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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
18.06.2004 Il comandante del gruppo terroristico di Khobar
racconta la storia dell'operazione

Testata:Informazione Corretta
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Servizio Speciale N. 731 – Arabia Saudita/ Jihad e terrorismo»
Riteniamo utile pubblicare la traduzione di documenti divulgati dal sito www.memri.org, l'istituto di ricerca che analizza i media del Medio Oriente, quando essi hanno una attinenza con le tematiche di cui ci occupiamo.
Qui di seguito i lettori troveranno una lunga e prolissa intervista con il capo del commando di terroristi di Al Qaeda che ha ucciso l'italiano Amato.
A metà dell'intervista, che nella sua esaltazione pseudomistica è agghiacciante per la crudeltà delle azioni e per la continua, ripetitiva esaltazione di questa ferocia, i lettori troveranno anche la descrizione dell'uccisione del nostro connazionale, e di come prima di essere ucciso egli abbia dovuto telefonare all'emittente Al Jazeera per descrivere ad un giornalista che capiva l' italiano l'operazione terroristica in corso.

Il comandante del gruppo terroristico di Khobar racconta la storia dell’operazione


Il 18° numero del giornale ‘Sawt Al Jihad’, che si presume faccia capo ad Al Qaeda, contiene un’intervista con Fawwaz bin Muhammad Al Nashami, comandante della Brigata Al Quds, che si è assunto la responsabilità dell’attacco del 29 maggio a Khobar, Arabia Saudita, in cui rimasero uccise 22 persone. Presentiamo brani dell’intervista: (1)



Piano dell’operazione


Sawt Al Jihad: "Sia lode ad Allah (…) che, quando gli venne chiesto: ‘Che cosa, da parte dell’uomo, rende felice il Signore?’, rispose: ‘Che [il credente] si lanci disarmato in un combattimento faccia a faccia col nemico’".



"Con noi, oggi, è il comandante della Brigata Al Quds, che ha portato a termine l’operazione unica per eccellenza nella Penisola Arabica orientale [l’Arabia Saudita], così ci farà conoscere i particolari dell’operazione e quello che realmente accadde. Prima di tutto vogliamo dare il benvenuto al nostro fratello e chiedergli di rievocare per noi alcuni preparativi dell’operazione".



Al Nashami: "In nome di Allah, preghiera e pace per il Profeta: Che Allah vi benedica. Nella battaglia di Khobar, non c’era altra scelta che compiere operazioni suicide. I fratelli tutti, possa Allah preservare quelli che rimangono in vita e accogliere quelli che sono stati uccisi, erano consapevoli che nessuno sarebbe ritornato, che avrebbero dovuto combattere fino alla morte e progettarono così la tattica di gettarsi in mezzo al nemico: i bersagli erano difficili e protetti da misure di sicurezza strettissime".



"In effetti, tutta la zona era come le colonie straniere, come se fosse in un paese occidentale, tanto che non si potevano fare 200 metri senza incontrare armi pesanti, Hummers [veicoli blindati], blocchi di ispezione, armi e truppe armate".



"Grazie ad Allah, i fratelli si erano incontrati e avevano preparato il piano con parecchi giorni d’anticipo. Dopo le preghiere del mattino, avevano rivisto il piano finale. Nel frattempo, nostro fratello Abu Hajar [il comandante qaedista nella Penisola Arabica Abdel ‘Aziz Al Muqrin] mi nominò comandante del gruppo. Non ero qualificato per quest’incarico, ma era una prova voluta da Allah. Nell’incontro coi fratelli, ho spiegato loro gli scopi e il piano dell’operazione, ho mostrato i bersagli e abbiamo una ricognizione, in aggiunta a quella precedente, e abbiamo imparato a memoria i percorsi che portano ai siti".



"Il giorno dell’operazione, ci siamo divisi i compiti finali. Io avrei guidato l’auto; nostro fratello Nimr Al Baqmi [rimasto ucciso nell’attacco], che chiediamo ad Allah di accogliere, era accanto a me; nostro fratello Hussein sedeva dietro e il quarto fratello Nader stava dietro a Nimr. La macchina era una Maxima".



