Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Libero contro i matrimoni gay in Europa. Incredibile per un giornale 'liberale'. Sarà un errore Commento di Tommaso Montesano e prima pagina di Libero
Testata: Libero Data: 26 novembre 2025 Pagina: 1/2 Autore: Tommaso Montesano Titolo: «Libero contro i matrimoni gay in Europa. Incredibile per un giornale 'liberale'. Sarà un errore»
Libero contro i matrimoni gay in Europa. Incredibile per un giornale 'liberale'. Sarà un errore
Ma si può fare una prima pagina così? Di tutte le lecite e legittime contestazioni che si possono muovere contro l'Ue e la sua invadenza, Libero, quotidiano nato liberale (come dice il nome stesso) sceglie di dare battaglia proprio contro il matrimonio gay, contro la decisione della Corte di permetterne il riconoscimento all'interno dell'Ue, anche nei paesi dove non è legalizzato. Sarà che bisogna soddisfare gli appetiti di un pubblico di lettori sempre più reazionario, ma da un quotidiano liberale non ce lo aspettavamo.
Di seguito il testo dell'articolo di cronaca e commento di Tommaso Montesano
Jakub Cupriak e Mateusz Trojan. Il primo ha la cittadinanza polacca e tedesca; il secondo solo quella polacca. I due si sono sposati civilmente in Germania, a Berlino, il 6 giugno 2018. Cupriak ha quindi aggiunto al suo cognome- quale seconda componente- quello del compagno: Trojan. Una volta tornata in Polonia la coppia, è stato lui, con la presentazione al capo dell’ufficio di stato civile di Varsavia della domanda di trascrizione dell’unione, a dare il via alla battaglia legale che si è conclusa ieri davanti alla “grande sezione” della Corte di Giustizia europea con una sentenza destinata a rivoluzione la normativa in tema di matrimonio tra persone dello stesso stesso.
La Corte, infatti, con una pronuncia di 13 pagine, ha stabilito che un matrimonio legalmente contratto in un Paese dell’Unione deve essere riconosciuto - in tutti gli altri Stati membri. E questo in virtù del fatto che, come già stabilito dalla giurisprudenza della Corte, «un cittadino di uno Stato membro che, nella sua qualità di cittadino dell’Unione, abbia esercitato la propria libertà di circolare e di soggiornare in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine, può avvalersi dei diritti connessi a tale qualità». Diritti nei quali rientrano, secondo l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, anche quelli relativi alla non discriminazione circa l’orientamento sessuale. E che non possono non essere estesi, secondo il collegio presieduto dal belga Koen Lenaerts, al vertice della Corte dal 2015, allo «Stato membro d’origine».
L’ITER DEI RICORSI
Il cuore della sentenza è al paragrafo 43 della sentenza: tra i «diritti riconosciuti ai cittadini degli Stati membri», scrivono i 13 giudici, va incluso «il diritto di condurre una normale vita familiare sia nello Stato membro ospitante sia nello Stato membro del quale essi possiedono la cittadinanza, al ritorno in tale Stato membro, ivi beneficiando della presenza, al loro fianco, dei loro familiari, incluso il coniuge».
Cupriak e Trojan, una volta respinta la loro domanda di trascrizione dell’atto di matrimonio stipulato in Germania nel registro dello stato civile polacco- l’8 agosto 2019- hanno presentato ricorsi a tutti i livelli: dal tribunale di Mazovia (respinto) al tribunale amministrativo di Varsavia (respinto anche questo), fino alla Corte suprema amministrativa polacca, che ha deciso di sottoporre ai giudici europei la questione pregiudiziale.
I rifiuti polacchi di ottemperare alla trascrizione si erano posati su questa motivazione: dal momento che in Polonia il matrimonio può essere concluso solo tra un uomo e una donna, sarebbe stato un atto illecito iscrivere due uomini nello stato civile come coniugi. Obiezione alla quale la Corte ha risposto spiegando che l’obbligo di riconoscere l’unione contratta in uno Stato membro ospitante «non comporta l’obbligo», per lo Stato di origine, «di prevedere, nella normativa nazionale, l’istituto tra persone dello stesso sesso». Trascrizione sì, matrimonio no, insomma (almeno per quanto riguarda la Polonia e gli altri Stati che non riconoscono il “matrimonio egualitario”. In Italia, l’atto sarebbe accolto come unione civile). De lana caprina, visto che non sfugge la portata della decisione della Corte: per le coppie dello stesso sesso basterà sposarsi un Paese dell’Ue che riconosce il matrimonio omosessuale per poi chiederne la trascrizione nel Paese d’origine. Poi c’è l’aspetto politico: i partiti del centrosinistra hanno già iniziato a “sfruttare” la sentenza per chiedere all’Italia di adeguarsi.
LE REAZIONI
«È arrivato il momento di approvare il matrimonio egualitario anche nel nostro Paese», dice Carolina Morace, europarlamentare del M5S. «Niente scuse, niente scorciatoie per i governi che vogliono negare i diritti. Anche l’Italia introduca il matrimonio ugualitario», si unisce al coro Alessandro Zan, deputato europeo del Pd. Da Italia Viva il senatore Ivan Scalfarotto ricorda che «in Senato giace un mio disegno di legge per introdurre il matrimonio egualitario anche in Italia: è tempo di approvarlo, e se possibile con un voto bipartisan». Il riferimento è disegno di legge numero 215, di cui però non è ancora iniziato l’esame.
Oppostala reazione di Fratelli d’Italia, che esprime «sconcerto perla decisione della Corte di Giustizia che obbliga gli Stati membri a riconoscere matrimoni tra persone dello stesso sesso». Si tratta di una pronuncia, attacca l’eurodeputato Paolo Inselvini, «che rischia di forzare la mano agli ordinamenti nazionali su un tema che i trattati attribuiscono alla competenza esclusiva degli Stati membri».
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