Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Basta balle! l’Iraq ci dice che la guerra di Bush era giusta Commento di Giuliano Ferrari
Testata: Il Foglio Data: 15 novembre 2025 Pagina: 1 Autore: Giuliano Ferrari Titolo: «Basta balle, l’Iraq ci dice che la guerra di Bush era giusta e che nation buildinged esportazione di democrazia e benessere non sono bestemmie»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 15/11/2025, a pag. 1, con il titolo "Basta balle, l’Iraq ci dice che la guerra di Bush era giusta e che nation building ed esportazione di democrazia e benessere non sono bestemmie" il commento di Giuliano Ferrara.
Giuliano Ferrara
La narrativa secondo cui l’intervento americano in Iraq sarebbe stato un fallimento totale è una farsa. Il Paese ha conosciuto una crescita demografica, una stabilità crescente e un boom economico, soprattutto a Baghdad
Esportare democrazia e benessere, Yes We Can. Una delle stupidaggini a sfondo criminale del pensiero geopolitico andante è che la guerra contro Saddam fu un fallimento totale, che George W. Bush fu il peggiore presidente della storia americana, che con il suo sodale e vicepresidente Cheney voleva solo arricchire gli Usa di petrolio e la sua cricca della Halliburton di commesse, che Blair era il loro barboncino, che il generale Petraeus e tutta la classe dirigente politico-militare che aveva cercato di fondare un nuovo potere stabilizzante a Baghdad avevano alla fine solo consegnato all’Iran un docile strumento di accrescimento della sua influenza sciita e di ulteriore espansione bellica, che lo Stato islamico e califfale era il prodotto di un’impresa dissennata costruita sulla bugia delle armi di sterminio di massa che non c’erano, che la democrazia non si esporta, che il progetto di riscrivere la mappa del medio oriente era una follia, che tutto sarebbe finito con una resa e una ritirata alle quali Obama e poi Biden (con l’intermezzo della prima presidenza Trump) sarebbero stati costretti dalle dure circostanze di una sconfitta strategica, che i neoconservatori erano i responsabili ideologici di questa disfatta. Contrordine compagni. Tutte scemenze. In vent’anni da che gli americani sono andati in Iraq, dopo l’11 settembre e per regolare i conti con un regime tirannico e assassino, per imporre uno standard sconosciuto al medio oriente, a viva forza e con notevole sacrificio e molti ovvi errori di conduzione, la popolazione irachena si è accresciuta di venti milioni di corpi e di anime. Secondo gli standard di Elon Musk, un tipino ahimè informato, noi scompariremo presto a vantaggio degli iracheni, le nostre cattedrali sommerse dalla demografia negativa si trasformeranno in grandi templi mesopotamici, le ziggurat del XXI o XXII secolo. Baghdad è una città in preda a un boom di investimenti, di fervente attività edilizia (ponti costruiti in ottanta giorni, città residenziali), i proventi del petrolio invece di andare a Ginevra e in altre capitali finanziarie vengono spesi per la nazione irachena, quella che le sorelle famose della kefiah d’antan chiamavano “il valoroso popolo iracheno”, intendendo la resistenza di Saddam e dei suoi all’aggressione imperialista avida di materia prima. C’è sempre un palestinese o un iracheno immaginario per confortare le sicurezze fantasiose ideologiche dei buoni antiamericani. Malgrado la digitalizzazione rampante, la lotta alla burocrazia, l’efficientamento, si dice così, della macchina statale che assorbe nella modernità telematica i vecchi pagamenti cash e le vecchie abitudini al baratto dei miserabili, malgrado le elezioni, che si sono replicate a novembre con esito rischioso e aperto, la sicurezza notevole, la stabilità guadagnata, anche secondo l’Economist, da un articolo di settembre dal quale traiamo i dati fondamentali di questo boom della Svizzera del medio oriente e della sua capitale, ma non solo di essa, i problemi ovviamente persistono. Non è sparita l’influenza maligna degli iraniani, delle loro milizie ben addestrate e ben formate, che proteggono gli interessi della maggioranza sciita, o meglio della sua oligarchia armata. Tutto quel che è andato per il verso giusto può andare poi storto, com’è nella natura delle cose politiche e storiche. La lotta tra la sharia e il libero mercato non è mai definitiva. Ma resta incancellabile la demagogia delle balle che ha negato l’elementare verità: il nation building è possibile, l’esportazione di democrazia e benessere non è una bestemmia, non sempre tutto deve finire come è finito dopo la resa a Kabul, e se eviti la resa alla fine succede quel che è successo nei dodici giorni della guerra tra Israele e l’Iran prenucleare. Gli iracheni ne sono stati fuori, “i gatti sono troppo grassi per combattere”, che dovrebbe poi essere la morale vera per il medio oriente.
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