Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Trump a Herzog: «Graziate Bibi». E così Lapid riaccende le accuse Commento di Iuri Maria Prado
Testata: Il Riformista Data: 13 novembre 2025 Pagina: 5 Autore: Iuri Maria Prado Titolo: «Trump a Herzog: «Graziate Bibi». E così Lapid riaccende le accuse»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 13/11/2025, a pagina 5, il commento di Iuri Maria Prado dal titolo "Trump a Herzog: «Graziate Bibi». E così Lapid riaccende le accuse".
Iuri Maria Prado
Donald Trump ha scritto a Herzog chiedendo di “graziare” Netanyahu, un gesto irrituale che rischia però di danneggiare più Bibi che aiutarlo. L’opposizione israeliana lo accusa di debolezza, ma Netanyahu potrebbe usare le critiche di Lapid a proprio vantaggio per rafforzare la sua immagine di leader assediato
È troppo grossa per credere che non fosse concordata: una lettera di Donald Trump al presidente dello Stato di Israele, Yitzhak Herzog, con la quale il primo chiede al secondo di “graziare” Benjamin Netanyahu liberandolo dalle magagne giudiziarie che lo assediano. Il presidente degli Stati Uniti aveva già vagheggiato qualcosa del genere, ma si trattava di iniziative informali, cose come un post sui social o qualche battuta in uno dei suoi discorsi un po’ sbrigliati. Una lettera su carta intestata presidenziale, inviata al vertice istituzionale dello Stato ebraico, è evidentemente una cosa diversa.
Ammesso che sia concordata (come ragionevolmente, appunto, si è portati a supporre), l’iniziativa potrebbe tuttavia determinare effetti diversi e anzi opposti rispetto a quelli immaginati almeno da uno dei due: e cioè proprio da quello (Benjamin Netanyahu) in favore del quale Donald Trump ha rivolto la sua supplica. Trump non rischia pressoché nulla, né in casa propria né fuori. Ha scritto a Herzog che Bibi è un amico, un condottiero valoroso che ha difeso Israele in guerra e lo sta guidando verso un periodo di pace e non merita, dunque, l’ingiustificata persecuzione giudiziaria di cui sarebbe vittima nel proprio Paese. Certo, si tratta di una mossa platealmente irrituale; e infatti Herzog, pur ringraziandolo dell’amicizia e del sostegno, gli ha risposto che il sistema non funziona in quel modo e che esistono procedure precise e diverse per attivare il procedimento. Ma tutto si può pensare tranne che Trump sia impensierito per essersi abbandonato a simili inaderenze protocollari.
Diverso è per Bibi. Innanzitutto perché un eventuale perdono (lasciamo perdere il fatto che possa intervenire prima di una condanna) suppone che ci sia qualcosa da perdonare e un’assunzione di colpa, come immediatamente hanno obiettato alcuni (per esempio il leader di opposizione Yair Lapid), mentre Netanyahu ha sempre protestato la propria innocenza e denunciato l’infondatezza delle accuse di corruzione e abusi che lo riguardano. In secondo luogo, perché l’inconciliabilità del presupposto e della conclusione della lettera di Trump (Bibi è un perseguitato, ma perdoniamolo) fa del presidente degli Stati Uniti una specie di padre comprensivo e del primo ministro di Israele un discolo da non abbandonare alla strada. E passare per quello che viene salvato dai processi non è una vittoria per il perseguitato che ne denuncia l’ingiustizia. Infine, tra gli effetti forse non calcolati di questo colpo di teatro c’è l’inevitabile ricasco interno: sarà facile per l’opposizione - che anzi lo sta già facendo - rimproverare a Netanyahu di non saper gestire il proprio ruolo nel Paese se deve ricorrere a simili aiuti esterni.
C’è caso però (l’uomo non è propriamente uno sprovveduto) che tutti questi possibili ritorni negativi siano messi tra le voci di un bilancio approvato, insomma nel conto dell’inevitabile che, per così dire, vale comunque la pena. Contro Bibi si concentrano avversioni, antipatie, inimicizie risalenti e consolidate, che non gli lasciano sperare di poter mantenere o riprendere il potere grazie a un accreditamento fiduciario virginale. Quello ormai è andato, semmai c’è stato. C’è solo spazio per abilità manovriere, ormai. E, se è così, non si può affatto escludere che l’ostentazione delle mostrine da condottiero e di quella lettera “del migliore amico di Israele” sia l’espediente non necessariamente fallimentare per rimproverare - proprio agli avversari che lo rimproverano di tutto senza riuscire a vincere su niente - un’impotenza che ha bisogno di affidarsi ai tribunali per farlo fuori.
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