Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 04/12/2025, a pag. 17, con il titolo "Ramy, magistrati all’assalto dell’Arma", la cronaca di Massimo Sanvito
I carabinieri che hanno inseguito l'egiziano Ramy Elgaml, a Milano, sono stati scagionati dalle prove. Ma la magistratura non li molla. Continua il processo per sette carabinieri e per l'autista resta l'accusa di omicidio stradale e lesioni.
La notizia danzava nell’aria ma la doccia, per l’Arma, è comunque gelata. La Procura di Milano ha chiuso le indagini (per la seconda volta) e per il vicebrigadiere del Radiomobile alla guida della Giulietta lanciata all’inseguimento del T-Max con a bordo Fares e Ramy non solo è stata confermata l’accusa di omicidio stradale ma si è aggiunta anche quella di lesioni (a Fares furono refertati più di 40 giorni di prognosi per le fratture di mandibola e mascella).
Altri sei carabinieri, poi, rischiano di andare a processo per i fatti di quella maledetta notte milanese del 24 novembre 2024, cominciata nella movida di via Rosales e conclusa all’angolo tra via Ripamonti e via Quaranta, nella banlieue del Corvetto, con la morte di Ramy. Le ipotesi di reato sul piatto vanno dal favoreggiamento al depistaggio, dalle false informazioni ai pm al falso ideologico. Fares, il tunisino alla guida dello scooter che aveva preferito sfidare la roulette russa di un inseguimento notturno piuttosto che fermarsi all’alt della pattuglia “Volpe 40”, resta indagato per omicidio stradale. Quest’estate era stato condannato in primo grado a due anni e otto mesi per resistenza a pubblico ufficiale proprio per essere scappato.
Ma andiamo con ordine. Il carabiniere al volante della gazzella che tallonava il T-Max, si legge nelle carte della Procura di Milano, «teneva una distanza dal motoveicolo inseguito estremamente ridotta, quasi affiancandolo, e avvicinandosi allo stesso sino a 80 centimetri circa», mentre procedeva «a una velocità di 56,4 km/h a fronte di una velocità della moto di 54,8 km/h nel tratto finale». Poi l’impatto, dopo la sterzata improvvisa di Fares verso destra una volta già impostata notizia • La la curva a sinistra per seminare i carabinieri.
Dunque? Distanza e velocità della gazzella, secondo i pm, sarebbero state «inidonee a prevenire eventuali collisioni con il mezzo in fuga, considerate le condotte avventate del conducente del motociclo», ovvero picchi di velocità sopra i 120 km/h e vie prese in contromano. Non solo. Al vicebrigadiere viene contestata pure «la lunga durata dell’inseguimento» (otto chilometri), perché avrebbe inciso sulle sue «capacità di concentrazione nella guida» e sulle «capacità frenanti del veicolo condotto». Di più: il fatto che inseguiva uno scooter, con uno dei due passeggeri (Fares) «visibilmente senza casco», avrebbe dovuto convincerlo a desistere. Il carabiniere, è la tesi della procura, avrebbe violato le regole «di comune prudenza e diligenza». Perlomeno, riguardo all’accusa di lesioni, gli è stata concessa l’attenuante di non essere l’unico responsabile, vista e considerata la «condotta gravemente imprudente e negligente» di Fares.
Altri quattro militari dell’Arma presenti quella notte (due del Radiomobile e due del 3° Reggimento) sono invece accusati di favoreggiamento e depistaggio perché avrebbero fatto cancellare dei video a due testimoni. «Abbiamo già dimostrato ampiamente come quella persona, al momento dell’impatto, si trovava a 290 metri dal luogo dell’impatto», ha risposto ieri l’avvocato Pietro Porciani, legale di uno degli indagati.
Ma non è finita qui. Altri due carabinieri, più lo stesso vicebrigadiere alla guida della prima gazzella e uno dei membri del Radiomobile di cui sopra, sono accusati di falso ideologico. Secondo i pm, nel verbale d’arresto di Fares, avrebbero infatti riportato che il T-Max era caduto da solo e avrebbe omesso la presenza di un testimone sul posto, di una dashcam installata dentro una gazzella e di una bodycam indossata da un carabiniere. Infine, due di questi quattro militari, rispondono pure del reato di false informazioni ai pm in merito alla gestione (consegna e copia) dei filmati ripresi dalle proprie telecamere.
La politica, intanto, si scalda. «Carabinieri a processo perla morte di Ramy? Un’altra richiesta assurda e vergognosa. Onore all’Arma e alle forze dell’ordine. Riforma della Giustizia? Sì, grazie», dice il leader della Lega, Matteo Salvini.
«Dai pm uno schiaffo a chi protegge i cittadini», attacca i deputato di Fdi Riccardo De Corato. Domenica, a Milano, il Radiomobile sarà premiato con la massima onorificenza cittadina: l’Ambrogino d’Oro.
«Il loro operato è stato esemplare e abbiamo fiducia nella magistratura. Sono molto felice che, su mia proposta, ricevano questo riconoscimento», commenta il vicesegretario leghista Silvia Sardone.
Sul fronte giudiziario, l’avvocato Barbara Indovina, legale della famiglia di Ramy, spiega: «Se l’incidente poteva essere una tragica fatalità, quello che è avvenuto subito dopo è del tutto inaccettabile in uno Stato di diritto». Yehia Elgaml, il papà della vittima, è soddisfatto: «La Procura di Milano ha fatto bene. La verità sta arrivano, noi speriamo in bene».
Per il carabiniere accusato di omicidio stradale, la raccolta fondi lanciata da colleghi e amici per aiutarlo nelle spese legali ha raggiunto la cifra di 50.616 euro.
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