Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
L’Europa non può tradire sé stessa Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 18 novembre 2025 Pagina: 10 Autore: Anna Zafesova Titolo: «L’Europa non può tradire sé stessa»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/11/2025, a pag. 10, l'analisi di Anna Zafesova dal titolo "L’Europa non può tradire sé stessa".
Anna Zafesova
Zelensky e Macron firmano l'intesa militare per una cooperazione stabile tra Francia e Ucraina. La Russia è una minaccia per tutta l'Europa e l'Ucraina, con il suo esercito, ormai testato da quasi quattro anni di guerra, è indispensabile per la nostra difesa.
L’Europa nella sua forma attuale è «una creazione di Satana», e i leader europei «capiscono soltanto la minaccia del dolore fisico». Mentre Volodymyr Zelensky sta intraprendendo un nuovo tour degli alleati europei dell’Ucraina, Sergey Karaganov, uno dei consiglieri di politica estera del Cremlino, indica l’Europa come il principale nemico della Russia, e insiste a minacciarla con la bomba atomica «per tornare a farla ragionare».
In un’intervista alla rivista tedesca Multipolar, l’uomo che si presenta come uno degli strateghi geopolitici di Vladimir Putin, ha minacciato in particolare di ricorrere alla bomba atomica nel caso che l’Unione Europea decida di dirottare gli asset russi agli aiuti per Kyiv: «Un milione di europei devono prepararsi a morire».
È vero che le minacce nucleari russe sono state abbastanza inflazionate a un certo punto dai tweet apocalittici di Dmitry Medvedev e altri propagandisti moscoviti, ma Karaganov è un politologo che solo qualche mese fa è apparso al fianco di Vladimir Putin, ed è probabile che il suo ricatto segni una nuova «linea rossa» del Cremlino.
L’altra è «cessare qualunque aiuto all’Ucraina» e assistere in silenzio alla sua divisione in due metà: una da annettere alla Federazione Russa, e la seconda da lasciare come “Stato-cuscinetto” sotto il controllo politico di Mosca, in attesa della battaglia finale nella quale «l’Occidente deve venire sconfitto».
Farneticazioni «geopolitiche» che però paradossalmente non fanno che aiutare Zelensky, che sta girando le capitali europee alla ricerca di aiuti per quello che sarà forse l’inverno più faticoso per l’Ucraina sotto attacco. A differenza degli anni precedenti, quando i militari russi evitavano di bombardare i gasdotti – utilizzati anche per il transito del metano russo verso i consumatori europei – stavolta Mosca punta a lasciare gli ucraini non soltanto al buio, ma anche al freddo.
Le spese militari di Kyiv, e la crisi economica in un Paese in guerra, hanno fatto lievitare la somma dell’assistenza necessaria a livelli senza precedenti. Ma in questo tour europeo è cambiato qualcosa: Zelensky ha definitivamente smesso di venire visto solo come un questuante cui elargire aiuti, come lo descriveva pochi mesi fa Donald Trump. L’Ucraina è un partner e un alleato nel fronteggiare una minaccia comune, e il commissario Ue alla Difesa Andrius Kubilius si augura che «dopo la fine della guerra l’esercito ucraino, collaudato in battaglia, presidierà il confine orientale dell’Europa», insieme alle truppe di altri Paesi Nato.
Una legittimazione che va ben oltre la necessità di dare una mano al presidente ucraino, al centro da qualche giorno di un devastante scandalo tangenti che coinvolge alcuni dei suoi ministri e soci d’affari. Non è questo il motivo per il quale Emmanuel Macron – ormai il principale interlocutore di Kyiv nella coalizione dei “volenterosi” – ha firmato ieri con il presidente ucraino uno «storico accordo» che prevede la fornitura di caccia e batterie di difesa aerea. I finanziamenti sono ancora tutti da definire, ma i numeri sono cospicui: non si tratta più di pacchetti di aiuti sporadici, piuttosto di un piano di cooperazione militare che si svilupperà nei prossimi anni, forse addirittura in una produzione congiunta.
L’Ucraina ha smesso di essere un problema «extracomunitario», ed è il turno dell’Europa di prepararsi a fronteggiare un’aggressione russa. «Secondo alcuni storici militari, abbiamo vissuto l’ultima estate di pace», ha dichiarato in una intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung il ministro della Difesa tedescoBoris Pistorius, che comunque è più incline a ritenere che Putin non sarà in grado di sferrare un attacco ai Paesi dell’Ue prima del 2028. Il problema non è più un se, ma un quando: «Ormai è chiaro che abbiamo in Mosca un avversario che agisce con brutale imperialismo».
Proprio ieri la Polonia ha avuto una dimostrazione di questo, con tre attentati per sabotare la linea ferroviaria sulla quale vengono trasportati anche gli aiuti verso l’Ucraina. «Siamo in una situazione pre-guerra», dice senza mezzi termini il comandante dello Stato Maggiore di Varsavia Weslav Kukula, accusando la Russia di condurre operazioni «ibride», tra sabotaggi, spionaggio, sorvoli di droni e infiltrazioni della propaganda per «minare la fiducia della popolazione, in vista di una potenziale aggressione».
Una consapevolezza che si fa strada in un’Ue spaccata, con Viktor Orban che vorrebbe fermare ogni aiuto all’Ucraina, forse perché Karaganov nelle sue visioni “geopolitiche” promette all’Ungheria un posto tra i «fondatori della Grande Eurasia» dopo la morte dell’Europa e la sua democrazia, «un sistema di governo che crolla sempre
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