sabato 27 dicembre 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



Clicca qui






Il Riformista Rassegna Stampa
27.12.2025 Le pretese delle democrazie occidentali su Giudea e Samaria
Editoriale di Iuri Maria Prado

Testata: Il Riformista
Data: 27 dicembre 2025
Pagina: 1
Autore: Iuri Maria Prado
Titolo: «Il tribunale dei 14 contro la Cisgiordania occupata»

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 27/12/2025, a pagina 1, l'editoriale di Iuri Maria Prado dal titolo "Il tribunale dei 14 contro la Cisgiordania occupata".


Iuri Maria Prado

Ben 12 paesi europei, più Canada e Giappone, condannano l'autorizzazione del governo israeliano alla costruzione di nuovi insediamenti in Giudea e Samaria. L'Italia è fra i paesi firmatari. In questo modo, le democrazie occidentali si ergono a giudici e arbitri della legalità internazionale, ma dimenticando il ben più pericoloso piano palestinese di far piazza pulita degli ebrei in un'eventuale Cisgiordania indipendente.

“L’Italia condanna nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata” recitava, l’altro giorno, un comunicato del nostro Ministero degli Esteri. Era la rivendicazione della firma italiana sulla dichiarazione congiunta con cui 14 Paesi (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Irlanda, Islanda, Italia, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna) condannavano “l’approvazione da parte del gabinetto di sicurezza israeliano di 19 nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata”.

Iniziativa discutibile. È ovviamente del tutto legittimo – per quanto la cosa rappresenti un’intromissione abbastanza singolare – che Stati terzi denuncino l’inopportunità di una deliberazione governativa altrui, nel caso di specie a proposito di quei cosiddetti insediamenti (diciamo “cosiddetti” perché nessuno chiamerebbe “insediamento” la nuova residenza a Cuneo di un napoletano). Ma non è altrettanto legittimo, anzi è del tutto improprio, che la dichiarazione di quei Paesi assuma, come ha assunto, la forma di una condanna con pretese di fondamento legalitario.

Il richiamo a una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che avrebbe sancito – appunto con sigillo giuridicamente vincolante – l’illegalità di qualsiasi presenza ebraica in Giudea e Samaria (cioè la cosiddetta Cisgiordania), denuncia in modo esemplare la stortura su cui si fonda il proclama diffuso da quel gruppo di Paesi. Perché? Perché quella Risoluzione, come ogni altra dello stesso tipo, non ha carattere vincolante e, soprattutto, non è “diritto internazionale”.

Ma, lasciando perdere queste distinzioni, il punto è che non si affronta né tanto meno si risolve la situazione conflittuale in quelle terre disputate facendo appello a quelle ragioni di presunta legalità. Perché, se si fa così, allora occorre spiegare a Israele in base a quale principio difendibile dovrebbe accettare che la soluzione per quei territori sia la decontaminazione di presenza ebraica. Cioè una Giudea senza giudei. Un principio di diritto internazionale che stabilisce qualcosa del genere non esiste: e se esistesse, crediamo, sarebbe assai poco difendibile.

Tutt’altro discorso riguarda l’opportunità che Israele dia corso a ulteriori pratiche di cosiddetto insediamento, ed è semmai a queste ragioni di opportunità che avrebbero potuto ispirarsi – a torto o a ragione – i 14 della dichiarazione congiunta. Ma l’iniziativa assunta dai sottoscrittori di quella denuncia appare incauta anche per altri motivi.

Due macigni, infatti, incombono sulla loro credibilità quando scrivono che “le politiche di insediamento in Cisgiordania… rischiano di compromettere l’attuazione del Piano onnicomprensivo per Gaza” e quando aggiungono di essere risoluti nel “sostegno al diritto di autodeterminazione dei palestinesi”. Primo: non una di quelle Nazioni ha intrapreso un lavoro appena serio rivolto all’attuazione di quel Piano (alcune di esse avevano ancora la gola secca per le pompose dichiarazioni di riconoscimento dello Stato di Palestina). Secondo: proprio quel Piano delinea una soluzione del conflitto in cui il diritto di autodeterminazione palestinese e le ragioni della pace non dipendono dall’indiscriminato ritiro israeliano dai cosiddetti territori occupati.

Potevano scegliere tra fare politica e mettersi un’improbabile toga. Hanno scelto questa e avranno un interlocutore assai mal disposto all’ascolto.

Per inviare la propria opinione al Riformista, cliccare sulla e-mail sottostante.


redazione@ilriformista.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT