Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Arresti nella rete di Hamas in Italia, adesso serve andare fino in fondo Analisi di Aldo Torchiaro
Testata: Il Riformista Data: 28 dicembre 2025 Pagina: 2 Autore: Aldo Torchiaro Titolo: «Arresti nella rete di Hamas in Italia, adesso serve andare fino in fondo»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 28/12/2025, a pagina 2, l'analisi di Aldo Torchiaro: "Arresti nella rete di Hamas in Italia, adesso serve andare fino in fondo".
Aldo Torchiaro
L'arresto di Mohammed Hannoun, con l'accusa di finanziamento di Hamas, non è la fine ma l'inizio di una stagione. Ora bisogna scoprire tutta la vasta rete di appoggio al terrorismo palestinese in Italia.
L’estenuante campagna d’Italia portata avanti da Hamas viene finalmente alla luce. L’ipersensibilizzazione sul presunto «genocidio di Gaza» non era solidarietà, né attivismo: era una campagna di guerra cognitiva vera e propria, costruita per orientare l’opinione pubblica, legittimare l’odio e alimentare una gigantesca macchina di finanziamento del terrorismo. In quella narrazione sono caduti centinaia di politici, attivisti e intellettuali italiani, trascinando con loro milioni di cittadini, lettori e spettatori, ridotti a pedine inconsapevoli di una strategia più grande, lucida e criminale.È questo lo spartiacque tracciato dall’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova: nove arresti, oltre sette milioni di euro raccolti e trasferiti, una cellula di Hamas operativa da anni in Italia sotto copertura umanitaria. Non un incidente di percorso, ma un sistema strutturato, radicato, con referenti, filiali e flussi finanziari continui.
È la Polizia di Stato a chiarire il quadro: MohammadHannoun e i suoi collaboratori avrebbero costituito in Italia una cellula di Hamas, operando per anni attraverso l’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (A.B.S.P.P.). Una struttura integrata nel comparto estero dell’organizzazione. Tra gli arrestati figurano Ra’Ed Hussny Mousa Dawoud, Raed Al Salahat, Yaser Elasaly, Jaber Abdelrahim Albustanji Riyad e Osama Alisawi, ex ministro del governo di fatto a Gaza e cofondatore della stessa A.B.S.P.P. Per sei di loro l’accusa è di aver versato complessivamente 7 milioni e 280 mila euro a Hamas, fondi raccolti formalmente per scopi umanitari ma destinati in larga parte – oltre il 71% – al finanziamento diretto dell’organizzazione terroristica.
Delle nove misure cautelare ottenute dalla procura di Genova nei confronti di presunti finanziatori di Hamas, solo sette sono state eseguite. Due degli indagati si trovano all’estero, uno in Turchia e uno a Gaza. Lo ha reso noto il procuratore capo di Genova, Nicola Piacente. Nel corso delle perquisizioni effettuate stamani a Genova, Milano, Monza Firenze, Roma, Bologna, Torino, Modena, Bergamo e Lodi, tuttora in corso, sono stati sequestrati oltre 200mila euro in contanti, la maggior parte presso la sede dell’associazione La Cupola d’Oro a Milano. E qui si apre una domanda inevitabile. Com’è possibile che una rete di tali dimensioni, attiva per anni e in contatto con ambienti internazionali, non sia mai stata intercettata dalla Special Rapporteur delle Nazioni Unite per i territori occupati, in relazione con alcuni dei soggetti oggi indagati? Francesca Albanese potrà continuare il suo mandato senza che vengano chiariti fino in fondo rapporti, frequentazioni e responsabilità politiche? Eppure le foto sul palco, Albanese e Hannoun, ci sono. Cosa c’è dietro a quelle foto non sta a noi dirlo, ma agli inquirenti ai quali oggi va il nostro plauso e incoraggiamento: andate avanti, spiegateci tutto quello che i protagonisti di quelle foto non dicono.
