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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio Rassegna Stampa
13.12.2025 Il nuovo Asse del Bene fra Berlino e Gerusalemme
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 13 dicembre 2025
Pagina: VII
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il nuovo Asse del Bene»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/12/2025, a pagina VII, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo: "Il nuovo Asse del Bene".

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Il cancelliere Adenauer e Ben Gurion posero le basi della nuova alleanza fra Germania e Israele, appena un ventennio dopo la Shoah. I fatti di questi anni dimostrano che l'alleanza sia ancora solida. Un Asse del Bene contrapposto all'alleanza dell'Iran con le dittature di questo secolo.

Poco meno di due mesi prima del rapimento di Adolf Eichmann in Argentina da parte di agenti israeliani del Mossad accadde un evento storico e epocale: l’incontro al Waldorf Astoria di New York tra David Ben-Gurion e Konrad Adenauer. Quindici anni dopo l’Olocausto, i due statisti tentarono di colmare l’abisso che esisteva tra le loro nazioni, gli eredi del nazismo e gli eredi del popolo deportato nelle camere a gas. Una fotografia mostra il socialista sionista mentre pone la mano sull’avambraccio del cattolico conservatore. Le relazioni diplomatiche tra Germania e Israele saranno stabilite solo cinque anni dopo quell’incontro. Adenauer si sarebbe poi recato in Israele a trovare Ben-Gurion nella sua casa, il kibbutz Sde Boker nel deserto del Negev. Entrambi non erano più in carica. Ben-Gurion voleva che il leader tedesco, che portava con sé il peso di un’intera nazione che cercava di rialzarsi moralmente dopo il baratro nazista, vedesse con i propri occhi cosa significava ricostruire una nazione dalle ceneri, pietra su pietra, albero dopo albero, goccia a goccia. Le pareti erano tappezzate di libri: Platone, Spinoza, la Mishnah, Clausewitz, mappe del Negev con i progetti di irrigazione. Sul tavolo, una brocca d’acqua e due bicchieri. “Dobbiamo sostenere lo stato di Israele come bastione occidentale (westliche bastion) in medio oriente” disse Adenauer a Ben-Gurion, in linea con la rappresentazione di Theodor Herzl dello stato ebraico come “avamposto” occidentale.

Un anno dopo, Adenauer morì a 91 anni e Ben-Gurion rese omaggio al fondatore della Repubblica federale tedesca e mise piede per la prima volta sul suolo tedesco. Helmut Kohl avrebbe definito i rapporti della Germania con Israele “un vero miracolo”.

Durante la visita di Kohl in Israele nel 1984, un generale israeliano si avvicinò al cancelliere: “Conosco tua madre e te”. La madre di Kohl continuò a fare la spesa dal suo fornaio a Ludwigshafen anche dopo il boicottaggio nazista delle attività ebraiche. E il generale israeliano era figlio di quel fornaio ebreo.

Nessun altro paese europeo ha fatto per Israele quanto la Germania: non la Francia che da de Gaulle a Macron mantiene un atteggiamento di cinico sospetto; non l’Inghilterra che ha la sindrome paternalista e antisemita ereditata dal Mandato coloniale; non certo la Spagna o l’Italia, ancorate nella tradizione filo araba.

Mentre in tutta la Germania si svolgevano eventi commemorativi dell’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023, il ministro degli Esteri Johann Wadephul diceva: “Come tedesco, sono il più chiaro difensore di Israele” e “quello che si schiera sempre più chiaramente dalla parte di Israele a Bruxelles”. Nessun altro paese europeo parla così. Nel sito del governo federale tedesco c’è una pagina intitolata: “La Germania sta con Israele”. Ma niente chiacchiere.

Berlino ha inviato in Israele gli Eurofighter dell’aeronautica militare tedesca per celebrare il 75esimo anniversario della fondazione dello stato ebraico. Aerei tedeschi hanno sorvolato Gerusalemme fianco a fianco con i caccia F-16 israeliani, a dimostrazione del legame tra le forze armate di entrambi i paesi. Il segnale era chiaro: la Germania è al fianco di Israele. Dal 2003, la Germania ha venduto armi a Israele per un valore di 3,3 miliardi di euro, tra cui le corvette Sa’ar utilizzate per imporre un blocco navale a Gaza contro Hamas. Tra il 2019 e il 2023, la Germania ha rappresentato il trenta per cento delle importazioni di armi di Israele, seconda solo agli Stati Uniti. I motori e le trasmissioni del carro armato da combattimento israeliano Merkava 4 sono stati sviluppati in Germania.

