mercoledi` 26 novembre 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



Clicca qui






Setteottobre Rassegna Stampa
26.11.2025 Le bambine d’Iran che non vediamo
Commento di Daniele Scalise

Testata: Setteottobre
Data: 26 novembre 2025
Pagina: 1
Autore: Daniele Scalise
Titolo: «Le bambine d’Iran che non vediamo»

Riprendiamo dal giornale di SETTEOTTOBRE online, il commento di Daniele Scalise dal titolo: "Le bambine d’Iran che non vediamo"


Daniele Scalise

In Iran la pedofilia è legge. Un sito iraniano autorizzato dallo Stato permette ai genitori di cercare marito alle figlie fin dai 13 anni. In Iran è legittimo sposarsi a tredici anni se sei una femmina, a quindici se sei un maschio. All’interno di questa ripugnante cornice giuridica, la piattaforma si vanta di aver registrato circa trecentomila tentativi di iscrizione, settantamila dei quali accettati. Femministe? Non pervenute.

Ha dell’incredibile eppure è così: c’è un sito iraniano, regolarmente autorizzato dallo Stato, che permette ai genitori di iscrivere alla “ricerca del coniuge” bambine di tredici anni. Si chiama Adamo ed Eva, un nome che copre una realtà a dir poco brutale. L’inchiesta del quotidiano Shargh (uno dei principali quotidiani riformisti dell’Iran, noto per le sue inchieste, per le posizioni critiche nei confronti della linea più dura del regime e per l’attenzione ai temi sociali, spesso scomodi per l’establishment iraniano) ha rivelato profili di minorenni senza alcuna barriera d’età, nessuna domanda sul consenso, nessuna tutela reale. Le maggior parte delle bambine ha tra i tredici e i sedici anni; i maschi sono poco più grandi. Un gran numero proviene dalle aree più povere del Paese, dove il matrimonio precoce è normale quanto il silenzio che lo circonda.

Mohammad-Hossein Asghari, responsabile del sito, si fa scudo della legge: in Iran è legittimo sposarsi a tredici anni se sei una femmina, a quindici se sei un maschio. All’interno di questa ripugnante cornice giuridica, la piattaforma si vanta di aver registrato circa trecentomila tentativi di iscrizione, settantamila dei quali accettati dopo presunti “controlli psicologici”. Nel 2024, secondo il Centro Statistico iraniano, quasi ventiseimila bambine sotto i quindici anni sono andate in sposa e il regime incoraggia apertamente questa pratica. La guida suprema Khamenei vuole infatti una popolazione da centocinquantamilioni e considera l’aumento delle nascite un obiettivo nazionale. Le vite individuali sono sacrificabili: l’importante è raggiungere la cifra.

Ciò che sorprende, però, non è solo la ferocia di un sistema che promuove matrimoni forzati di minori, ma il mutismo occidentale. In Italia, in particolare, il femminismo da talk-show sembra incapace di indignarsi per le donne che vivono sotto regimi teocratici. È come se il patriarcato valesse solo quando indossa i panni dell’uomo bianco europeo; quando ha la barba degli ayatollah, l’indignazione scompare. Le bambine iraniane non servono alla causa, non alimentano la coreografia identitaria, non fanno trending topic. Dunque, taciute.

Lo stesso meccanismo si ripete con le donne israeliane aggredite, stuprate e uccise il 7 ottobre. Qui non c’è solo indifferenza: c’è negazione. Una parte del femminismo nostrano preferisce mettere in dubbio le testimonianze, ridurre i fatti a propaganda, smontare l’evidenza pur di non accettare che l’orrore possa venire da chi reputano “dalla parte giusta”. Difendere le donne, sì, ma solo quelle che non costringono a rivedere la propria ideologia.

Ed è questo il punto: se la solidarietà è condizionata, non è solidarietà. È calcolo. È comodo posizionamento morale. Così una bambina data in sposa a dieci anni può essere mostrata in un video e non suscitare più di un’alzata di spalle; e una ragazza israeliana torturata può venir liquidata come “caso controverso”. Tutto purché non si incrini la narrazione rassicurante di cui questi movimenti si nutrono.

Nel frattempo, il sito Adamo ed Eva continua a funzionare, il regime continua a spingere, e migliaia di bambine continuano a essere trattate come oggetti di proprietà. Non mancano i dati, mancano le voci. E a forza di selezionare le ingiustizie per compatibilità politica, si finisce per tradire l’unico principio che dovrebbe contare davvero: difendere chi non può difendersi. Le minori dell’Iran rientrano perfettamente in questa categoria. Ma, evidentemente, non ancora nel nostro orizzonte morale.


info@setteottobre.com

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT