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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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L'Arena Rassegna Stampa
24.02.2004 Le porte aperte di un convento a Gerusalemme
che via vai! chi ci passerà mai?

Testata: L'Arena
Data: 24 febbraio 2004
Pagina: 1
Autore: Francesca Fraccaroli
Titolo: «Il giardino delle suore un «ponte» tra i popoli»
Invece di preoccuparsi del fatto che i cristiani lasciano i territori dell'autonomia palestinese per le continue violenze arabe, sembra che le pie sorelle di questo reportage si preoccupino solo di far entrare palestinesi in Israele attreverso le porte compiacenti del loro convento. Attente sorelle, non dimenticate il detto arabo: "prima viene il sabato, poi la domenica" ! sorelle avvertite mezze salvate.
Il cancello d’ingresso della sede delle Comboniane, le sorelle della Nigrizia, è aperto. È un modo per agevolare i movimenti dei taxi palestinesi che parcheggiano in una stradina stretta «chiusa» in fondo dal muro in costruzione alla periferia di Gerusalemme. Suor Gerarda, 68 anni, la madre superiora, ci attende all’ingresso del giardino davanti alla loro residenza. Da qui ogni giorno passano decine di anziani, donne e bambini palestinesi che aggirano i lastroni di cemento armato, alti fino a otto metri, che formano la barriera. Altrimenti sarebbero costretti ad infilarsi negli spazi tra un blocco e un altro o ad avventurarsi in in arrampicate, talvolta con neonati tra le braccia. Suor Gerarda, cosa vuol dire vivere in una zona di conflitto, a ridosso del muro di separazione?
Cerchiamo di dare un senso alle parole del Santo Padre, ovvero rappresentare un ponte tra israeliani e palestinesi. Concretamente significa permettere agli arabi residenti a Gerusalemme, ma che vivono in Cisgiordania, di usare il nostro giardino per superare la barriera ed entrare nella Città Santa. Così come rappresentiamo un punto di passaggio per gli abitanti di Gerusalemme che vogliono far visita ai loro parenti che vivono qui. Lo facciamo con spirito umanitario perché il muro ha drasticamente diviso Gerusalemme dai sobborghi arabi, separando famiglie e impedendo a tanti ragazzi di andare a scuola. Al contempo spieghiamo ai palestinesi che rispondere alla violenza con la violenza produce solo altro odio e che anche tante famiglie israeliane vivono nella paura.
Voi avete contatti continui con i palestinese: cosa dicono ?
Sentiamo tante storie drammatiche. Tanti ci raccontano di terre confiscate, di abitazioni demolite. Eppure hanno il coraggio di non fermarsi di fronte alle difficoltà. La gente passando ci saluta, sorride, talvolta fa battute sul muro, cerca di darsi forza e di adeguarsi alla situazione. È più facile riscontrare questo atteggiamento tra le persone anziane, che pure fanno fatica a scavalcare i blocchi di cemento e a percorrere chilometri per aggirare gli ostacoli. I giovani sono più aggressivi, non accettano quanto Israele sta creando sul territorio palestinese.
Come vive queste difficoltà la comunità cristiana?
Qui a Betania ci sono una dozzina di famiglie cristiane che, come gli altri, non possono entrare a Gerusalemme senza un permesso rilasciato dalle autorità israeliane. Questo rende loro difficile raggiungere il Santo Sepolcro e altri luoghi sacri nella Città Santa. Negli ultimi due anni, inoltre, numerosi religiosi cristiani hanno avuto grandi difficoltà ad ottenere da Israele il permesso di soggiorno.
Lei ha avuto modo di percepire quanto sentono anche gli israeliani che vivono nel timore di attentati e che per questo sostiene la costruzione del muro...
Senza dubbio si soffre anche dalla parte israeliana. Girando per le strade della zona ebraica di Gerusalemme ho condiviso l’angoscia di chi teme che da un momento all’altro possa accadere qualcosa. Di fronte a questi drammi che coinvolgono entrambi i popoli, si rende ancora più urgente il nostro messaggio evangelico del perdono per arrivare alla riconciliazione tra israaeliani e palestinesi.
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