Ma ora la Germania non è più il generoso benefattore di Israele, ora è un rapporto tra pari. Questa settimana la Germania ha dislocato per la prima volta fuori dallo stato ebraico le batterie antimissile israeliane Arrow 3 (il più grande accordo sulle armi nella storia di Israele). Il cancelliere Friedrich Merz domenica era a Gerusalemme dal premier Netanyahu e questa settimana arriva in Israele anche il ministro dell’Economia, Katherina Reiche, che porta con sé i capi della Difesa.

Architrave della deterrenza israeliana sono oggi sei sottomarini, da Dolphin (delfino) a Leviathan (balena), da Takum (resurrezione) a Tallin (coccodrillo) fino al Dragone. Sono i sottomarini che la Germania ha consegnato a Israele, un terzo dei quali pagati dai contribuenti tedeschi. Ogni sono come un dito medio alzato contro il moralismo europeo, i campus americani, l’Iran e chiunque pensi che lo stato ebraico sia una parentesi storica da chiudere. I sottomarini venduti al governo israeliano sono stati armati con testate nucleari da Gerusalemme. L’allora ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, disse che i tedeschi devono essere orgogliosi per aver “assicurato l’esistenza dello stato di Israele per molti anni”. Nel 2005, fu il cancelliere socialdemocratico Schroeder ad approvare la consegna dei sottomarini. I congegni elettronici nei sottomarini portano nomi come Siemens e Atlas, vanto dell’industria tedesca. Secondo Ami Ayalon, già a capo del servizio segreto interno in Israele, quella di acquistare questi sottomarini è stata “la decisione strategica più importante in Israele”. Fu nel 1991 che l’accordo fra Berlino e Gerusalemme subì una accelerazione. Un gesto di riparazione della Germania verso Israele per aver assistito l’industria bellica del dittatore iracheno Saddam Hussein.

Nel 1991 Saddam lanciò missili Scud su Tel Aviv, causando morti e feriti, e costringendo gli israeliani a dotare la popolazione delle maschere antigas, per il timore che il dittatore iracheno potesse dotare i missili di armi batteriologiche e chimiche, come antrace, sarin, vx, vaiolo. Hanan Alon, allora ufficiale della Difesa israeliano, disse al cancelliere Kohl: “Saprà bene che le parole gas e Germania non suonano bene insieme”. Così Berlino decise di finanziare massicciamente la difesa dello stato ebraico. Il 30 gennaio 1991 viene siglato un accordo per un miliardo di marchi tedeschi, fra cui due sottomarini. Nel 1994, all’aeroporto militare di Colonia, atterra una delegazione israeliana. A bordo ci sono Yitzhak Rabin (il primo premier israeliano a visitare la Germania) e il capo del Mossad, Shabtai Shavit. Si firma per il sottomarino “Tekumah”, che staziona di fronte alle coste di Haifa. Israele avrebbe modificato i serbatoi per poter raggiungere distanze di diecimila chilometri via mare e trascorrere cinquanta giorni in profondità di fronte alle coste dell’Iran. La difesa di Israele così è diventata “parte della ragion di stato”, come avrebbe riconosciuto Angela Merkel in un discorso alla Knesset nel marzo 2008 (c’è un capitolo tutto dedicato a Israele nelle memorie dell’ex cancelliera, “Libertà”). Per ogni governo tedesco, di centrodestra come di centrosinistra, esiste da allora una “Lex Israel” non scritta, che dura da mezzo secolo ed è sopravvissuta a tutti i cambi di governo, e che Gerhard Schröder ha riassunto nel 2002: “Voglio dire in modo inequivocabile: Israele riceverà ciò di cui ha bisogno per mantenere la sua sicurezza”.

“Vogliamo che partecipiate allo sviluppo del nostro paese”, esortò Ben-Gurion al cancelliere Adenauer, che rispose: “Posso dirvi fin da ora che vi aiuteremo e non vi deluderemo”. A partire da Adenauer, i capi di governo tedeschi avrebbero aggirato anche il Parlamento in vari accordi militari con Israele. Tra l’ottanta e il cento per cento dell’acciaio e del ferro per la crescente industria meccanica israeliana provenne da risorse tedesche, senza le quali Israele non sarebbe stato in grado di sviluppare la propria base industriale. Gli aiuti tedeschi a Israele superarono di tre volte quelli americani. Le Forze di difesa israeliane ottennero l’accesso a un arsenale di qualità superiore. Ufficiali tedeschi furono inviati in Israele per addestrare i soldati con la stella di Davide, mentre ufficiali israeliani furono inviati in Germania per essere addestrati dalla Bundeswehr, inclusi futuri comandanti come Haim Laskov. Di contro, la Ddr non pagò alcun risarcimento a Israele, poiché si considerava uno “stato antifascista” e quindi non responsabile dell’Olocausto. La dirigenza comunista si schierò con gli stati arabi e, in seguito, con la dirigenza dell’Olp. Nella guerra dello Yom Kippur del 1973, la Ddr sostenne la Siria, che pianificava di distruggere lo stato ebraico. Dotati di armi e denaro tedeschi, i carri armati israeliani furono in grado di invadere il Sinai, le alture del Golan e la Cisgiordania dopo la vittoria nella guerra del 1967 contro Egitto, Giordania e Siria.

