Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "La resa incondizionata del PD alla mezzaluna demograficamente redditizia".

Giulio Meotti

Da “né Dio né padrone” a “Allahu Akbar e buon voto”.
In Francia Jean-Luc Mélenchon, il capo della sinistra, questa settimana è atteso in Parlamento a riferire alla commissione di inchiesta sui legami politici dell’islamismo. Il giornalista franco-siriano Omar Youssef Souleimane, autore del libro I complici del male, ha testimoniato: “Ho vissuto per sette anni nella periferia di Parigi. Sono sempre rimasto sorpreso dal fatto che alcuni imam, imam radicali, sostenessero Mélenchon senza alcuna riserva. Gli islamisti usano la France Insoumise come cavallo di Troia per perseguire interessi politici e arrivare in parlamento”.
Il cambiamento ideologico si è verificato dopo la sconfitta del 2017. A partire dall’estate fu lanciata la cosiddetta teoria dei “600.000 voti”: “I 600.000 voti di cui Jean-Luc Mélenchon ha bisogno per vincere si trovano nei quartieri popolari”. E lì sono andati a cercarli, vendendo l’anima al diavolo. Nel 2022 la strategia frutta: imam e moschee invitano a votare per la sinistra.
Ora la gauche apre i lavori con un “Bismillah ar-Rahman ar-Rahim” e chiudono con “Compagne e compagni”. Standing ovation, lacrime e qualcuno sviene per l’emozione interculturale.
Il PD di Elly Schlein, un mausoleo dove si aggira il fantasma di Enrico Berlinguer, ha scelto la via di Mélenchon e corteggia la mezzaluna.
L’ulivo è morto. Viva la palma da dattero.
Non si tratta di un inciampo tattico, ma di una scelta strategica lucida e cinica per fare del voto halal il jolly che ribalta i seggi: la sinistra italiana, come quella francese, ha capito che i voti “etnici” delle periferie urbane sono più prevedibili, più compatti e, soprattutto, in costante crescita demografica rispetto a quelli degli operai italiani che, delusi, sono migrati verso destra o si astengono. Schlein vuole così importare il modello francese: corteggiare apertamente le associazioni islamiche, difendere il velo nelle scuole, accusare di “islamofobia” chiunque osi criticare il fondamentalismo e presentare l’immigrazione di massa come un valore assoluto non negoziabile.
Nascono così sodalizi dove si mescola il richiamo alla preghiera all’Internazionale socialista e che portano all’edificazione di mega luoghi di culto islamici. È il caso di Torino. A Milano ai fedeli islamici andrà un edificio comunale. A Roma alla moschea attuale se ne aggiungerà una seconda. E a Firenze quella esistente raddoppierà dimensioni.
I permessi li mette il PD, i soldi spesso il Qatar.
PD che ha appena lanciato una campagna per la liberazione di Marwan Barghouti, il capo della Seconda Intifada, condannato a cinque ergastoli per l’omicidio di ebrei e cristiani.
La sinistra ha barattato l’Illuminismo con l’Intifada per un pugno di schede elettorali?