Tanto, tantissimo denaro che dall’Italia affluiva verso i vertici del terrorismo: per missili e tunnel, per apparati militari, per mantenere i torturatori degli ostaggi del 7 ottobre, per pagare killer, informatori, spioni. Denaro che non proveniva solo dalla rete islamica attiva a Genova, ma che lì confluiva anche attraverso raccolte presso soggetti italiani. Sui canali di esfiltrazione e riciclaggio indagano gli inquirenti; resta però una domanda politica e morale che l’indagine rende ineludibile: chi ha alimentato questa macchina della morte?Il quadro investigativo coincide con quanto affermano il procuratore nazionale antimafia GiovanniMelillo: le cellule estere non sono iniziative spontanee, ma parte di un progetto strategico transnazionale, precedente al 7 ottobre e mimetizzato per anni dietro la retorica della beneficenza.
Sul piano istituzionale interviene direttamente la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che esprime «apprezzamento e soddisfazione per un’operazione di particolare complessità e importanza, che ha consentito di eseguire gli arresti di nove persone accusate di aver finanziato Hamas, attraverso alcune associazioni sedicenti benefiche, per oltre sette milioni di euro». Meloni entra nel merito dell’inchiesta, ricordando come tra gli arrestati vi sia «il presidente dell’associazione dei palestinesi in Italia MohammadMahmoudAhmad Hannoun, definito dagli investigatori “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica Hamas” e “vertice della cellula italiana dell’organizzazione Hamas”». La premier conclude ringraziando la Procura di Genova, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza e il supporto informativo dell’AISE.
Al Riformista risulta che siano state determinanti anche le indagini del ROS dei Carabinieri, curiosamente assenti nell’elenco degli elogi della premier. Forse il ministro della Difesa Guido Crosetto, sotto la cui responsabilità opera l’Arma, vorrà inserirli giustamente tra i principali artefici di questa importante operazione. Senza esitazioni parlano poi di un’inchiesta di straordinaria importanza le forze della maggioranza di centrodestra.
La Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia rivendicano il lavoro degli inquirenti. Il vicepremier MatteoSalvini parla di «milioni di persone che dovrebbero chiedere scusa», ricordando come per anni il terrorismo islamico sarebbe stato finanziato anche attraverso onlus italiane. Dello stesso segno le parole del ministro degli Esteri AntonioTajani, che ringrazia Polizia di Stato e Guardia di Finanza per l’operazione.
Da Fratelli d’Italia interviene anche Carlo Fidanza, che chiama direttamente in causa Giuseppe Conte ed Elly Schlein, chiedendo se ora avranno il coraggio di una condanna netta. Perché il dato politico più imbarazzante resta il silenzio di Pd, M5S e Avs, tanto più grave se si considera che Hannoun era presenza costante e oratore conclusivo in molte manifestazioni sostenute da quell’area.A rompere quel muro arriva la voce della vicepresidente del Parlamento europeo PinaPicierno, che definisce l’arresto di Hannoun «un passaggio di straordinaria importanza nella lotta al terrorismo» e parla apertamente di una rete transnazionale che ha sfruttato «coperture associative e una narrazione umanitaria distorta». Più nette e circostanziate le posizioni riformiste. La capogruppo di Italia Viva al Senato Raffaella Paita rivendica di aver lanciato l’allarme per tempo sugli intrecci italiani di Hamas e dei Fratelli Musulmani. Sulla stessa linea DanieleNahum, esponente di Azione, che parla senza giri di parole della fine di un’ipocrisia durata troppo a lungo e ricorda come Hannoun fosse relatore centrale in piazze presentate come solidali e poi trasformate in sfogatoi di odio e slogan antisemiti.
Questa inchiesta non chiude una stagione: la apre. Perché da oggi non è più possibile rifugiarsi nella retorica della solidarietà né nell’ambiguità politica. I fatti sono agli atti, i nomi emergono, le responsabilità chiedono conto. L’invito è ad aprire gli occhi, a rivalutare certe posizioni e a dare una lettura critica di certe chiamate alle armi che, a chi crede nella libertà e nella democrazia, al contrario di Hamas, non possono e non devono piacere.
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