Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Una chiave di lettura che il Venerdi di Repubblica vuole ignorare le lenti oscure di Alberto Stabile
Testata:Repubblica Autore: Alberto Stabile Titolo: «Noi, soldati israeliani a Hebron,così violiamo i diritti dei palestinesi»
"Sconvolgente" è l' unica definizione che ci viene in mente per quanto viene accuratamente descritto da alcuni militari israeliani, e riprodotto nell' articolo di Stabile. Nelle nostre considerazioni vogliamo sottolineare un aspetto che Stabile ha completamente trascurato, e che tuttavia ci pare costituisca la vera discriminante, la più sostanziale delle chiavi di lettura di quanto il Venerdi di Repubblica riporta con grande evidenza senza una sola parola di spiegazione o di commento. In passato, in varie occasioni e circostanze militari israeliani, per lo più riservisti, hanno rifiutato di servire il paese nelle zone in cui l' esercito era impegnato in operazioni di prevenzione e repressione del terrorismo, esprimendo a proposito di alcune di queste giudizi politici che le configuravano come sproporzionate.Sempre, lo stato d' Israele ha consentito che questi dissensi si manifestassero, e sempre alcuni media hanno strumentalizzato questi dissensi come se fossero giudizi etici sullo stato d' Israele stesso. Sempre, lo stato d' Israele ha aperto inchieste quando si verificava qualche abuso da parte di militari, e non ha esitato a punirne i responsabili. Come è noto a tutti, lo stesso generale Sharon, all' epoca della guerra contro l' OLP che coinvolse il Libano come teatro di operazioni, fu giudicato e condannato da una commissione d' inchiesta statale. Ora, un certo numero di militari ha deciso di dare voce al senso di disgusto e di insopportabile disagio interiore che essi stessi e molti loro colleghi provano per una serie di piccoli e grandi abusi, piccole e gradi violazioni della dignità umana, piccole e grandi ingiustizie, che essi commettono o di cui sono testimoni nel quadro delle operazioni svolte in settori delicati dei territori soggetti all' Autorità Palestinese.
Vorremmo che tutto ciò non fosse soltanto oggetto e pretesto di giudizi politici, ma che se ne traessero anche con almeno altrettanta evidenza valutazioni morali. La prima riguarda l' essenza della democrazia. Abbiamo assistito con sgomento all' autoflagellazione in corso negli Stati Uniti a causa delle torture inflitte ad alcuni prigionieri iracheni da parte di alcuni militari americani.I quotidiani hanno fatto a gara nel pubblicare fotografie disgustose, i politici americani hanno fatto a gara nell' esprimere i loro sentimenti di rammarico e di condanna, i primi processi sono stati istruiti e le prime teste importanti sono cadute. Vorremmo ricordare che analoghi episodi emersi a carico di militari italiani in Somalia sono stati affossati dalla nostra politica e dalla nostra giustizia, e vorremmo ricordare quanti sono, per Amnesty International, per le Nazioni Unite e le altre organizzazioni di monitoraggio, gli stati che praticano abitualmente la tortura senza che una sola persona, al loro interno o nel cosiddetto mondo civile, dica una sola parola di condanna. Nei momenti di crisi si riconoscono la grandezza e l' autorevolezza delle democrazie, che con tutti i difetti congeniti di cui siamo consapevoli rimangono, tuttavia, gli unici sistemi di governo che accettano che i loro cittadini godano della pienezza dei loro diritti in ogni momento ed in ogni circostanza. La seconda considerazione riguarda più specificamente lo stato d' Israele. L' aspettativa che lo stato "degli ebrei" divenisse il faro che illumina l' umanità intera con la sua grande saggezza ed umanità, con i suoi valori etici ed i suoi comportamenti esemplari, era già patrimonio dei sionisti. Che così non sia stato è dovuto alle circostanze, a cominciare dalle guerre imposte ad Israele dal mondo arabo, ed all' eccessiva elevatezza intrinseca di questa aspettative, oggettivamente irrealistiche.Ma che Israele non risponda a questi canoni di perfezione morale è anche motivo di condanna "a priori" da parte di chi non vorrebbe che il popolo ebraico avesse una sua patria, o che non vorrebbero che la sua patria fosse là dove essa è.Da Israele si pretende sempre più che da qualunque altro stato sulla terra."Proprio loro", gli ebrei, non dovrebbero fare "certe cose".Gli altri, tutti gli altri, possono, e nessuno se ne stupisce, nessuno se ne indigna. Loro no. Quanto sta avvenendo dimostra che gli stessi ebrei d' Israele vorrebbero poter applicare a sè stessi ed al loro stato quei parametri etici, e soffrono per non poterlo (o saperlo) fare. Non esiste un solo stato al mondo in cui i militari si autoaccusano pubblicamente di abusi e si autoidentificano come vittime di una sindrome da eccesso di potere che li corrompe dentro.
Sommiamo queste considerazioni. Ci si perdoni una possibile enfasi, ma quel che Stabile e Repubblica semplicemente segnalano e denunciano senza una parola di commento o di analisi dimostra invece che: a) Israele è una autentica democrazia, orgogliosa dei propri valori pubblici e privati, e b) che Israele ed il suo popolo vogliono essere custodi dei fondamentali principi morali che alcune migliaia di anni or sono i loro progenitori concepirono ed offrirono all' umanità nelle Tavole della Legge e nella Bibbia. Invitiamo i nostri lettori ad inviare il loro parere a Laura Gnocchi, direttrice del VENERDI'di REPUBBLICA cliccando sulla e-mail sottostante.