"Alla vigilia dell’operazione, ho messo il congegno esplosivo nella macchina e l’ho riempita di esplosivi, perché il terzo sito, un complesso residenziale, è il più fortificato di tutta la zona orientale. La sua distanza dal palazzo del [Principe Turki bin] Muhammad bin Fahd è di soli 500 metri, ed è noto come centro di massima dissolutezza e prostituzione. E’ una zona molto grande, piena di ville. Porta il nome di [Abdel Aziz] Al Sani’, ma la verità è che appartiene a Muhammad bin Fahd e che si tratta solo di una copertura".



"Il nostro piano era che, una volta finito con i primi due obiettivi, ossia le due compagnie petrolifere, ci saremmo diretti verso il complesso residenziale, dove sarebbero accorse le forze di emergenza, e avevamo deciso che avrei dovuto entrarvi con la macchina per farla saltare in mezzo a loro e aprire così la via ai fratelli".



Sawt Al Jihad: "Che distanza c’era fra quei due complessi?".



Al Nashami: "Di complessi così non ne avevo mai visti in vita mia. Sorgono nell’area della Cintura d’oro, la zona più lussuosa e ricca del distretto orientale, ed è piena di case principesche, come quella dove vive l’Emiro della regione orientale. Abbiamo visto anche marines in divisa uscire da lì. Il complesso è di circa tre chilometri per tre e ha un certo numero di entrate, insomma, è una superficie enorme".



Sawt Al Jihad: "E le compagnie?".



Al Nashami: "La prima compagnia era la Arab Oil Investment Company. E’ una compagnia che appartiene all’americana Halliburton. E’ impegnata in Iraq. Si chiama Arab Oil Investment Company, ma in realtà è costituita da un certo numero di grandi compagnie petrolifere internazionali".



Il primo attacco: "Legammo l’infedele per una gamba dietro la macchina … Tutti hanno visto l’infedele trascinato"



Sawt Al Jihad: "Come avete cominciato?".



Al Nashami: "Siamo partiti da casa esattamente alle sei meno un quarto. Ci siamo avvicinati al luogo, ci siamo cambiati i vestiti, abbiamo allacciato cartucciere e armi e pregato Allah di aiutarci e di facilitarci le cose".



"L’edificio della compagnia ha due entrate e noi ci siamo diretti alla prima. Nostro fratello Nimr e gli altri hanno intimato alla guardia di aprire il cancello. C’era un uomo dietro il cancello. Due del servizio di sicurezza stavano fuori e uno dentro, ed era quest’ultimo che poteva aprire. I fratelli gli hanno detto: ‘Apri il cancello!’, ma lui non l’ha fatto. I fratelli volevano fare irruzione, ma lui si è nascosto dietro il bancone".



"Avevamo fretta perché dovevamo finire con questa compagnia e passare all’altra. Perciò ci siamo diretti all’altro cancello principale, lo abbiamo sfondato e ucciso le guardie che stavano lì".



"Non appena entrati, abbiamo incontrato la macchina di un inglese, il direttore degli investimenti della compagnia, di cui Allah aveva decretato la morte. E’ il suo cellulare, macchiato di sangue sul sedile della macchina, che hanno continuato a far vedere alla televisione. Lo abbiamo lasciato sulla strada".



"Siamo usciti e saliti in macchina. Avevamo legato l’infedele per una gamba dietro la macchina. Lasciato il complesso [della compagnia], abbiamo incontrato delle pattuglie. La prima ad arrivare era una jeep con un soldato e lo abbiamo ammazzato. Con le altre, ci sono stati scontri a fuoco e abbiamo potuto passare".



"Grazie ad Allah, avevamo individuato più di una strada per arrivare al secondo sito. Quando le pattuglie ci bloccarono, non ci fu possibile rifare lo stesso percorso, così facemmo l’altra strada - lungo la costa e poi la via Khobar, ossia l’autostrada Damam - quattro chilometri".



