Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Buon Natale e buona notte. Mai suicidio culturale fu più assistito e perfetto".

Giulio Meotti
Per sapere che “l’Europa è decadente” l’amministrazione americana non aveva bisogno di andare a Schorndorf, la cittadina sveva di 40.000 anime a venti minuti da Stoccarda, la città di Gottlieb Daimler, uno dei pionieri dell’industria automobilistica.
Il campanile gotico domina ancora la piazza del mercato con la sua guglia che trafigge il cielo come una lancia di pietra. Per cinque secoli quella campana ha scandito battesimi, nozze e funerali di generazioni di luterani. Domenica 16 novembre, dentro la navata e all’altare dove Martin Lutero avrebbe potuto predicare, un muezzin: “Allahu Akbar”.

Non è un episodio isolato. È il crepuscolo. E il fatto che ci abbiano convinto a chiamarlo alba è la più grande truffa culturale della nostra epoca. Come che passi per “inclusione” la cancellazione della parola Gesù da una recita natalizia in una scuola in Toscana.
L’islamizzazione dell’Europa ha una nuova immagine: Utrecht, Olanda. Una folla musulmana assedia la cattedrale di San Martino, gridando “Allahu Akbar”. D’altronde, l’arcivescovo primate d’Olanda Willem Eijk, che ha sede proprio a Utrecht, non ha detto che se la tendenza dovesse continuare al ritmo attuale entro il 2028 l’intera arcidiocesi di Utrecht, la più grande del paese, l’unica dove ancora esiste una presenza cristiana, potrebbe “scomparire”? Ha espresso il timore che nel peggiore dei casi delle 300 chiese che l'arcidiocesi di Utrecht conta ancora nel 2028, quando andrà in pensione, ne rimarranno ancora una ventina. La previsione di Eijk è rafforzata dalla decisione di mettere in vendita anche la cattedrale, l’edificio-simbolo del cattolicesimo olandese fin dal 1560.

Ma questo è solo il trailer. Cosa pensiamo che succederà quando saranno in maggioranza? In sala arriverà presto il film vero e proprio.
Le chiese diventate moschee in Inghilterra sono oggetto di ridicolo.
Il Telegraph britannico guarda alla Germania come a un paese che rischia di scomparire sotto l’enorme pressione di un’immigrazione culturalmente estranea. L’analisi dell’ex ufficiale britannico James Jeffrey è il resoconto di un uomo che ha visto zone di guerra e ora osserva le nostre città stranamente familiari.
Hanau, la città natale dei fratelli Grimm, è il suo punto di partenza. Due mondi si scontrano visibilmente. Il paesaggio urbano non è cambiato gradualmente, ma completamente. Non modernizzato, ma sostituito.
Intanto, a Brema, il mercatino di Natale quest’anno ha bisogno di un extra budget di tre milioni di euro per evitare di essere asfaltato dai terroristi. Va da sé che Mohammed è il nome più popolare a Brema. Ricordate la favola dei Grimm sui musicanti di Brema?
“The uncomfortable truth about the Islamisation of Germany”, titola il Telegraph con quell’eleganza da maggiordomo britannico che serve il tè mentre la casa brucia.
Jeffrey pone la domanda che quasi nessun altro osa porre ad alta voce: cosa dovrebbe fare una società quando le sue città si trasformano in avamposti di un altro mondo?
I cambiamenti demografici accelerati, i tabù politici, l’elusione di partiti e organi di stampa: tutto questo porta a una realtà che tutti vedono, ma di cui pochi osano parlare. In meno di una generazione, l’Islam triplicherà in Europa.
Il segretario di Stato, Marco Rubio, ha appena spiegato che “l’Islam vuole conquistare l’Europa”.

O come ha dichiarato il Vice Segretario di Stato Christopher Landau dopo aver lasciato Bruxelles: “O le grandi nazioni europee sono nostri partner nella protezione della civiltà occidentale che abbiamo ereditato da loro, oppure non lo sono”.
Questo è il mercatino di Natale a Bruxelles.

