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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
07.12.2025 Siria, un anno dopo la caduta di Assad
Analisi di Mattia Preto

Testata: Informazione Corretta
Data: 07 dicembre 2025
Pagina: 1
Autore: Mattia Preto
Titolo: «Siria, un anno dopo la caduta di Assad»

Siria, un anno dopo la caduta di Assad
Analisi di Mattia Preto


Mattia Preto

La bandiera della nuova Siria su Damasco. La Siria resta un mosaico instabile, ma con un dittatore in meno. Le prigioni del regime, teatro di crimini contro l’umanità, sono state chiuse e l’asse iraniano è stato spezzato. Resta il timore che al Sharaa, il nuovo padrone della Siria, non sia da meno. Viene da al Qaeda, siamo sicuri che sia realmente "pentito"?

Nelle prime ore dell’8 dicembre 2024 i ribelli siriani stanno per entrare a Damasco (capitale della Siria). Il regime di Bashar al-Assad è al collasso e il dittatore può solo fuggire in fretta, imbarcandosi con pochi fedelissimi su un aereo diretto a Mosca. Così, dopo un’offensiva durata pochi giorni, si conclude la sanguinaria dittatura della famiglia Assad, iniziata nel 1971 con il colpo di Stato di Hafiz al-Assad (padre di Bashar) e durata 53 anni.

La famiglia Assad apparteneva alla minoranza musulmana alawita, una corrente dello sciismo che spiega il solido legame con l’Iran e Hezbollah.

Bashar, però, non era destinato alla politica: studiava oftalmologia a Londra e non aveva svolto neppure il servizio militare. Tutto cambiò nel 1994, quando il fratello maggiore ed erede designato Bassel, morì in un incidente; Hafiz ormai malato, richiamò allora Bashar in patria per prepararlo alla successione. Nel 2000, alla morte del padre, Bashar prese il potere presentandosi come riformatore ma si rivelò presto ancor più brutale. Con le Primavere arabe Assad temette la fine del regime e reagì con una repressione feroce, con il sostegno russo nel 2013 colpì aree ribelli con armi chimiche al sarin e al cloro, compiendo uno dei peggiori crimini degli ultimi decenni. Gli Stati Uniti guidati da Obama evitarono l’intervento diretto temendo che un vuoto di potere favorisse l’ascesa dell’Isis. La Russia difese politicamente Damasco, prima negando l’esistenza dell’arsenale chimico siriano e poi spingendo Assad a consegnarne una parte alla comunità internazionale, Mosca e il regime sostennero falsamente di aver eliminato tutte le scorte, ma le indagini internazionali e nuovi attacchi documentati fino al 2018 dimostrarono che una parte rilevante delle armi non era stata consegnata.

Nel 2024 la situazione cambia drasticamente. La Russia, logorata dal conflitto in Ucraina, non è più in grado di garantire ad Assad il sostegno militare di un tempo. Lo stesso accade per Hezbollah: il gruppo aveva impiegato fino a 20.000 uomini per difendere il regime, ma a fine 2024 è ormai ridimensionato dopo le operazioni dell’IDF di settembre, tra cui l’eliminazione del leader Hassan Nasrallah. Anche l’Iran arranca, indebolito dallo sforzo bellico legato all’attacco contro Israele. In questo contesto Assad rimane sempre più isolato. I ribelli, sostenuti dalla Turchia di Erdogan, avanzano rapidamente e conquistano in poche settimane Aleppo, Hama, Homs e infine Damasco, ovvero le principali città siriane. È una sconfitta non solo per il regime, ma anche per l’Iran, che perde il suo alleato più importante nella regione, per la Russia, che vede minacciate le sue basi navali di Tartus e Latakia, e per Hezbollah, che non può più contare sul corridoio siriano per il trasferimento delle armi iraniane. A prevalere è invece l’asse sostenuto da Erdoğan, che vede nella vittoria di Ahmad al-Sharaa l’occasione per rafforzare l’influenza turca in Medio Oriente a scapito di Teheran e Mosca.

È dunque, l’ex jihadista Ahmad al-Sharaa (noto come al-Jolani) a emergere come il nuovo uomo forte della Siria. Si libera delle vesti di guerrigliero islamico, indossa giacca e cravatta e cerca legittimazione internazionale. Nel giro di pochi mesi incontra Erdoğan, Trump alla Casa Bianca (primo leader siriano a farlo), Macron all’Eliseo, oltre a capi di Stato di Egitto, Azerbaigian, Brasile, Libano, Arabia Saudita e anche l’Italia, in un vertice con Giorgia Meloni. Di recente è volato a Mosca per incontrare Putin, verosimilmente alla ricerca di un’intesa sulle basi russe e di una possibile estradizione di Assad, ancora rifugiato nella capitale russa. Tutta questa attività diplomatica è volta a trovare nuovi partner commerciali: il peso delle sanzioni è enorme, e senza il sostegno di Iran e Russia la nuova Siria ha bisogno urgente di investimenti.

In questo nuovo scenario entra in gioco Israele. Il futuro dei rapporti tra Gerusalemme e Damasco dipende principalmente da due elementi: il Golan e la minoranza drusa. Il Golan, conquistato da Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, rappresenta un avamposto strategico indispensabile grazie alla sua posizione elevata, una delle poche barriere naturali di rilievo in tutto il Medio Oriente. In questa area, così come nella provincia siriana di Sweida, vive la comunità drusa, che considera Israele un baluardo di protezione. I drusi sono stati perseguitati dagli islamisti sia sotto Assad sia sotto al-Sharaa e, nell’estate 2025, l’IDF è intervenuta per fermare i massacri compiuti contro di loro nel sud della Siria. I drusi sono pienamente consapevoli che solo in Israele possono vivere in condizioni di libertà e sicurezza, lontani dalle persecuzioni subite altrove nella regione. Per Israele una comunità drusa forte e stabile a Sweida, magari come regione autonoma, potrebbe diventare una garanzia per la sicurezza del confine settentrionale e un fattore di stabilità nei futuri rapporti con la Siria.

La Siria resta un mosaico instabile, ma con un dittatore in meno. Le prigioni del regime, teatro di crimini contro l’umanità, sono state chiuse e l’asse iraniano è stato spezzato. Il futuro del Paese è incerto, soprattutto perché guidato da un ex membro di Al-Qaida, ma l’Occidente e Israele dispongono ora di un margine di manovra maggiore in una Siria nuova, fragile e tutta da ricostruire.


takinut3@gmail.com

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