"L’abito dell’infedele si era tutto strappato e lui era nudo per la strada. La strada era piena di gente, era orario lavorativo e tutti potevano vedere l’infedele che veniva trascinato, sia lode e gratitudine ad Allah".



"Arrivati a uno dei ponti, siamo finiti in un agguato, [un mucchio] di jeep di quei cani Tawaghit [le truppe governative saudite] e delle guardie degli americani e con loro c’è stato uno scontro a fuoco. (2) Attraversando il ponte, la corda che teneva legato l’inglese si è spezzata e il corpo dell’infedele è caduto al centro dell’incrocio, fra i quattro segnali di stop, e tutti quelli che si erano fermati allo stop hanno visto l’infedele nel momento in cui cadeva dalla cima del ponte".



"I fratelli avevano ingaggiato uno scontro a fuoco con le pattuglie gridando tutto il tempo ‘Allah Akbar’ e ‘Non c’è altro Dio all’infuori di Allah’".



Il secondo attacco: "Siamo Mujahiddin e vogliamo gli americani (…) Gli abbiamo sparato alla testa (…) Gli abbiamo tagliato la gola"



"Grazie ad Allah, avevamo superato l’agguato e continuato la nostra strada verso la seconda compagnia, la Petroleum Centre, che è in un complesso con molte altre compagnie. Arrivati all’entrata, siamo scesi dalla macchina. Grazie ad Allah, i fratelli erano meravigliosamente calmi e sereni, come se stessero facendo una passeggiata".



"Siamo entrati e abbiamo trovato dei giovani della Penisola Arabica [sauditi] che indossavano la divisa dell’Aramco. Ci hanno chiesto: ‘Cosa succede?’ Abbiamo risposto: ‘State calmi, non abbiate paura, non siete voi che vogliamo. Vogliamo solo gli americani’".



"Siamo entrati tutti e quattro. Abbiamo incontrato impiegati arabi e li abbiamo salutati. Gli abbiamo chiesto: ‘Dove sono gli americani?’. Erano tutti atterriti e dissero: ‘Cosa succede? Chi siete?’. ‘Siamo Mujahiddin e vogliamo gli americani. Non siamo venuti per sparare contro i musulmani, ma per purificare la Penisola Arabica, secondo la volontà del nostro Profeta Muhammad, dagli infedeli e dai politeisti che uccidono i nostri fratelli in Afghanistan e in Iraq. Vogliamo che ci mostriate dove sono’".



"Abbiamo cominciato a salire le scale. L’edificio comprendeva un certo numero di compagnie e c’erano molte porte. Ogni volta che ne aprivamo una, trovavamo un grande spazio e in esso molti uffici e l’ufficio principale con la parete di vetro".



"Entrati in uno degli uffici, abbiamo trovato un infedele americano, che sembrava il direttore di una delle compagnie. Sono entrato nel suo ufficio e l’ho chiamato. Quando si è voltato verso di me, gli ho sparato alla testa e la testa è scoppiata. In un altro ufficio, abbiamo trovato un infedele del Sudafrica e nostro fratello Hussein gli ha tagliato la gola. Abbiamo pregato Allah di accettare questi atti di devozione da parte nostra e da parte sua. Era l’infedele del Sudafrica".



"Usciti dagli uffici, abbiamo trovato nostro fratello, Nimr l’eroe, che stava all’ingresso della compagnia a fare la guardia, bevendo un po’ d’acqua come se fosse in una gita. [Si comportava così] per il suo grande coraggio, che Allah abbia misericordia di lui".



"Abbiamo ripreso la macchina. Stavano accorrendo forze d’intervento per difendere gli americani, forse qualcuno era del corpo dei marines. C’è stato uno scontro a fuoco, il terzo che ingaggiavamo con loro. La loro grande vigliaccheria si rivelava nel comportamento: erano molto lontani e, quando ci siamo avvicinati, hanno continuato a indietreggiare e ad allontanarsi".