Per capirlo basta andare non tanto nelle città da milioni di abitanti, come Parigi e Londra, ma nelle città culle della storia, dell’arte e della cultura europee.
Andate a Machelen, in Belgio, per secoli capitale dei Paesi Bassi spagnoli, sede degli arcivescovi-primate del Belgio, città di Rubens e di Van Dyck, di 320 monumenti classificati, di otto chiese gotiche e barocche. È anche la capitale mondiale degli asparagi bianchi e della birra Maneblusser. Oggi conta 120 nazionalità, un bambino su due è di origine straniera e già è al 20 per cento islamica. Nella cattedrale del primate cattolico ha risuonato il muezzin di fronte alla meravigliosa “Crocifissione” di Van Dyck.

Free Palestine sulla Natività senza volto di Bruxelles
Andate a Orléans, la città di Giovanna d’Arco, la ragazzina che salvò la Francia dalla conquista inglese durante la Guerra dei Cent’Anni: il 37 per cento dei giovani di Orleans è extra-europeo, rispetto al 2 per cento nel 1968, anno fatidico.
Andate ad Avignone, l’antica città sul Rodano racchiusa da mura medievali, dove i secoli aleggiano nell’aria. Le mura del XIV secolo ancora perfettamente conservate, 4,3 chilometri di pietra che cingono il centro come una corona. Qui vissero sette papi e due antipapi, qui Petrarca pianse Laura, qui nacque il Festival più famoso d’Europa. Ma oggi pezzi di Avignone, nell’inchiesta da brivido di Paris Match, sono noti come “la città dei salafiti”. “La maggior parte dei passanti si somiglia, velo nero per le donne, pantaloni larghi afgani per gli uomini” racconta Paris Match. “La maggior parte porta la barba del credente, lunga e talvolta tinta con l’henné, come ai tempi del Profeta. Sembra di tornare indietro di quattordici secoli. Si rispetta la segregazione dei sessi: parrucchieri per donne, inaccessibili agli uomini; bar pieni di uomini, inaccessibili alle donne. Servono caffè, tè, limonata... Tutto, tranne l’alcol. È una mini-repubblica islamica”.
Nella piazza principale di Vicchio, un comune dell’area metropolitana di Firenze, in cima al grande albero di Natale è stata posta una bandiera della Palestina.

Questa invece è la Norvegia: via direttamente gli addobbi di Natale, al loro posto le bandiere palestinesi.
Andate a Ratisbona, uno dei principali avamposti romani sul confine del Danubio, sede della Dieta perpetua del Sacro Romano Impero, del Duomo di San Pietro capolavoro del gotico, dove si sta costruendo un nuovo centro culturale con un minareto alto 21 metri. Nel cuore del centro storico, accanto alla Neupfarrplatz dove sorgeva la sinagoga medievale distrutta nel 1519, stanno costruendo il nuovo “Centro culturale islamico”. Il vescovo Rudolf Voderholzer ha scritto una lettera accorata: “Un minareto così alto nel cuore cristiano della città è un segno di resa”. Non è servito.
Andate a Trappes, dove Luigi XIV realizzò i famosi stagni per il parco del suo castello a Versailles e oggi al 70 per cento musulmana.
Andate a Strasburgo, o meglio, Strasburgistan.
Andate a Graz, residenza degli Asburgo, centro storico Unesco, orologio medievale, castello sul colle e dove il 34 per cento degli studenti è di fede islamica.
Andate a Utrecht, famosa per la torre del Duomo e per l’università antichissima, dove Mohammed è il primo nome fra i nati e le moschee chiamano alla preghiera con gli altoparlanti ogni giorno e la piscina Den Hommel ogni lunedì sera offre lezioni per “soli uomini musulmani”.
Andate a Charleroi, dove il 20 per cento della popolazione è musulmana.
Andate ad Aquisgrana, la città di Carlo Magno e della sua meravigliosa cattedrale, dove fu incoronato imperatore nel Natale dell’800 nella cappella palatina, gioiello carolingio patrimonio Unesco, e che oggi ha dodici moschee.
La vecchia Europa, ancora bellissima, che presto non riconosceremo più.
Andate a Magonza. La città di Gutenberg, della cattedrale romanica millenaria, del Reno, dei carnevali. La moschea centrale ha ottenuto nel 2024 il permesso di chiamare alla preghiera con altoparlanti tre volte al giorno. Il suono rimbomba tra le guglie della cattedrale.
Andate a Marburgo. Università fondata nel 1527 da Filippo d’Assia, città dei fratelli Grimm e della chiesa di Santa Elisabetta con le reliquie della santa. Oggi il 22 per cento della popolazione è musulmana. La chiesa luterana di Sankt Michael è stata venduta a un’associazione turca che l’ha trasformata in moschea con minareto. Il pastore protestante: “È doloroso, ma non avevamo più fedeli”.

