Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Somaliland, il paese che ora c’è Analisi di Maurizio Stefanini
Testata: Il Foglio Data: 30 dicembre 2025 Pagina: III Autore: Maurizio Stefanini Titolo: «Il paese che ora c'è»
Riprendiamo da IL FOGLIO di oggi, 30/12/2025, a pag. III, con il titolo "Il paese che ora c'è" l'analisi di Maurizio Stefanini.
Maurizio Stefanini
Irro, il leader del Somaliland, ha ottenuto il riconoscimento della sua indipendenza da Israele. Il Somaliland è un po' un'oasi di ordine in mezzo al caos somalo e per Israele la sua indipendenza è importante per contendere agli Houthi dello Yemen il controllo del Mar Rosso.
Il leader del Somaliland, che ha appena ottenuto il riconoscimento da parte dello stato di Israele, Abdirahman Mohamed Abdullahi, secondo l’uso somalo non ha un cognome: al nome accosta quelli del padre e del nonno. Tutti, però, lo chiamano soltanto Irro.
Figlio di un ufficiale di polizia dell’Impero britannico, suo padre si chiamava Mohamed Abdillahi Egal (per brevità noto come Irro Weyne) ed era famoso per la schiettezza ruvida con cui improvvisava discorsi in pubblico. La famiglia apparteneva comunque all’aristocrazia locale della città di Hargheisa, oggi capitale, dove Irro nacque il 29 aprile 1955. Ma, come spesso capita ai figli di poliziotti, da ragazzino dovette spostarsi di continuo, cambiando casa almeno cinque volte, dopo aver perso la madre quando era piccolo. Studi in Somalia e master negli Stati Uniti, tra il 1978 e il 1981 Irro lavorò in una struttura di assistenza per le vittime della siccità; poi entrò in diplomazia e finì all’ambasciata somala di Mosca. Dal 1988 fu viceambasciatore e, tra la caduta di Siad Barre all’inizio del 1991 e la fine dell’Urss a fine anno, venne anche designato ambasciatore. Rimase in carica fino al 1996, mentre lo stato somalo si disintegrava. In seguito si trasferì in Finlandia, dove divenne capo della comunità di espatriati e ottenne anche la cittadinanza.
Il Somaliland – l’ex Somalia britannica confluita con l’ex Somalia italiana nel 1960 al momento dell’indipendenza – con la guerra civile è tornato a camminare per conto proprio. Rientrato nel 1999, Irro si buttò in politica. Dopo essere stato presidente del Parlamento dal 2005 al 2017, nel 2011 fondò un partito di opposizione. Il 13 novembre del 2024 è stato infine eletto sesto presidente della Repubblica, con il 64 per cento dei voti contro il 35 del presidente in carica Muse Bihi Abdi. Un esempio di alternanza democratica raro in Africa, ma dentro ai confini di una Repubblica autoproclamata che, finora, non era riconosciuta da nessuno al mondo.
Accusato in campagna elettorale – e anche dopo – di avere fatto accordi sottobanco con Mogadiscio, Irro si è insediato un mese dopo l’elezione, il 14 dicembre del 2024. Ora, a un anno di distanza, è riuscito a ottenere un primo riconoscimento internazionale, proprio contro il desiderio di Mogadiscio di restaurare l’unità nazionale. E lo ha avuto da Israele: si è scoperto che era andato nel paese due mesi fa in incognito. Lo stato ebraico ne ricava malumori nel mondo islamico e soprattutto nell’Unione africana, dove un precedente secessionista piace poco.
Per questo finora non si erano azzardati altri paesi che pure, in questi anni, con il Somaliland hanno avuto rapporti diretti: in particolare l’Etiopia, con cui nel 2024 era stato firmato un memorandum per consentire al più grande paese al mondo senza sbocco al mare un accesso al porto di Berbera, in cambio di un potenziale riconoscimento, contestato da Mogadiscio. Lo scorso ottobre Irro ha fatto una visita di tre giorni ad Addis Abeba su invito del primo ministro etiope Abiy Ahmed, maanche Regno Unito, Turchia ed Emirati Arabi Uniti hanno mantenuto a Hargheisa ambasciate non ufficiali, proprio come la Repubblica di Cina, cioè Taiwan.
Il governo di Taipei, in effetti, dopo aver mandato un rappresentante all’insediamento di Irro, è stato l’unico a far arrivare subito la propria approvazione, sostenendo che Israele, Somaliland e Taiwan sono “partner democratici con idee simili, che condividono i valori della democrazia, della libertà e dello stato di diritto”. Per Israele, però, il vantaggio non è solo diplomatico: Somaliland è importante perché gli garantisce un punto d’appoggio di fronte agli Houthi yemeniti, ultimi proxy di Teheran ancora in grado di disturbarlo dopo i colpi aHamas e Hezbollah e la caduta di Assad.
Irro non ha comunque puntato solo al riconoscimento internazionale. Con la sua formazione da economista ha insistito anche sulla diversificazione oltre il tradizionale export di bestiame, puntando su risorse minerarie e cooperazione regionale. Ha promesso più spesa sociale e infrastrutture, in particolare nuove strade per collegare le principali città alle zone costiere: lì investimenti israeliani e taiwanesi potrebbero rivelarsi preziosi.
Irro ha inoltre offerto basi militari agli Stati Uniti, e ha visitato Dubai, Gibuti, Qatar e Kenya. Ma l’approccio da diplomatico si vede anche nel modo in cui, negli scontri tra clan – piaga storica del Somaliland comedell’altra Somalia – prova a muoversi da mediatore, invece di privilegiare la forza come faceva il suo predecessore. Anche quando l’annunciato aumento delle tariffe di internet ha innescato le prime proteste, ha fatto subito marcia indietro. Sposato e padre di cinque figli, dopo il riconoscimento israeliano dice di sentirsi “la persona più felice del mondo”.