Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Testata: Setteottobre Data: 06 dicembre 2025 Pagina: 1 Autore: Stefano Parisi Titolo: «Abu Mazen ad Atreju»
Riprendiamo dal giornale di SETTEOTTOBRE online, il commento di Stefano Parisi dal titolo: "Abu Mazen ad Atreju"
Stefano Parisi
L’invito di Abu Mazen (a sinistra in foto) ad Atreju, invece di essere motivo di indignazione, possa diventare un’occasione per chiedergli conto delle riforme richieste dal piano di pace ONU–Trump: democrazia interna, fine dell’incitamento all’odio e smantellamento di ogni minaccia terroristica. L’Italia, forte della sua posizione filo-israeliana e del ruolo diplomatico acquisito, può usare l’evento per stanare le ambiguità dell’ANP e chiarire all’opinione pubblica i reali nodi del processo di pace
Abu Mazen invitato ad Atreju. C’è molta indignazione tra le persone che, come noi, sostengono Israele e combattono la difficile battaglia in difesa dei valori occidentali dall’onda di antisemitismo alimentata dalla propaganda dell’Islam radicale.
Ma forse, riflettendo, questo invito può essere una buona occasione per aiutare il difficile percorso del piano di pace.
L’invito va inserito nel contesto italiano. Il nostro Governo ha accompagnato il piano di Trump, non ha mai voluto riconoscere lo Stato palestinese resistendo alle pressioni europee e a quelle dei partiti dell’opposizione, e oggi si trova nella condizione di poter svolgere un ruolo non secondario nella fase più difficile del piano, quella che segue al rilascio degli ostaggi e al difficile cessate il fuoco. Giorgia Meloni è stata invitata al vertice del Consiglio di Cooperazione dei paesi del Golfo e lì ha svolto un intervento molto chiaro sulla crisi in Medio Oriente, ha posto in modo inequivocabile le condizioni del riconoscimento pieno di Israele da parte del futuro Stato palestinese, del dovere di garantire la sicurezza per Israele e ha denunciato, senza mezzi termini, il terrorismo e l’attività dell’Islam radicale in Europa.
Dunque, Abu Mazen sarà a Roma nei prossimi giorni, in un evento politico, non istituzionale.
Se questo invito dovesse essere, come alcuni commentatori hanno scritto, solo un’iniziativa per mettere in difficoltà la sinistra, sarebbe davvero un’occasione persa. D’altro canto, la sinistra si mette in difficoltà da sola tutti i giorni, non è necessario scomodare l’anziano Abu Mazen.
L’invito può essere una importante occasione per stanare il vecchio leader dalle sue ambiguità e per far capire a quella parte di opinione pubblica italiana, così solidale con il popolo palestinese, quali sono i veri termini della questione.
Il Piano di Pace di Trump è stato fatto proprio dall’ONU, con la risoluzione del Consiglio di sicurezza del 17 novembre scorso. Quel piano prevede la possibilità dell’avvio di un percorso che porti all’autodeterminazione e statualizzazione della Palestina condizionato allo smantellamento militare di Hamas, all’eliminazione di qualsiasi minaccia terroristica nell’area e, soprattutto, alla completa e soddisfacente attuazione della riforma dell’ANP di cui Abu Mazen è il Presidente. Dunque, piaccia o no, l’ANP è l’interlocutore palestinese per la realizzazione del piano. I termini della riforma, richiamati dall’ONU, sono nel precedente piano di pace di Trump del 2020. Secondo quel piano i palestinesi devono implementare un sistema di governo democratico, con elezioni libere e nel rispetto dei diritti umani, e piena protezione per tutte le minoranze religiose, e soprattutto dovranno chiudere i programmi di formazione, curricula e testi scolastici, che ora sostengono l’incitamento e la promozione dell’odio raziale, e incentivano le azioni violente e criminali contro gli israeliani.
Atreju è l’occasione per fare domande stringenti all’ospite palestinese. Evitare qualsiasi retorica pacifista che gli consenta di sfuggire dai temi fondamentali del processo di pace.
C’è una fortissima ostilità in molti settori dell’opinione pubblica israeliana verso Abu Mazen e l’ANP. Loro sanno quanta ambiguità è stata presente nei suoi discorsi, quanto incitamento all’odio e al martirio ha segnato la sua leadership.
L’Italia, nel suo passato, ha avuto leader ambigui sul Medio Oriente; pensavano che i buoni rapporti con Arafat potessero proteggere il paese da attacchi terroristici, abbandonando al proprio destino la democrazia israeliana. Il risultato è davanti a tutti: gli ebrei italiani sono sotto attacco da un’opinione pubblica educata all’indignazione verso gli israeliani che si difendono da chi vuole sterminare. Oggi serve un’azione pedagogica rivolta agli italiani. Basta ambiguità, basta furbizie. Abu Mazen, o chi domani sarà il leader di ANP, dovrà assumersi la responsabilità di sradicare l’odio verso gli ebrei e dare una prospettiva di sviluppo e di pace ai palestinesi. L’Italia deve sostenere questo percorso se vuole che i palestinesi vivano un giorno liberi dal giogo dell’Islam radicale.
Ultima annotazione: ad Atreju, domenica, Maurizio Molinari intervisterà Rom Braslavski, rapito al Nova festival e tornato a casa dopo più di due anni nei tunnel. Il mondo lo ha conosciuto attraverso i suoi sconvolgenti video fatti dai tunnel dell’orrore. Lui racconterà la sua storia.