Il terzo attacco: "Fratello Nimr gli ha tagliato la testa e l’ha messa sul cancello dell’edificio ( …) Abbiamo trovato tecnici indù e tagliato la gola anche a loro"



"Ci siamo poi diretti al terzo sito, che era l’obiettivo più fortificato di tutti. Il nostro piano era di rimanere sulla macchina fino a quando non avessimo affiancato la Hummer americana. Una volta vicini, i fratelli si sono sporti dai finestrini, gridando ‘Allah Akbar’ e sparando. E ho visto il cranio del soldato che stava dietro la mitragliatrice scoppiare davanti ai miei occhi. Sia lodato Allah. Penso che sia stato ammazzato anche l’autista".



"Il nostro piano originario era di penetrare attraverso il cancello d’uscita e, immediatamente dopo essere entrati, io avrei dovuto far saltare in aria la macchina in mezzo a loro [le guardie], mentre i fratelli avrebbero dovuto irrompere dentro il complesso".



"Non appena arrivati, e superata la Hummer, c’è stata una sparatoria. A uno dei cancelli, Allah ci ha mandato una guardia giurata, che avevamo visto per la strada. Gli abbiamo intimato di aprire il cancello e così non è stato necessario far saltare la macchina".



"Fatello Nimr si aggirava impettito nel complesso. Siamo allora entrati nel complesso dalla via principale. E’ davvero molto grande, lunga vari chilometri e comprende molti edifici".



"Ci siamo diretti verso uno degli edifici. Fratello Nimr, sia la misericordia di Allah su di lui, ha dato spallate contro la porta finché si è aperta. Siamo entrati e abbiamo trovato molte persone. Chiedevamo loro di che religione erano e i documenti d’identità. Abbiamo approfittato di questi momenti per la Da’wa [predicazione dell’Islam] e per illuminare questa gente sul nostro obiettivo. Abbiamo parlato con molti di loro".



"Nel frattempo abbiamo trovato un infedele svedese. Fratello Nimr gli ha tagliato la testa e l’ha messa sul cancello, bene in vista per tutti quelli che entravano e uscivano".



"Continuavamo nella nostra ricerca d’infedeli e quando ne trovavamo gli tagliavamo la gola. Arriva il rumore delle pattuglie e del personale di sicurezza che si radunavano fuori. Questi vigliacchi non avevano il coraggio di entrare. Erano passati 45 minuti o un’ora dall’inizio dell’operazione".



"Abbiamo continuato a setacciare il posto alla ricerca degli infedeli. Abbiamo scovato dei cristiani filippini e tagliato loro la gola, dedicandoli ai nostri fratelli Mujahiddin delle Filippine. Abbiamo trovato anche dei tecnici indiani e anche a loro abbiamo tagliato la gola, sia lodato Allah. Quel giorno abbiamo ripulito la terra di Maometto di molti cristiani e politeisti".



"Poi, ci siamo diretti all’hotel. Appena entrati, abbiamo trovato il ristorante, dove abbiamo fatto colazione e ci siamo riposati un po’. Saliti al piano superiore, abbiamo trovato molti cani indiani e gli abbiamo tagliato la gola. Ho chiesto ai fratelli di lasciarli sulle scale in modo che le truppe dei Taghut li vedessero entrando e che si spaventassero a morte. (3) Ma li avevo immaginati migliori di quello che erano, questi vigliacchi, perché non sono entrati nell’hotel se non dopo che ne eravamo usciti noi".



"Abbiamo impiegato un po’ di tempo per spiegare il Corano ai musulmani rimasti. Abbiamo insegnato loro come leggere [Surat] Al-Fatiha nel modo corretto. Ci guardavano con ammirazione e dicevano: ‘Come potete fare questo in un clima così rovente?’. Grazie ad Allah, che ci ha permesso di fare questo".



"I musulmani indiani ci hanno detto che il loro direttore era un vile che non permetteva loro di pregare e che sarebbe venuto fra poco. Appena arrivato, abbiamo controllato di che religione era sui suoi documenti e lo abbiamo tenuto con noi per un po’ di tempo".



"Ho poi chiamato la televisione Al-Jazeera che ci fece un’intervista che non è stata mandata in onda. Ho detto che stavo parlando dal complesso e che miravamo solo agli infedeli".