Mercatino di Natale in Francia
Andate nelle zone storiche di Parigi. Chi arriva in treno alla Gare du Nord scende in un souk. I bistrot sono stati sostituiti da kebab halal, le insegne in francese sono minoranza. La basilica del Sacré-Cœur, bianca sulla collina come un ultimo grido di pietra, sembra osservare impotente il mare di minareti che cresce nella periferia. Saint-Denis, dove sono sepolti i re di Francia, è a maggioranza musulmana.
È il suicidio perfetto: assistito, politically correct, finanziato dalle nostre tasse, celebrato dai media, benedetto dalle ong.
Ecco allora l’articolo del Telegraph, che riproduco nella sua interezza.
Benvenuti nella nuova Europa: meno Bach, più richiami alla preghiera. E il bello è che l’abbiamo voluto noi, convinti che bastasse offrire welfare e corsi di tedesco per trasformare Medina in Monaco. Spoiler: non funziona così. Prosit!

L’islamizzazione della Germania è in piena vista nella città di Hanau, città natale dei fratelli Grimm, che hanno regalato al mondo le loro fiabe di Cappuccetto Rosso, Raperonzolo, Hänsel e Gretel e molte altre. Nella piazza centrale si erge un’imponente statua in bronzo che raffigura i due fratelli in frac, mentre osservano uno dei manoscritti in cui hanno trascritto le loro incantevoli storie tratte dal folklore, dalla cultura e dalla storia germanica.
Le strade che si diramano dalla piazza sono dominate da innumerevoli kebab, fast food da asporto, ristoranti e negozi di alimentari, la maggior parte dei quali espone cartelli che indicano che il cibo è “halal” e quindi conforme alle regole alimentari islamiche. Da veterano dell’Iraq e dell’Afghanistan, non ho potuto fare a meno di essere colpito da tutto questo, insieme a tutto l’arabo parlato e ai saluti As-Salaam-Alaikum, in particolare dalla presenza del ristorante Afghan Starway e del supermercato Kabul Central.
La situazione dell’immigrazione in Germania è particolarmente difficile, soprattutto perché non può ricorrere facilmente alle tattiche di espulsione di Donald Trump. Molte di queste persone, se non la maggior parte, sono arrivate legalmente e sono state accolte, sia nell’ambito del programma di lavoratori ospiti tedesco degli anni ‘60, sia come rifugiati della guerra civile siriana. Molti sono titolari di passaporto tedesco.
A Worms – una delle città più antiche del Nord Europa, famosa per l’Editto di Worms del 1521, con cui Martin Lutero fu dichiarato eretico – la situazione è ancora più critica, soprattutto se si applica il “test del bar”. Se pensate che la scena dei pub britannici sia in difficoltà, andate a Worms. Ho attraversato tutto il centro città, incrociando strade e vicoli alla ricerca di un tipico pub tedesco, chiamato kneipe. Ho trovato shisha bar, agenzie di scommesse, un’infinità di barbieri in stile turco. Ma nessun kneipe vero e proprio.
Alla fine ne ho trovato uno nascosto vicino alla stazione ferroviaria. Non c’era birra alla spina, c’era solo un tipo di birra in bottiglia disponibile, proveniente da un birrificio sul punto di fallire, mi disse uno degli uomini al bar.
Qual è la linea di condotta giusta o sbagliata quando città un tempo prettamente tedesche si trasformano in avamposti del mondo musulmano davanti ai nostri occhi?
