Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
E ora la pista dell’Iran. La sua rete del terrore in Italia Commento di Francesca Musacchio
Testata: Il Tempo Data: 28 dicembre 2025 Pagina: 7 Autore: Francesca Musacchio Titolo: «E ora la pista dell’Iran. La sua rete del terrore in Italia»
Riprendiamo da IL TEMPO del 28/12/2025, a pag. 8, con il titolo "E ora la pista dell’Iran. La sua rete del terrore in Italia", il commento di Francesca Musacchio.
L’Iran opera come un sistema di minaccia permanente, utilizzando terrorismo, finanza opaca, cyberattacchi, propaganda e diplomazia culturale per proiettare la propria influenza anche in Italia.
Secondo Stati Uniti e organismi internazionali, Teheran finanzia i suoi alleati armati attraverso reti economiche schermate e sfrutta cittadini e processi come strumenti di pressione politica
Finanza, tecnologia industriale, cyber, diplomazia, terrorismo e propaganda. L’Iran non agisce come uno Stato tradizionale, ma come un sistema di minaccia permanente. Un dossier che per l’Italia non è solo esterno, ma investe direttamente la sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti, infatti, continuano a classificare Teheran come “state sponsor of terrorism”.
L’“Asse della Resistenza” (Hamas, Hezbollah, Houthi, milizie sciite in Iraq e Siria) è lo strumento di proiezione esterna del regime. In Italia, da decenni, l’Iran ha esteso i suoi tentacoli: un’infrastruttura discreta ma ostile, che combina finanza opaca, diplomazia culturale, propaganda e pressione indiretta per proiettare l’influenza di un regime autoritario nel cuore di uno Stato democratico.
Il Financial Action Task Force (FATF) mantiene Teheran tra le giurisdizioni ad altissimo rischio per riciclaggio, finanziamento del terrorismo e proliferazione. È un’allerta permanente rivolta a banche, Stati e autorità di vigilanza. Significa che ogni relazione economica, finanziaria o commerciale con il regime è considerata sensibile perché potenzialmente strumentale alle attività degli ayatollah e dei loro apparati militari, a partire dalle Guardie Rivoluzionarie e dalla Forza Quds.
Secondo documenti del Dipartimento del Tesoro statunitense e designazioni OFAC, il regime iraniano utilizza reti di front companies, intermediari, shipping facilitators e strutture di shadow banking per aggirare le sanzioni e muovere proventi destinati anche ai proxy armati. Queste architetture non avrebbero un centro unico: attraversano porti, assicurazioni, banche corrispondenti, società di logistica e mercati europei.
L’Italia compare come snodo possibile. Nel 2024 gli Stati Uniti hanno incriminato una rete legata alla fornitura di componenti dual use impiegati in un drone utilizzato per l’attacco a una base Usa in Giordania. Mohammad Abedini viene arrestato a Milano su richiesta americana. Da quel momento il dossier giudiziario si trasforma in leva politica.
Nel gennaio 2025 la detenzione di Abedini e la successiva liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala in Iran vengono lette nel quadro della pressione diplomatica esercitata da Teheran e della pratica definita “hostage diplomacy”. L’Iran, dunque, usa cittadini, processi e relazioni bilaterali come strumenti di pressione.
Il versante delle infrastrutture, invece, nel 2018 ha visto l’azienda italiana Saipem subire un attacco informatico che ha compromesso centinaia di sistemi. Per l’operazione sarebbe stata utilizzata una variante del malware Shamoon con radice iraniana.
Sul fronte del finanziamento diretto al terrorismo, flussi opachi, strutture schermate e uso della beneficenza come copertura raccontano un ecosistema che rende possibile il trasferimento di risorse verso organizzazioni terroristiche. Ma non solo. L’intelligence iraniana in Europa, inoltre, sarebbe responsabile di assassinii, sequestri e cooperazione con reti criminali.
Accanto al versante economico, Teheran ha puntato con decisione anche sulla diplomazia culturale e religiosa in Italia, con l’obiettivo di accreditare la propria narrazione ideologica e allargare il perimetro del proprio soft power. L’azione del regime si estende anche allo spazio digitale, attraverso una rete articolata di siti web, canali Telegram, profili social e piattaforme video in lingua italiana.
Su Instagram, TikTok e YouTube operano figure che raccontano un Iran apparentemente “normale”: locali alla moda, viaggi e abbigliamento occidentale. Una rappresentazione di propaganda costruita per rendere il Paese familiare e accettabile, mentre vengono sistematicamente rimossi dal racconto la repressione interna e le violazioni dei diritti umani.
Allo stesso modo, i social sono usati contro l’Occidente e contro Israele. La narrativa filoteheran in Italia, dunque, si aggancia a circuiti trasversali antioccidentali (anti Nato, anti Ue, complottismo, multipolarismo), creando sponde tra aree opposte, estremismi di sinistra e di destra, che amplificano i messaggi del regime e ne normalizzano l’agenda.
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