la Nato come una priorità strategica. Nel febbraio 2003, il sogno è divenuto realtà e Kharrazi ha presenziato come osservatore al summit Nato di Monaco: occasione impagabile per sondare il terreno con Lord Robertson e rinsaldare i buoni rapporti con gli omologhi Jack Straw, Joschka Fischer e Dominique de Villepin. Alla vigilia della guerra, l’appuntamento si rivelò un’opportunità per rassicurare la delegazione statunitense sulla benevola neutralità di Teheran nel caso di un attacco contro Baghdad. L’illusione riformista era già all’epilogo, ma la Repubblica islamica mostrava il suo volto più flessibile: solidale con le obiezioni del vecchio continente e possibilista con i piani del nuovo, disponibile, sempre compiacendo, a trattare. Poi la neutralità attiva di Teheran si è dimostrata meno benevola del previsto e i pasdaran entrati in massa nel Majlis (il parlamento iraniano) ora mostrano i pugni, spingono per il confronto e giocano l’usurata ideologica antioccidentale. Indebolito, il partito realista della trattativa non ha tuttavia perso le frecce più importanti. "Il multilateralismo è il modo più efficace per risolvere i problemi", ha confermato ieri Kharrazi in visita in Messico, riaprendo uno spiraglio a un accordo con l’Alleanza. Del resto la politica iraniana, sospettosa della cooperazione con i rivali turchi e poco incline a quella con gli arabi, ha recentemente tratto più di un beneficio dalla liaison con gli europei. Perché se è vero che a Teheran è scoccata l’ora delle recriminazioni contro la debolezza anglo-franco-tedesca all’Aiea, è vero anche che è proprio grazie alle armi seducenti del dialogo con Londra, Parigi e Berlino, che l’Iran ha potuto guadagnare un nucleare. I pragmatici insistono: la Nato potrebbe avere molto da offrire a Teheran. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa e del Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.