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Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



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Libero Rassegna Stampa
19.12.2025 Storia dell'Askatasuna, trent’anni di violenza
Analisi di Tommaso Montesano

Testata: Libero
Data: 19 dicembre 2025
Pagina: 5
Autore: Tommaso Montesano
Titolo: «Dalla Tav a Cospito, trent’anni di violenza»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/12/2025, a pag. 5, con il titolo "Dalla Tav a Cospito, trent’anni di violenza", la cronaca di Tommaso Montesano.


Tommaso Montesano

Epicentro delle peggiori violenze dei pro-Pal, il centro sociale Askatasuna ha alle spalle quasi trent'anni di storia. Una storia di violenza, soprattutto dall'inizio della protesta in Val di Susa contro la Tav.

In basco, la parola “askatasuna” significa «libertà». Se ne trova traccia, tanto per gradire, nella sigla dell’Eta, braccio armato del movimento indipendentista dei Paesi Baschi (quello politico si chiamava Batasuna). L’acronimo Eta, appunto, significa “Euskadi ta askatasuna”. Ovvero «Terra basca e libertà». In nome di questa “libertà” sono morte, secondo i conteggi più affidabili, 822 persone. Giusto per inquadrare il riferimento, anche nel nome, del Centro sociale occupato di corso Regina Margherita, civico 47, di Torino.
Quell’edificio, quattro piani che fino al 1981 sono stati la sede dell’opera “Pia Reynero” (beneficenza), dal novembre del 1996 è diventato una sorta di hub dell’antagonismo nel nord-ovest. Nell’ultima relazione sulla sicurezza inviata al Parlamento, il ministero dell’Interno ricorda, ad esempio, l’attivismo di Askatasuna«centro sociale torinese di matrice marxista-leninista», questa la definizione - nel movimento No Tav valsusino. «La protesta si sostanzia in numerose iniziative, molte delle quali sfociano in turbative per l’ordine e la sicurezza pubblica, compresi attacchi ai siti dei cantieri, ai mezzi d’opera presenti, nonché alle sedi delle società appaltanti» dei lavori per la realizzazione dell’Alta velocità.
Molte di queste azioni sono state richiamate ieri mattina per spiegare il blitz culminato nello sgombero della palazzina. In ordine di tempo, l’ultimo episodio è l’irruzione nella redazione del quotidiano La Stampa. Quei 600 antagonisti autori dell’irruzione a fine novembre, per gli inquirenti, erano quasi tutti aderenti al Centro sociale torinese. Per l’occasione, il casus belli era la sorte dell’imam Mohamed Shahin, quello delle frasi buoniste sulle stragi di Hamas del 7 Ottobre. L’adesione alle tesi pro-Pal ha guidato l’azione di Askatasuna negli ultimi mesi: l’assalto alla stazione di Porta Nuova il 22 settembre, con un centinaio di antagonisti che occupa i binari; l’invasione alle Officine grandi riparazioni (Ogr) di inizio ottobre, con atti di vandalismo alle strutture e automobili danneggiate. Poi, a metà novembre, tocca alla sede della Città metropolitana di Torino, in corso Inghilterra.
Fatti dietro i quali - le parole sono del prefetto di Torino, Donato Cafagna - si celava una «strategia per mettere in scacco la città». Askatasuna, però, ha agito anche in trasferta. Ad esempio: nell’ambito delle mobilitazioni pro-Pal, nella notte di guerriglia a Bologna del 21 novembre scorso, quella “provocata” dall’incontro di basket tra Virtus Bologna e gli israeliani del Maccabi Tel Aviv, erano presenti anche esponenti dell’organizzazione torinese.
Ogni occasione, in questi anni, è stata utilizzata per fomentare violenza. Ecco una carrellata degli episodi più recenti. A febbraio dello scorso anno, una cinquantina di attivisti ha circondato un’auto della polizia colpevole di ospitare uno straniero destinato all’espulsione. A maggio dello stesso anno un centinaio di antagonisti ha cercato di fare irruzione al Salone del libro di Torino in nome di Gaza. Bilancio: lo sfondamento dei cancelli del Lingotto. All’inizio di quest’anno, il 9 gennaio, il commissariato di polizia di Dora Vanchiglia, insieme alla caserma dei carabinieri di piazza Carlina- il bilancio è del prefetto- «è stato fatto oggetto di un’aggressione preordinata e messa in atto in modo organizzato e facendo uso di mezzi violenti da parte di persone che hanno agito travisate con passamontagna e maschere antigas» (cinque agenti feriti). Dalle cronache di quella giornata emerge un attacco realizzato con pietre, transenne, bottiglie di vetro e pali di ferro. Il prefetto Cafagna è un personaggio chiave nel “dossier Askatasuna”, visto che non ha mai nascosto la sua contrarietà alla scelta dell’amministrazione comunale di sinistra di rendere la “casa” del Centro sociale un “bene comune”. No Tav, pro-Pal, ma anche la guerriglia urbana in nome dell’anarchico Alfredo Cospito. Ogni stagione ha avuto il suo detonatore. Nel febbraio e marzo del 2023 Askatasuna si è resa protagonista di una serie di manifestazioni per solidarizzare con il detenuto. Identico il copione: cortei al grido di «fuoco alle galere», «fuori tutti dal 41 bis» e «assassini» caratterizzati da scontri, feriti tra le Forze dell’ordine, fumogeni, bombe carta, vetrine rotte a colpi di pietra e danneggiamenti a edifici, automobili e negozi. A marzo, i militanti avevano esultato per la sentenza con la quale il tribunale di Torino aveva fatto cadere, per 16 di loro, l’accusa di associazione per delinquere. Ma da ieri la storia è cambiata.

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