Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Sharon prosciolto dalle accuse di corruzione due cronache esaurienti, mentre gli altri giornali sono più interessati all'incriminazione
Testata:Avvenire - Il Foglio Autore: Graziano Motta-la redazione del Foglio Titolo: «Corruzione, Sharon assolto»
In merito alla notizia della fine dell'inchiesta a carico di Sharon, conclusasi con l'assoluzione di quest'ultimo, riportiamo gli articoli di Avvenire e del Foglio che tra quelli usciti oggi risultano essere i più completi e corretti. Notiamo che la notizia non ha trovato sui giornali lo stesso spazio che all'epoca fu riservato alle indiscrezioni su una possibile incriminazione di Sharon. L'atteggiamento di fondo che traspare è quello di far da cassa di risonanza per le critiche verso Sharon (o chiunque altro rappresenti in quel momento Israele) e sorvolare sulle notizie neutre o positive. Ecco il pezzo di AVVENIRE: titolo: " Corruzione, Sharon convince i giudici" L’incubo che da anni ormai pesava su Ariel Sharon e sulla vita politica israeliana è stato dissolto ieri dal procuratore generale dello Stato, Menache Mazuz, che ha ordinato in termini netti e inequivocabili la chiusura dell’inchiesta giudiziaria a suo carico per presunta corruzione alla fine degli anni Novanta intorno a un grande progetto immobiliare, per altro mai realizzato, sulla piccola isola greca di Patroclo. In una conferenza stampa di 50 minuti, diffusa in diretta per radio e televisione, Mazuz ha affermato l’«insussistenza di alcuna base per incolpare» Sharon e nemmeno suo figlio Gilad che era stato assunto dall’imprenditore edile David Appel come consulente del progetto con uno stipendio elevato (che non era, ha accertato il procuratore, un espediente per il trasferimento di denaro illecito, altri impiegati ricevevano stipendi analoghi o più alti). Sharon e suo figlio sono stati pure scagionati da ben due anni di intercettazioni telefoniche cui Appel era stato sottoposto. Resta il fatto che il procuratore, signora Edna Arbel, che aveva presieduto alle indagini di polizia era giunta a valutazioni diverse. La vicenda quindi, se ci sarà un ricorso in appello, potrà essere riesaminata dall’Alta Corte. Adesso però, scagionato in maniera così piena e autorevole, Sharon ha il via libera per portare avanti il suo piano di ritiro di coloni e soldati dalla Striscia di Gaza e da alcuni insediamenti della Cisgiordania con il sostegno di una nuova coalizione di partiti, quella attuale non godendo più della maggioranza dei deputati. SI dischiude così l’ingresso dei laburisti in un governo di unità nazionale. Il loro leader, Shimon Peres, si è detto pronto a trattare se riceverà un’ offerta ufficiale. Dopo la rivelazione lunedì del falli to attentato palestinese contro sharon nell’edificio della presidenza del consiglio, ieri si è saputo di sei attentati suicidi simultanei in Israele progettati da altrettanti palestinesi della Striscia di Gaza arrestati presso il banco di Karni. Un attentato con un autobomba è stato sventato presso l’insediamento di Netzarim; l’autista del veicolo si è salvato qualche istante prima che il veicolo, colpito da una cannonata, saltasse in aria, ma è stato poi catturato. Un militante di Hamas è morto a Gaza città dilaniato da un ordigno che stava preparando. Un altro ordigno, con 200 chili di esplosivo, è stato scoperto e neutralizzato presso il valico di Sufa. In Cisgiordania, nel campo profughi di Balata, un giovane è stato ucciso da soldati israeliani che hanno reagito al lancio di pietre. E quello del FOGLIO: titolo: "Israele rimuove la prima barriera sulla via del ritiro da Gaza" Gerusalemme. Il caso Sharon è chiuso. Con un annuncio trasmesso in diretta ieri pomeriggio, il consigliere legale del governo israeliano, Menachem Mazuz, ha annunciato di aver deciso di archiviare il caso contro il premier Ariel Sharon e suo figlio Gilad, per mancanza di prove. Il rapporto di Mazuz si preannuncia molto critico nei confronti del premier e a molti rimarrà il dubbio che