"Poi , entrato in una delle stanze, ho guardato le notizie alla televisione che stava riferendo dell’assalto. Erano passate circa cinque ore dall’inizio dell’operazione e stavano annunciando che le forze di emergenza ‘stavano facendo in quel momento irruzione nel complesso’. Assegnai ai fratelli certe posizioni nell’hotel e ci preparammo a respingere un attacco dei cani dello stato. se ci avessero attaccati".



"Alle due, fecero irruzione, guidati da un ufficiale. Li vedevamo dalle nostre posizioni e lanciammo bombe su di loro. L’ufficiale fu ammazzato, grazie ad Allah, e i suoi soldati feriti. I soldati gridavano ai fratelli dietro loro: ‘Vogliamo andar via, in nome di Allah, portateci via, fateci uscire!’ E noi gridavamo: ‘Allah Akbar’ e ‘Allah è il nostro Dio. Voi non avete Dio. Andate all’inferno e infame è il vostro destino!’"



"Nimr, che Dio abbia pietà di lui, ha detto a uno di loro: ’Vieni più vicino, vigliacco, vieni qui!’ Ma lui è scappato".



"Hanno cominciato ha sparare con armi pesanti contro l’albergo e hanno continuato fino al pomeriggio. Nel frattempo abbiamo macellato il vile indiano che ha impedito ai suoi impiegati di pregare. Abbiamo trasferito i musulmani all’ultimo piano per proteggerli da spari e razzi delle forze d’intervento. Noi siamo poi rimasti al pian terreno ad aspettare quei codardi".



"Nostro fratello Hussein era sulle scale e ha visto un infedele italiano. Gli ha puntato contro la pistola e gli ha chiesto di avvicinarsi. L’infedele ha obbedito. Abbiamo controllato i suoi documenti d’identità e deciso di chiamare Al-Jazeera, per farlo parlare alla sua gente e avvertirli riguardo alla guerra contro l’Islam e i suoi popoli, e poi gli avremmo tagliato la gola, un dono sacrificale agli italiani che combattono contro i nostri fratelli in Iraq e al loro presidente idiota che vuole sfidare i leoni dell’Islam".



"Abbiamo chiamato Al-Jazeera e abbiamo detto al presentatore di parlare con lui [l’italiano]. Mi ha chiesto: ‘Parla l’inglese?’ Gli ho risposto: ’Avete un interprete italiano?’ E lui: ’Si’. E gli ho detto: ’Fallo parlare nella sua lingua’".



"L’italiano ha parlato per parecchi minuti. Ho chiesto al presentatore: ’Lo hai registrato?’ Ha risposto: ‘Si’. E poi l’eroe Nimr gli ha tagliato la gola". (4)



Sawt Al-Jihad: "Chiediamo ad Allah di accettare questo dono sacrificale dalle vostre mani. Che cosa è successo dopo?"



Al-Nashami: "Durante tutto questo tempo, siamo rimasti sul chi vive e pronti. Uno dei fratelli ha suggerito di attaccare quei codardi, dato che li abbiamo aspettati per tanto tempo e non sono venuti. Così, abbiamo invocato il consiglio di Allah. Dopo le preghiere della sera, abbiamo invocato Allah. Dopo le preghiere di tarda sera, abbiamo invocato il consiglio di Allah una terza volta". (5)



"Stranamente ci sentivamo assonnati. E la cosa più strana è che ci ervamo sentiti cosi, fin dall’inizio dell’operazione la mattina, e poi ci siamo ricordati delle parole di Allah ‘che vi avviluppa nel sonno [dato a voi da Lui] per la [vostra] tranquillità [Corano 8:11]’ ". (6)



La Fuga



"Dopo la preghiera di tarda sera, abbiamo analizzato la situazione e ci siamo mossi dopo le 9:00. Siamo usciti da un passaggio, l’ultimo al quale il nemico avrebbe pensato, e Allah gli ha annebbiato la vista perché non ci vedesse".