L’eccidio di Monaco nel 1972 e il raid di Entebbe nel 1976 erano stati i due eventi che sconvolsono molti esponenti della “Nuova Sinistra” della Germania Ovest, tra cui Joschka Fischer, figura di spicco di un gruppo di Francoforte chiamato “Lotta Rivoluzionaria”. Fischer conosceva uno dei dirottatori, Winfried Böse, che frequentava la scena di sinistra della città sul Meno. Fischer raccontò in seguito al suo biografo che il dirottamento, e in particolare la separazione dei passeggeri ebrei da quelli non ebrei, gli avevano mostrato “come coloro che si distinguevano nettamente dal nazionalsocialismo e dai suoi crimini avessero ripetuto quasi compulsivamente i crimini dei nazisti.”

L’allora ministro della Difesa, Franz Josef Strauss, arrivò alla missione israeliana di Colonia in limousine e consegnò a un ufficiale di collegamento del Mossad un oggetto avvolto in un cappotto, “per i ragazzi di Tel Aviv”. Si trattava del nuovo modello di granata anticarro. Oggi sappiamo che le consegne di armi iniziarono non più tardi del 1958. Il ministro della Difesa tedesco fece addirittura rimuovere segretamente armi ed equipaggiamenti dai depositi della Bundeswehr e successivamente denunciò il materiale rubato alla polizia. Che la garanzia di sicurezza tedesca per Israele non fosse una questione di partito divenne chiaro quando il socialdemocratico Willy Brandt era al potere a Bonn e Israele era sull’orlo della sconfitta nella guerra dello Yom Kippur del 1973. Sebbene la Repubblica federale rimanesse ufficialmente neutrale nella guerra, il cancelliere autorizzò personalmente le consegne di armi a Gerusalemme, come riportò il biografo di Brandt, Peter Merseburger. Negli anni Sessanta, Israele non era più interessato esclusivamente alle armi convenzionali. Ben-Gurion aveva già affidato a Shimon Peres l’“Operazione Sansone”, dal nome dell’eroe biblico che visse al tempo in cui gli israeliti erano oppressi dai filistei. L’obiettivo dell’operazione: lo sviluppo della bomba atomica. Gli israeliani dichiararono ai loro alleati di aver bisogno di energia nucleare a basso costo per desalinizzare l’acqua di mare. Intendevano utilizzare l’acqua per rendere fertile il deserto del Negev. E si ritiene che anche la Germania ebbe un ruolo nel programma nucleare israeliano.

Si arriva così ai giorni nostri, col cancelliere Merz che difende Israele che “fa il lavoro sporco anche per noi” e un ministro degli Esteri, la verde Annalena Baerbock, che dopo il 7 ottobre dichiara che Israele ha il diritto di attaccare anche gli insediamenti civili a Gaza se usati da Hamas: “Autodifesa non significa solo attaccare i terroristi, ma annientarli. Per questo, ho sempre detto chiaramente che quando i terroristi di Hamas si nascondono dietro le persone, dietro le scuole, ci troviamo di fronte a una situazione molto delicata, ma io non mi vergogno a dirlo, anzi, le abitazioni civili perdono il loro status di protezione perché i terroristi ne fanno un uso illecito. La Germania difende questi valori ed è questo che significa per noi sicurezza di Israele”. Fino al filosofo Jürgen Habermas, che dopo il 7 ottobre scrive: “Reazione di Israele giustificata”. La Merkel dirà: “Vendiamo armi a Israele perché crediamo che Israele debba difendersi e venga attaccato”, disse nel 2015 la cancelliera agli studenti di una scuola di Berlino. “Crediamo anche che la Germania abbia un obbligo speciale di sostenere Israele”. I tedeschi non possono dimenticare il loro passato, ma possono fare tutto il possibile per impedire un altro Olocausto. Israele über alles.

 

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