Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Antisemitismo, ora occorre approvare una legge unitaria Commento di Stefania Craxi
Testata: Il Riformista Data: 10 dicembre 2025 Pagina: 6 Autore: Stefania Craxi Titolo: «È ora di approvare una legge unitaria. Sull’antisemitismo la sinistra ha completamente perso la bussola»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi 10/12/2025, a pagina 6, il commento di Stefania Craxi: "È ora di approvare una legge unitaria. Sull’antisemitismo la sinistra ha completamente perso la bussola".
Stefania CraxiIl disegno di legge Delrio permette di adottare la definizione di antisemitismo data dall'IHRA, che include anche l'odio antisionista. Ed è questo che sta spaccando la sinistra. Stefania Craxi, pur con un padre così ingombrante (Sigonella, Arafat "nuovo Mazzini"...) coglie la contraddizione della sinistra e propone l'adozione bipartisan del disegno di legge contro l'antisemitismo: "la lotta all’odio non è un favore al governo, a un partito o a una corrente, ma un dovere di civiltà".
Il dibattito aperto attorno al disegno di legge Delrio contro l’antisemitismo non riguarda soltanto una proposta normativa. È piuttosto il termometro di una crisi profonda che attraversa le società occidentali e, nel caso italiano, rivela una crisi culturale — ancor prima che politica — dello schieramento progressista. Dopo anni di ambiguità, quella parte politica sembra tornare alle proprie origini più radicali, manifestando una naturale propensione verso pulsioni estreme. Non si tratta semplicemente di irrigidimento ideologico, ma di un processo di ridefinizione identitaria che, nel tentativo di marcare la distanza dalla maggioranza, anche su temi che richiederebbero visioni condivise o almeno non conflittuali, strizza l’occhio a mondi e linguaggi che dovrebbero restare fuori dal dibattito pubblico e istituzionale.
Questa tensione verso l’estremo si traduce in una concezione della società che privilegia la rottura rispetto alla mediazione, e apre la porta a modelli culturali e sociali che attingono tanto alle esperienze antagoniste quanto alle nuove forme di attivismo globale. La verità è che questa sinistra, anche su questo terreno, ha perso la bussola. E sarebbe bene non evocare a sproposito Bettino Craxi. Il leader socialista sostenne infatti la causa palestinese senza mai essere contro Israele, promosse il dialogo con i socialisti israeliani nel solco dell’Internazionale Socialista e lavorò sempre per soluzioni capaci di tenere insieme la sicurezza di Israele e i legittimi diritti del popolo palestinese. La sua fermezza nel condannare la lotta armata e il terrorismo, unita alla costante ricerca dell’incontro politico tra le parti, resta un riferimento imprescindibile.
È del tutto evidente che criticare le scelte di un governo amico e alleato rientri nel legittimo diritto di critica — un diritto che nessuno ha mai messo in discussione. Ma trasformare un giudizio, anche severo, in una delegittimazione costante dello Stato di Israele è un errore grave che non aiuta né la causa di libertà del popolo palestinese, né la ricerca di soluzioni credibili per un processo di pace duraturo. Il diritto dei palestinesi a una patria è una condizione imprescindibile per la pace. Ma questa battaglia non trova forza nella demonizzazione dell’altro: al contrario, consegnare la causa palestinese al fanatismo e all’estremismo islamico significa condannarla alla sconfitta.
Negare questa realtà — come negare che in Israele esistano una magistratura indipendente, una stampa libera e un’opposizione politica e civile capace di riempire le piazze — contribuisce a generare equivoci pericolosi, destinati ad alimentare tensioni dentro e fuori il Medio Oriente. Ed è proprio in questo clima che si registra un aumento senza precedenti degli episodi di antisemitismo. I dati italiani parlano chiaro: nel 2024, l’Osservatorio della Fondazione CDEC ha registrato il doppio degli episodi dell’anno precedente, con un picco online e un intreccio crescente tra antisionismo e stereotipi tradizionali. Sono numeri che descrivono un fenomeno strutturale, accentuato dagli eventi successivi al 7 ottobre.
Per questo non basta indignarsi. Serve una risposta culturale e legislativa. È compito del Parlamento intervenire, ricordando che la dialettica politica e istituzionale vive di confronto, non di anatemi. Occorre una discussione alta, serena e trasversale — una discussione tra responsabili — per elaborare e approvare un disegno di legge che rafforzi prevenzione, educazione e conoscenza. Non si tratta di imporre bavagli che nessuno vuole o potrebbe immaginare, anche alla luce di un dettato costituzionale spesso evocato a sproposito. Si tratta piuttosto di riaffermare un principio cardine: la lotta all’odio non è un favore al governo, a un partito o a una corrente, ma un dovere di civiltà.
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