"Siamo saliti su una delle cascate artificiali che danno sulla strada. La distanza da terra era grande, 13 metri. Intorno a queste cascate ci sono alberi alti e, a oltre cinque metri, un muro in cemento che circonda il complesso".



"Il primo a saltar giù è stato fratello Hussein. Aveva lanciato la sua borsa di munizioni, messo il suo Kalashnikov sulle spalle, tirato la cinghia, detto ‘In nome di Allah’ e si è gettato. Quando è atterrato, è rimasto lì scompigliato e uno dei fratelli ha pensato che era morto. Ma per grazia di Allah, il terreno era ammorbidito dall’acqua delle cascate. Così, fratello Hussein è rimasto illeso. Potevamo a mala pena credere ai nostri occhi. Lo abbiamo chiamato e ci ha risposto che era tutto d’un pezzo e in forma. Abbiamo avuto allora la certezza che si trattasse di un grande miracolo di Allah, vista l’altezza di 13 metri. Oh Allah, tu sia lodato!"



"Dopo di che è saltato giù fratello Nader, poi io e fratello Nimr, che Allah lo accolga".



Sawt Al-Jihad: "Allah Akbar (...) Che Allah sia lodato per questo grande miracolo. E ora siete fuori per strada".



Al-Nashami: "Si, siamo ora per strada e gli alberi impediscono a loro di vederci. Tutte le guardie assembrate li fuori erano convinte che stavamo all’interno dell’albergo. Erano quasi le 10:30 di sera ed eravamo molto stanchi e assonnati. Decidemmo di riposarci prima di attaccarli. C’erano solo pochi metri di distanza tra loro e noi, ma Allah nella sua misericordia ha deviato il loro sguardo verso l’albergo e ci ha preparato alberi giganti per farci da schermo. Innanzitutto, non si aspettavano, neppure all’un per cento, che potessimo saltare da un muro tanto alto".



"I fratelli hanno dormito un’ora e io vegliavo su di loro. Tutti i fratelli erano convinti che saremmo stati uccisi [durante l’operazione], ma preferivamo combattere dopo aver riposato. Dopo io ho fatto un sonno, come mai nella mia vita quanto a riposo e serenità, Allah sia lodato".



"Poi abbiamo deciso che saremmo stati noi ad attaccare. Ci siamo riuniti e abbiamo implorato insistentemente Allah con le nostre preghiere affinché ci fornisse un esercito di Suoi ospiti. Il piano era che saremmo usciti all’aperto e avremmo fermato il primo veicolo in vista. Nimr e Hussein avrebbero avvicinato il mezzo e ucciso i cani americani al suo interno.Io sarei andato verso il Hummer e aperto il fuoco per deviare l’attenzione dagli altri e fratello Nader avrebbe portato il resto delle munizioni alla macchina, dato che rallentano la necessaria velocità di movimento. Dopo, presa la macchina, ci saremmo diretti verso lo sbarramento di guardie di sicurezza per affrontarli".





Sawt Al-Jihad:"Secondo la sua stima, quanti soldati c’erano?"





Al-Nashami: "Per la verità c’era un gran numero di forze, mezzi blindati, Hummers e altri veicoli. Avevamo deciso di prendere la macchina perché lo sbarramento di sicurezza era lungo chilometri. Ci voleva una macchina per portare noi e le armi e per far breccia".



"Quando siamo apparsi da dietro gli alberi, i soldati sono rimasti di stucco e ci hanno guardato come se fossimo fantasmi. Il primo a raggiungerli è stato Nimr, che Allah abbia pietà di lui. E’ corso a una velocità incredibile, sparando e gridando ‘Allah Akbar’. C’è stato un conflitto a fuoco e Allah, nella sua bontà, generosità, pietà e benevolenza, ci ha assicurato la vittoria su di loro".



"Il resto dei soldati intorno al palazzo ha cominciato a sparare, non so a che cosa sparassero, forse alcuni provavano le loro armi per la prima volta".



"Abbiamo distrutto due jeep e ucciso gli occupanti. Ho ucciso l’autista della terza jeep e il mezzo si è capovolto varie volte. Eravamo ora in mezzo alla strada e non riuscivamo a trovare una macchina".