“Le culture cambiano e bisogna lasciarsi trasportare dalla corrente”, mi disse con calma un giovane tedesco sul treno, seduto accanto alla sua ragazza ucraina (la Germania ha dato rifugio a più di un milione di ucraini; il mio interlocutore a Worms aveva conosciuto la sua ragazza ucraina tramite la famiglia ucraina che aveva accolto allo scoppio della guerra).
Ho suggerito che, sebbene ora non abbia problemi con le donne che indossano l’hijab o il niqab, potrebbe cambiare idea se un giorno il 60 per cento o più delle donne tedesche si vestirà in quel modo, e una percentuale simile di uomini tedeschi avrà un aspetto e un abbigliamento nettamente diversi dai suoi.
Non sembrava convinto, ma almeno stavamo parlando della questione, che deve essere affrontata, soprattutto perché la trasformazione è in atto anche nelle città britanniche.
Il problema sembra essere più profondo dell’ingenuità della sinistra sull’immigrazione; forse c’è un errore di calcolo fatale al centro del progetto del moderno liberalismo laico.
I tedeschi sembrano disposti a riconoscere la sfida dell’immigrazione e a parlarne apertamente: che siano di sinistra o di destra, i tedeschi che incontro continuano a dirmi che l’immigrazione è diventata un problema serio per loro e per il Paese.
In una recente recensione del Telegraph del romanzo del 1926 A Shadow of Myself di Peter Flamm, vero nome Erich Mosse, il recensore osserva che il fratello maggiore dell’autore fu ucciso a Verdun. Flamm scrive nel poscritto del libro che suo fratello maggiore era morto “per l’idea della Germania”.
Non riesco nemmeno a immaginare cosa penserebbero di Hanau oggi quel fratello maggiore – e molti altri tedeschi caduti in quella guerra. Sebbene il cambiamento non sia necessariamente “sbagliato”, rimane un aspetto triste, se non tragico, in tutto ciò.
Ad Hanau, non riuscivo a scrollarmi di dosso questa sensazione profondamente sgradevole di qualcosa che stava lentamente morendo – qualcosa in cui credo profondamente e per cui, come il fratello di Mosse, sono stato abbastanza stupido da lottare pensando che dovesse importare altrettanto a tutti gli altri.

Per capire quanto poco un contemporaneo possa comprendere la storia che gli viene addosso bisogna andare a Connaught Place a Nuova Delhi.
Il quartiere prende il nome dal figlio della regina Vittoria, il Duca di Connaught, ed è ora la sede dell’egemonia indiana che sta conquistando il mondo. Londra decise la costruzione di Nuova Delhi nel 1911 perché pensava che sarebbe stato più facile controllare il subcontinente indiano da lì che da Calcutta. Questo era l’unico scopo del progetto: consolidare il dominio britannico. Gli inglesi inaugurarono Nuova Delhi nel 1931. Il più grande architetto dell’impero, Sir Edwin Lutyens, fu incaricato di progettare la Casa del Viceré. Sapeva che sarebbe durata solo quindici anni? Ovviamente no.
Se aveste suggerito a chiunque, da Sir Edwin fino al più umile operaio, che il decennio successivo avrebbe segnato la fine del dominio britannico nel mondo, vi avrebbero preso per pazzi. Eppure è successo. Perché pochissimi di noi sono consapevoli del momento in cui la storia accelera. Lutyens e gli altri non sapevano che stavano costruendo una nuova capitale per i loro successori.
Ora anche la vecchia Europa è arrivata al suo “momento Nuova Delhi”. E c’è una domanda che nessuno sembra mai porsi: per chi stiamo custodendo e a chi stiamo lasciando tutti i nostri tesori?
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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