Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Giornali a confronto dopo la sentenza della Corte Suprema
Testata:Informazione Corretta Autore: la redazione Titolo: «Sentenza della Corte suprema israeliana»
I principali quotidiani italiani scrivono oggi della sentenza della Corte Suprema israeliana, che, considerando la richiesta congiunta di un gruppo di israeliani e palestinesi, ha deliberato lo spostamento di 30 km della barriera difensiva per ridurre l'impatto negativo che questa, nella zona specifica, provocava ai palestinesi.Il criterio seguito dalla Corte è stato quello della proporzionalità tra le esigenze di sicurezza degli israeliani e i diritti di proprietà dei palestinesi; è stata invece decisamente rifiutata la tesi palestinese della natura politica della barriera, indicata dall'ANP come confine arbitrariamente tracciato oltre la linea verde.Secondo la Corte la barriera ha una finalità difensiva, e la sua legittimità è confermata dalla sentenza. Ecco come i quotidiani hanno riportato la notizia.
Su REPUBBLICA, a pagina 18, Alberto Stabile scrive un lungo articolo, "Israele, la corte ridisegna il muro" dove si sofferma principalmente sulle conseguenze della decisione della Corte Suprema nel processo farsa dell'Aja, la cui sentenza è prevista per il 9 luglio. Successivamente, riportando le parole di Abu Ala, dà ulteriore spazio alla tesi secondo cui la barriera difensiva non fa altro che far "soffrire i palestinesi".Tutto questo, assieme alla pretesa che l'indipendenza della magistratura israeliana sia stata messa in discussione dal proscioglimento di Sharon, della cui colpevolezza Stabile deve essere evidentemente certo a priori, rende il pezzo fazioso.
Su LA STAMPA, a pagina 12 , al di là del titolo altisonante e fazioso " Spostate il Muro, fa troppi danni" che viene dato al pezzo di Aldo Baquis (che riproduciamo più avanti), troviamo una cronaca corretta ed esauriente dove vengono spiegati tutti gli aspetti della vicenda, compresa l'ovvia considerazione, taciuta dalla maggior parte dei quotidiani, che lì dove la barriera difensiva esiste gli attentati si sono drasticamente ridotti.
Su AVVENIRE, a pagina 6, vengono pubblicati in merito alla sentenza due articoli di diversa impostazione. Nel primo, "I giudici spostano il muro" Graziano Motta riferisce accuratamente sulle ragioni che hanno indotto la Corte Suprema a pronunciarsi in tal modo e su quali conseguenze una decisione del genere provocherà a livello politico. Nel secondo articolo, "Palestinesi contenti a metà: bisognava abbatterlo" Francesca Fraccaroli riporta le reazioni dei palestinesi, in primis quella di Abu Ala, che paiono improntate all'insoddisfazione e alla ripetizione degli slogan contro quello che la propaganda terrorista definisce, stizzita per le difficoltà che esso crea alle operazioni stragiste contro Israele, " Muro dell'Apartheid". Singolare il contrasto tra il tono accorato e umanitario di questo pezzo e quello da fredda analista strategica, persino ammirata dall'abilità degli "artigiani" palestinesi che costruiscono i razzi Qassam e dalla capacità dei terroristi di portare "la tensione e l'ansia fin dentro l'ufficio di Sharon", che la stessa giornalista adotta nel pezzo "Il missile fai-da-te che spaventa Sharon" (in fondo alla stessa pagina), dedicato alle migliorie tecniche apportate ai missili la cui "caduta", viene distaccatamente ricordato all'inizio dell'articolo con una singolare scelta semantica, ha "causato la morte" di due israeliani a Sderot, tra cui un bambino di quattro anni.