Barghouti non è un poeta romantico o un martire alla Mandela, come alcuni ingenui (o maliziosi) lo dipingono. Cinque ergastoli più quaranta anni: non esattamente una multa per sosta vietata. Coinvolgimento negli attentati al Seafood Market di Tel Aviv, dove tre civili persero la vita, e altri orrori simili. Barghouti non è un ladro di polli: è un architetto di stragi. Il PD lo sa bene, ma con queste campagne provano a intercettare il nuovo “voto utile”.
Ecco la contorta metamorfosi del Partito Democratico, da nobile relitto della tradizione gramsciana a bazar ideologico dove le bandiere rosse si intrecciano con le keffiyeh palestinesi in una sincretica alchimia che trasforma il PD in un avamposto di pace perpetua kantiana intrisa di spezie mediorientali.
Nelle grandi città del Nord Italia, dove il voto musulmano può fare la differenza nei ballottaggi, i candidati PD non perdono occasione per presenziare agli iftar di Ramadan (da Torino a Bologna), difendere i centri culturali che ospitano predicatori violenti e accusare di razzismo chiunque ricordi che in molti paesi islamici le minoranze cristiane vengono perseguitate o sterminate.
E mentre da Trump alla Germania ci si muove contro i Fratelli Musulmani, diventare la succursale italiana della Fratellanza con bonus punti tessera Coop sembra il destino del PD.
A Torino, dove il PD è sceso in piazza per l’imam estremista, è in corso un evento, “Pro Mus”, a cui partecipano Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii amico del sindaco di Bologna Lepore; Abderrahmane Amajou, presidente nazionale di ActionAid Italia e Abdullahi Ahmed, consigliere comunale torinese del Partito Democratico di origine somala. Intanto le Officine Nebiolo diventerànno la moschea più grande del Nord. I lavori inizieranno tra pochi mesi. Non ci sarà solo un’enorme sala per la preghiera, ma una vera e propria cittadella musulmana: studentato, ristoranti, biblioteca, sala studio, palestra. E, a svettarci sopra, un minareto di venti metri.
Marx è morto, viva Maometto. O forse neanche: il Partito Democratico diventa Partito Demografico e l’unica ideologia rimasta è il numero.
Sempre a Torino il PD ha eletto e scelto come presidente della commissione Intolleranza Abdullahi Ahmed. Uno “sportello per denunciare l’islamofobia” - prima città in Italia - è stato creato sempre dal PD al Comune di Torino.
A Pioltello la scuola chiude per il Ramadan? Il Partito Democratico la difende.
Da “lavoratori di tutto il mondo unitevi” a “fratelli musulmani benvenuti nei circoli Arci”.
A Genova il sindaco Silvia Salis (che ha tolto il presepe) ha portato in Consiglio comunale Mohamed Kaabour.
Nell’organigramma nazionale del PD ci sono Ouidad Bakkali, parlamentare vicina a Schlein, e Marwa Mahmoud, musulmana col velo, che guida la Scuola di istruzione politica del PD, le nuove Frattocchie. Il sindaco di Bari, Vito Leccese del Partito Democratico, prima consegna le chiavi della città a Francesca “Hamas ha costruito scuole e ospedali” Albanese, poi ha cacciato Israele dalla Fiera del Levante.
Magari il prossimo simbolo del PD sarà una colomba della pace che tiene in bocca un ramoscello d’ulivo e una pietra da lanciare contro i soldati israeliani.
A Bruxelles, il Partito Democratico con il capodelegazione il deputato Brando Benifei ha fatto da sponda ai Fratelli Musulmani e alla loro sigla giovanile Femyso in occasione della “Giornata europea contro l’islamofobia”.
Se riesci a portare al voto il 60-70 per cento delle comunità islamiche e a convogliarle sul tuo simbolo hai già decine di migliaia di preferenze sicure in ogni grande città. Il PD ha così smesso di parlare di laicità dello Stato quando rischia di urtare la “sensibilità” islamica. Ha accettato che nelle periferie nascessero zone dove la sharia informale regola la vita quotidiana, dalla poligamia di fatto al controllo sociale sulle ragazze. Ha taciuto sugli imam che predicano l’odio contro gli ebrei, i cristiani e gli omosessuali, perché “bisogna rispettare le culture”. Ha trasformato l’antifascismo in una clava contro gli italiani che osano difendere i propri confini fisici e culturali.
Ricordiamo che quando un imam pregò la Jihad all’Università di Torino, Gian Giacomo Migone, già cofondatore del PDS, sulla Stampa scrisse contro il questore di Torino “accecato dal bisogno di condannare e vietare le funzioni di rito musulmano”.
Intanto le moschee continuano a proliferare nelle città guidate dal PD: Bergamo, Paderno Dugnano, Bologna, Genova, Sestri Levante, Empoli…
Incapace di parlare alle classi medie e popolari, la sinistra italiana si è venduta al miglior offerente demografico diventando un’agenzia elettorale che ha appaltato la sua agenda alle moschee in cambio di un po’ di potere residuale. Quasi un’evoluzione darwiniana: i più adatti sopravvivono e, in un’Italia decotta e invecchiata, i giovani delle banlieue sono la prole feconda.
Un altro mondo è possibile… inshallah!
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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