Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Profughi solo palestinesi naturalmente è assente dalla cronaca il terrorismo
Testata:City-Metro Autore: le redazioni Titolo: «La giornata del profugo- Viaggio del cardinale Tettamanzi»
Ieri è stata la "giornata del profugo" Alcuni canali tv e radio hanno affrontato il problema correttamente, intervistando o parlando di diverse etnie che negli ultimi sessant'anni hanno subito espulsioni, persecuzioni dai governi degli Stati in cui abitavano. City invece, come del resto ormai fa sempre, dedica le sue due righe, ma soprattutto la foto con la didascalia ai palestinesi (naturalmente quelli che hanno preferito andare a vivere sotto altre autorità arabe piuttosto che diventare cittadini israeliani. Non invece coloro che furono cacciati dalla Giordania dopo che Arafat aveva tentato il colpo di stato nel 1970 o dal Kuwait dopo che l'OLP si era alleato con Saddam, no quelli non sono comodi da citare) come se tutti gli altri avessero meno importanza. Naturalmente nessun accenno ai profughi ebrei che, perseguitati e cacciati da tutti i Paesi arabi sono ancora in attesa di qualche ricompensa dagli stessi o riconoscimento dalle organizzazioni internazionali. A pag. 2 nella rubrica "i fatti " il seguente articolo corredato dalla foto di una donna che mostra una chiava più grande del suo viso, dal titolo. "Un giorno per 17 milioni di rifugiati"
Um Yousef, profuga palestinese in Giordania, mostra la chiave della casa in cui abitava prima del 1948, quando nacque Israele (foto Reuters). Ieri era la Giornata mondiale del rifugiato: l'Onu ha fatto appello ai Paesi, soprattutto in Africa e Asia, da cui dipende il ritorno a casa di circa 17 milioni di persone.
A titolo di cronaca invece Metro a pag. 6 dedica alla Giornata del rifugiato un articoletto più ampio ed interessante in cui parla di bambini e ragazzi, soprattutto africani, "il cui unico crimine è stato quello di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato". Cita le notizie drammatiche dalla Liberia e dal Ghana. Sempre su METRO un pezzo sul viaggio del cardinal Tettamanzi in Terra santa. Invece Metro dedica il suo livore anti-israeliano ad un'altra notizia. Sempre a pag. 6 un articolo dal titolo: Ebrei e palestinesi insieme per la pace.
Il cammino di pace in Terra Santa del Consiglio delle chiese cristiane di Milano guidate dal cardinale Dionigi Tettamanzi ieri ha fatto tappa in un luogo della speranza. Un po' di luce dopo le visite allo Yad Va-Shem (il memoriale dell'Olocausto), e al campo profughi palestinese di Deishe, dove vivono ammassati 11 mila profughi, che aveva fatto dire a Tettamanzi: "Ma è possibile seminare qui semi di speranza o il terreno è destinato solo a ricevere semi di disperazione?"
L'accostamento è tanto chiaro quanto scorretto: "Gli israeliani di oggi si comportano come i nazisti di ieri. Gli ebrei di allora sono i palestinesi dei campi profughi" Naturalmente sia Tettamanzi che Metro stesso non pensano che sarebe molto più corretto accostare l'immagine dei palestinesi nei campi profughi alle vittime del terrorismo arabo. E che in tutto questo la Shoàh non c'entra assolutamente nulla, ma anzi paragonarla alla situazione di Deishe (senza nulla togliere alla sua drammaticità, che, ricordiamo e sottolineiamo, è dovuta principalmente al comportamento dei "fratelli arabi" egiziani e giordani) costituisce una vera e propria azione di revisionismo storico.
Ieri i 130 delegati hanno visitato il villaggio di Neve Shalom - wahat assalam, "Oasi di pace" in ebraico e in arabo: fondato nel 1972 da padre Bruno Hussar, ebreo per nascita, cattolico domenicano per vocazione, e per scelta anche arabo, ospita 50 famiglie palestinesi e israeliane, ebree, islamiche e cristiane che vivono e lavorano insieme. E altre 300 famiglie chiedono di aderire. A metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv il villaggio è un giardino fiorito. Abed, medico palestinese e Dorit, ebrea, cercano di spiegare il miracolo. "Non siamo ostacolati - dicono - ma nemmeno aiutati dalle istituzioni, questa esperienza di dialogo costa molta fatica". Il cuore della comunità è la scuola. Ai bambini si insegnano insieme le due culture (araba e israelita) nelle due lingue. C'è poi una scuola di pace, rivolta a gruppi provenienti da Israele, da Gaza, dalla Cisgiordania e dal mondo. In serata la delegazione ha incontrato i membri del Parent's Circle, associazione dei parenti delle vittime israeliane e palestinesi che chiedono il reciproco perdono e la fine di violenza. La missione del Consiglio delle chiese cristiane milanesi si propone di portare un messaggio di pace in Terra Santa. Dal nostro inviato Osvaldo Baldacci
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