EUROPA dedica poco spazio alla vicenda, tuttavia non perde l'occasione di dimostrare la propria faziosità. Filippo Cicognani, dopo un breve accenno alla vicenda della sentenza, dove viene dato spazio esclusivamente alle reazioni dei palestinesi, si sofferma sulla visita del ministro degli esteri francese Michel Barnier, dipinto come il salvatore di Arafat e dei palestinesi. Una scelta strana questa del quotidiano della Margherita ma conforme alla linea del quotidiano ex-democristiano, un tributo ai cugini d'oltralpe che, secondo Cicognani sarebbero super partes poichè in passato furono benevoli verso Israele ( fino al 1967). Una logica che non sta in piedi dettata dalla necessità di attaccare Israele sempre e comunque.
IL FOGLIO,nell'articolo "La barriera di Israele devia verso il governo di unità nazionale", a pagina 3, dopo aver ben spiegato le ragioni del pronunciamento della Corte, dà ampio spazio alle conseguenze che questa decisione avrà sul fronte della politica interna israeliana nell'ipotesi di un nuovo governo di unità nazionale. Un articolo corretto e accurato.
Sul CORRIERE DELLA SERA, a pagina 13 Fabrizio Roncone nel pezzo "I giudici di Israele: «Cambiate il tracciato del muro»" scrive una cronaca quasi priva di riferimenti ai costi umani del terrorismo, che la barriera ha contribuito a ridurre. La barriera difensiva secondo Roncone è costituita da "settecento chilometri di cemento, che a tratti lascia il posto ad un filo reticolato", quando, esattamente al contrario, il tratto di cemento si estende per poco più di 8 chilometri, e tutto il resto della barriera è un reticolato. Tale "massiccia e lugubre" costruzione sarebbe stata voluta dalle autorità militari per "proteggersi dagli attacchi dei kamikaze". Per proteggersi, non per proteggere la popolazione civile che di quegli attacchi è il bersaglio... Interessante invece l'intervista di Davide Frattini a Yossi Klein Halevi, "Le democrazie in guerra devon fare scelte difficili", che sottolinea come questa sentenza testimoni ancora una volta della natura democratica di Israele e degli alti standard morali mantenuti dal paese anche nel corso di una crudele aggressione terroristica.
Per l'articolo a pagina 3 del RIFORMISTA, per il quale "Sharon inciampa nel caso Beit Surik", la barriera serve a difendere il "gabinetto Sharon" e la sentenza è storica perchè per la prima volta equipara i diritti dei palestinesi a quello degli israeliani alla sicurezza. Ma in realtà non c'è discriminazione nel considerare il diritto a non esere uccisi prioritario rispetto a quelli alla proprietà o al movimento.
Sul MATTINO un'intera pagina (la ottava che riproduciamo più avanti) e un articolo di Michele Giorgio, fazioso come sempre, fin dal titolo: "Israele, una breccia nel Muro dell’odio". A dir poco ignobile. Il tutto affiancato da un trafiletto (in alto a destra), "Diritti umani: Tel Aviv sotto accusa", che serve a rendere più corposo l'atto d'accusa contro Israele. A leggere la didascalia della foto, inoltre, il "muro" è stato costruito dagli "israeliani per isolare i palestinesi", nessun cenno al terrorismo.