"Volevamo percorrere una delle strade vicine, ma Nimr è uscito all’aperto, rapido come un fulmine, mettendosi in una posizione di combattimento molto difficile, scambiando fuoco con un Hummer. Ho visto i proiettili traccianti lasciare il suo fucile, illuminando il soldato dietro alla mitragliatrice. Abbiamo attraversato la strada, sotto una pioggia di pallottole, rispondendo al fuoco. E’ stato un miracolo e una grazia meravigliosa di Allah. Abbiamo visto i proiettili passare tra i nostri piedi e intorno a noi, ma neppure uno ci ha colpito, solo Allah sia lodato".



"Siamo entrati nella zona designata, Allah sia ringraziato, riuscendo a superare lo sbarramento, mentre quegli idioti continuavano a sparare. Poi siamo saliti su una delle macchine e siamo partiti".



"Per Allah, sono sbalordito da quanto è accaduto. La distanza era di un chilometro e mezzo o due; abbiamo incrociato dozzine di blindati, jeep e APC e sparato a tutti, tagliando attraverso lo spazio dove si stavano riunendo, con solo un metro tra noi e ognuno dei loro veicoli".



"Avevano bloccato la strada, ma Allah ha facilitato la nostra fuga. Abbiamo sfidato la morte e volevamo tuffarci in mezzo a loro, per macellarli e compiere il martirio. Ma, [il primo Califfo] Abu Bakr, che Allah sia compiaciuto di lui, ha detto il vero affermando:‘Desidera la morte e ti sarà data la vita’".



"I proiettili traccianti hanno molto spaventato quei codardi. Gli abbiamo sparato con Kalashnikov e anche buttato bombe, preparate dai miei fratelli. Abbiamo gridato ‘Allah Akbar’, ‘Non c’è Dio all’infuori di Allah’ e Allah ci ha dato una grande vittoria".



"Abbiamo sfondato il primo sbarramento, poi il secondo e il terzo. Al terzo, l’eroico leone Nimr è spuntato da dietro una macchina e ha sparato. Una pallottola lo ha colpito in mezzo al petto, ma nonostante ciò il valoroso leone ha continuato a sparare".



"Abbiamo superato il quarto e il quinto sbarramento, con Nimr che perdeva molto sangue, ma continuava a sparare (...) Passato il sesto, Nimr è caduto".



"Dentro la macchina, ha alzato l’indice. (7) Abbiamo provato a spostarlo e a scuoterlo, ma non si è mosso, non c’era più dubbio che era stato ucciso. Abbiamo chiesto ad Allah di elevarlo a un rango superiore (...)".



"Passato il sesto sbarramento, ci siamo diretti verso l’autostrada. Non potevamo credere che avevamo sfondato tutti quegli sbarramenti. Ne eravamo certi, era opera della divina provvidenza e benevolenza".



"Fatti 10 chilometri (...) abbiamo trovato un camioncino pickup e lo abbiamo preso. Fratello Nader era dietro con l’arma pronta a sparare in caso di sparatorie. Abbiamo incrociato delle jeep che andavano nella direzione opposta verso gli sbarramenti. Li abbiamo superati, grazie ad Allah, loro convinti che eravamo amici - che Dio ce ne scampi – e Allah ha annebbiato loro la vista perché non ci vedessero, anche se fratello Nader era dietro col fucile in mano (...)".



"Siamo poi arrivati in città, grazie ad Allah, come se ciò che avevamo passato fosse un sogno, visti i tanti miracoli e il sostegno testimoniati. Oh Allah, a te va la lode e la gratitudine, come si addice alla magnificenza del tuo cospetto e l’eccellenza del tuo governo".



"Una volta sfuggiti, abbiamo preso contatto coi nostri fratelli e li abbiamo incontrati, sempre grazie ad Allah e sia benedetto per questa grande vittoria".