Sharon se la sia cavata grazie al suo piano diplomatico e alla sua determinazione a ritirarsi da Gaza, anche a costo di perdere la sua maggioranza in Parlamento, piuttosto che per innocenza dimostrata. Ma per mettere qualcuno sotto processo, al di là della sua statura pubblica o delle implicazioni politiche, vale il principio secondo cui occorrono le prove. In Israele non esiste l’obbligo dell’azione penale, e se la procura non ritiene che il caso sia abbastanza solido, lo può archiviare. E’ andata così per Sharon. Il caso riguardava l’accusa di una bustarella che il premier avrebbe ricevuto dal costruttore David Appel, un personaggio di spicco nel mondo degli affari israeliano, che ha già avuto a che fare con la giustizia in passato. Appel avrebbe chiesto a Sharon di intercedere a suo favore con il governo greco per costruire un villaggio turistico su una delle isole egee. In cambio avrebbe pagato 750 mila dollari al figlio del primo ministro per una consulenza. La triangolazione però non è dimostrabile, secondo Mazuz. Che il premier interceda a nome di un uomo d’affari presso un governo straniero per un grosso investimento non è un crimine: ci si dovrebbe aspettare che il governo promuova e aiuti i suoi cittadini in investimenti esteri. Che il figlio del premier lavori da consulente non è un illecito. Che un amico del padre che si sta avvalendo dei favori del premier paghi il figlio per una consulenza non è un illecito. Che Sharon non sapesse nulla dei conti del figlio e delle tariffe da lui applicate per consulenze che altrove costerebbero molto meno è vero, fino a prova contraria. Che padre e figlio non si dicano certe cose appare normale, anche se i due figli di Sharon gestiscono il patrimonio del premier da quando questi è entrato in politica in ossequio alle leggi sul conflitto d’interessi. Quel che sembra non è, almeno da un punto di vista giuridico. Il principio anglosassone della presunzione d’innocenza fino a prova contraria e la necessità di dimostrare la colpevolezza "oltre ogni ragionevole dubbio" hanno pesato nella decisione di chiudere il caso. Privo di prove, Mazuz ha deciso di non rischiare una crisi politica per poi perdere il caso in corte. E se le ombre per molti restano (soprattutto tra i membri dell’opposizione), il caso è chiuso. Ci sarà un appello alla Corte Suprema, ma difficilmente i giudici decideranno di contraddire Mazuz. Il punto importante della decisione di Mazuz è che Sharon ora è libero di costruire un’alleanza politica alternativa: l’ostacolo principale all’accesso al governo dei laburisti, ora è stato rimosso. Oltre che a un attentato sventato il mese scorso, e i cui dettagli sono emersi solo questa settimana, Sharon è sopravvissuto a un fuoco di sbarramento di voti di sfiducia dai banchi di opposizione e dalla fronda della destra appena licenziata dal suo governo. Non può contare su alcuni dei suoi ministri ribelli nel Likud, assentatisi al momento del voto per non sostenere la politica del governo. La sua maggioranza si è dissolta per l’intenzione di ritirarsi da Gaza e ora Sharon ha bisogno di portare i laburisti al governo. La fine della querelle giudiziaria apre le porte alla trattativa. Toccherà ora al premier e alla sua controparte, Shimon Peres, convincere i riottosi membri dei rispettivi partiti a far cadere le riserve per un nuovo governo di unità nazionale. Con la pianificazione della fase operativa del ritiro da Gaza in corso, con il premier ormai in rotta di collisione con il movimento degli insediamenti, con il sostegno attivo della comunità internazionale, Sharon non può permettersi battute d’arresto. La decisione di ieri è un contributo importante in questa direzione. Non giova forse agli standard di etica pubblica, ma se questo è il prezzo per il successo del ritiro da Gaza, come ha indicato Zali Reshef, uno dei leader di Peace Now, vale la pena pagarlo. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alle redazioni di Avvenire e del Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.