Riportiamo l'articolo pubblicato su LA STAMPA di Aldo Baquis: GERUSALEMME
La Corte suprema di Gerusalemme ha inferto ieri un duro colpo alla Barriera di separazione con la Cisgiordania, voluta dal premier Ariel Sharon per arginare il terrorismo palestinese: ha stabilito che dovranno essere riesaminati e spostati trenta chilometri del suo tracciato nella zona a Nord-ovest di Gerusalemme. I tre giudici - Aharon Barak, Eliahu Matza, Mishael Heshin - hanno infatti trovato «una inaccettabile sproporzione» fra le pur legittime necessità di sicurezza di Israele (che ha avuto 900 morti e 6000 feriti nel corso di 870 attentati palestinesi) e il prezzo che gli agricoltori palestinesi della zona prossima alla linea di demarcazione sono costretti a pagare. Il quadro prospettato dai giudici è fosco. I pozzi d'acqua di otto villaggi dove abitano 35 mila palestinesi, non potranno più essere raggiunti. Migliaia di ulivi sono già stati sradicati o rischiano di esserlo presto. Uno di questi villaggi sarà interamente circondato dalla barriera. Diversi villaggi diventeranno irraggiungibili anche alle ambulanze. I loro abitanti troveranno molto difficile raggiungere i centri urbani più vicini: Ramallah e Bir Naballah. Ai responsabili militari i giudici di Gerusalemme hanno detto che è ingiusto far pagare agli agricoltori palestinesi il prezzo della lotta israeliana al terrorismo. E che adesso è necessario fare due cose urgenti: individuare un nuovo tracciato, meno penalizzante per quegli agricoltori, e provvedere ai risarcimenti per i danni già inflitti. La sentenza dei giudici è stata accolta con assoluto stupore dai responsabili dell'esercito, che temono che i tempi di costruzione della Barriera saranno adesso molto piu lunghi del previsto. Di certo, la sentenza rappresenta un precedente e d'ora in poi gli appelli alla Corte Suprema si moltiplicheranno. La costruzione di ogni nuovo chilometro diventerà sempre più difficile. «Un vero peccato - osservano i militari - perché la barriera, laddove è già stata completata, impedisce attentati e salva vite umane». I giudici Barak, Matza e Heshin ammettono nella loro sentenza di aver messo i bastoni tra le ruote - almeno nel breve termine - a chi in Israele lotta contro i terroristi dell’Intifada. «Viviamo in una torre di avorio. Ma questa torre si trova a Gerusalemme e sappiamo bene che cosa sia il terrorismo sfrenato dei palestinesi», scrivono i giudici. Eppure nel lungo termine la lotta al terrorismo deve essere condotta solo entro i limiti imposti dalla stato di diritto. «Solo un tracciato della barriera che sia basato sul diritto - scrivono - porterà lo Stato di Israele verso l’agognata sicurezza». Eppure i giudici non sono stati del tutto insensibili alle esigenze politiche del governo Sharon. Su un punto centrale hanno respinto l'appello degli agricoltori palestinesi, secondo i quali la confisca delle loro terre era illegale perché motivata non da necessità impellenti di sicurezza, bensì da fini politici: ossia dalla asserita volontà di Israele di annettere terre cisgiordane per alterare unilateralmente le linee di demarcazione in vigore con la Cisgiordania fino alla guerra dei sei giorni del 1967. I giudici hanno respinto questa interpretazione e hanno confermato che il comandante militare della zona è autorizzato a confiscare terre necessarie alla costruzione della barriera, pur nel rispetto dei diritti umani degli abitanti. La sentenza è stata accolta con grande gioia dagli agricoltori palestinesi direttamente interessati, mentre il premier palestinese Abu Ala si è mostrato molto più critico. «I giudici - ha detto - avrebbero fatto meglio a sottolineare che si tratta di un vero e proprio Muro dell'apartheid, che merita di essere smantellato del tutto, e non spostato». Intanto si però si attende la risoluzione della Corte internazionale di giustizia dell'Aja, che pure ha esaminato la legalità del Muro di separazione, su richiesta delle Nazioni Unite. Israele ha boicottato i dibattiti, ritenendo che i giudici dell'Aja non abbiano la capacità necessaria per esaminare le esigenze di sicurezza dello Stato ebraico. Di conseguenza, il Ministero israeliano degli Esteri teme adesso che il 9 luglio la Corte dell'Aja aggiungerà la propria condanna alle severe critiche già espresse ieri dalla Corte di Gerusalemme. E quelli del MATTINO: Israele: una breccia nel muro dell'odio