"Quest’operazione è considerata una grande vittoria [assicurata] da Allah (...) Molti [dei musulmani presenti nel complesso attaccato] hanno pregato per una nostra vittoria"



Sawt Al-Jihad: "Uno degli errori stupidi dei mezzi di comunicazione di Al-Salul [termine spregiativo per la casa reale di Saud] è stato di pubblicare la testimonianza di arabi e musulmani presenti all’interno del recinto. Cosi, il mondo intero ha saputo che non li abbiamo presi di mira o toccati. Diteci, per favore, che Allah vi protegga, il loro atteggiamento nei vostri confronti e l’effetto che quest’operazione ha avuto su di loro".



Al-Nashami: "Lodato sia Allah. La verità è che l’operazione è considerata una grande vittoria [assicurata] da Allah. Dozzine di persone conoscevano le richieste dei Mujahidin e hanno visto coi propri occhi. Molti hanno pregato per una nostra vittoria. Alcuni pachistani e indiani musulmani hanno gridato con noi ‘Allah Akbar’ e, quando hanno scoperto che il nome della nostra brigata era Al-Quds [Gerusalemme], hanno detto ‘Allah Akbar, vogliamo andare con voi a Gerusalemme’".



"Quando stavamo nell’albergo, abbiamo insegnato loro il Corano. Quando incontravamo un arabo o un musulmano vestito come gli infedeli (...) lo consigliavamo di stare lontano dal complesso dove risiedono stranieri. Consigliavamo di portare indumenti islamici, così nessuno deve chieder loro se sono musulmani o meno. Abbiamo incontrato un iracheno musulmano con nazionalità americana.Tremava davanti a noi, ma gli abbiamo detto che non eravamo venuti a uccidere musulmani (...)".





"Mentre cercavamo gli infedeli, siamo passati da uffici dove alcuni sauditi ci aspettavano con apprensione. Abbiamo detto loro: ‘Oh fratelli, non abbiate timore, non uccidiamo musulmani, vogliamo gli infedeli stranieri. Compagni, come state?’ Lo abbiamo ripetuto finché la loro paura era svanita e hanno cominciato a scherzare con noi e a indicarci dove si trovavano gli infedeli (...)".



Sawt Al-Jihad: "Nessuno di voi è stato ferito?"



Al-Nashami: "Solo una ferita leggera.Fratello Hussein si è tagliato la mano quando ha rotto il vetro di una finestra. Stiamo tutti bene, sia lodato Allah, e c’impegniamo, di fronte ad Allah e i membri della nostra brigata, di partecipare a un altro raid come questo, che Allah sia lodato e ringraziato".



Sawt Al-Jihad: "Sia lodato Allah per il vostro stato di salute, chiediamo a Lui di iscrivere la vostra ricompensa e di dare ai vostri cuori la soddisfazione della vendetta [contro gli infedeli] così come voi avete dato soddisfazione ai cuori dei musulmani di tutto il mondo".



Note:

(1) Sawt Al-Jihad, No. 18, giugno 2004. Per la trascrizione, potete consultare

http://www.hajr.ws/forum/showthread.php?p=404390047

(2) Si tratta di un’espressione coranica che significa idolatria e fede maligna ed è usato dagli islamisti moderni per definire i governanti oppressivi che, sia pure di formalmente musulmani, hanno tradito il vero Islam.

(3) Vedi sopra, nota 2.

(4) Al-Jazeera ha dichiarato di aver ricevuto una telefonata da un individuo sconosciuto, che affermava di chiamare dal complesso, dove erano gli ostaggi, e di averne uno accanto a lui. Al-Jazeera ha detto di aver rifiutato di occuparsene perché non tratta con fonti ignote la cui attendibilità non può essere verificata. Al-Rai Al-'Aam, (Kuwait), 31 maggio 2004.

(5) Il termine qui usato per ricercare il consiglio di Allah è Istikhara, la pratica di aprire il Corano a caso e scegliere un verso.

(6) Forse il verso che hanno trovato praticando l’Istikhara.

(7) Dicendo la Shahada, ossia la dichiarazione di fede musulmana: "Non c’è Dio all’infuori di Allah e Maometto il suo Profeta".



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