Gerusalemme.Con una sentenza a sorpresa ieri la Corte Suprema di Gerusalemme ha ordinato alle forze armate israeliane di individuare un nuovo percorso per un tratto di 30 chilometri del «muro di separazione» attorno a Gerusalemme, perché quello che è in fase di costruzione provoca enormi disagi ai civili palestinesi. Il nuovo tracciato - sostiene la Corte - dovrà garantire la sicurezza dei civili israeliani dalla minaccia degli attentatori suicidi e, allo stesso tempo, condizioni di vita accettabili per i palestinesi. Pur rappresentando un precedente importante, destinato ad influenzare gli altri ricorsi presentati contro la barriera, i palestinesi non cantano vittoria. Su un punto decisivo, infatti, i giudici della Corte Suprema hanno accolto le tesi ufficiali israeliane: la costruzione del muro, hanno sentenziato, è stata decisa per ragioni di sicurezza e non per «fini politici», ossia per annettere a Israele ampie porzioni di Cisgiordania. In pratica la Corte israeliana ha bocciato in pieno la tesi palestinese secondo la quale dietro questo mastodontico progetto edilizio si nasconda l’intenzione del premier Sharon di creare sul terreno fatti irreversibili. Irritata è stata perciò la reazione del primo ministro palestinese Abu Ala, secondo cui il problema non è il tracciato della barriera, «bensì la stessa costruzione di un muro razzista di separazione, che deve essere smantellato per intero». I palestinesi sperano adesso nel giudizio della Corte di Giustizia dell’Aja che il 9 luglio emetterà il suo verdetto sulla legalità del muro israeliano in costruzione all’interno di un territorio appartenente ad un altro popolo e sotto occupazione militare. La sentenza di ieri avrà comunque effetti positivi sulla vita e l’economia di 35mila palestinesi che vivono a ridosso della «linea verde» che segna il «confine» tra Israele e la Cisgiordania palestinese. I contadini in una decina di villaggi avevano detto ai giudici che le requisizioni di terre ordinate dall'esercito a nord-ovest di Gerusalemme significano per loro la privazione dei pozzi idrici e lo sradicamento di migliaia di ulivi. I loro villaggi diventano inaccessibili per le ambulanze. Argomenti che hanno sconfitto quelli illustrati dai responsabili militari israeliani. L’esercito ha fornito ai giudici dati secondo i quali dall'inizio della rivolta palestinese (settembre 2000) in Israele sono stati compiuti 780 attacchi armati, in cui sono rimasti uccisi 900 civili e militari. Da qui la necessità - è la tesi dell’esercito e del governo - di costruire il muro. I giudici però hanno esaminato villaggio per villaggio, campo per campo e nella maggior parte dei casi sono giunti alla conclusione che il tracciato del muro è inaccettabile perché «non c'è proporzione» fra le esigenze di sicurezza di Israele e il prezzo che i palestinesi sono chiamati a pagare. La sentenza che il governo Sharon e le autorità militari si sono detti disposti ad accogliere, sia pure a malincuore, è stata invece accolta con compiacimento dal ministro della Giustizia Tommy Lapid. «Se il tracciato proposto a suo tempo dal mio partito (Shinui) fosse stato approvato, i responsabili alla sicurezza si sarebbero risparmiati i ricorsi alla Corte Suprema», ha detto.
Diritti umani: Tel Aviv sotto accusa
L'Associazione israeliana per i diritti civili (Acri) ha denunciato le violazioni dei diritti umani subite, a «un livello senza precedenti», dai civili palestinesi in Cisgiordania e a Gaza. Nel suo rapporto annuale, l'Acri ha affermato che «la portata e la gravità delle violazioni dei diritti umani nei territori occupati hanno raggiunto un livello senza precedenti» nel 2003. L'associazione ha puntato il dito in particolare contro l'esercito israeliano, accusato di «aver aperto il fuoco in maniera indiscriminata» nelle incursioni a Gaza, «di avere impedito l'evacuazione dei feriti, e di avere ucciso decine di persone, alcune armate, ma anche bambini, donne e uomini innocenti». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere alle redazioni dei giornali citati per esprimere le proprie opinioni. Gli indirizi e-mail si trovano nella sezione media.