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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Shalom Rassegna Stampa
09.11.2025 Judy Chicago in mostra al Museo di Arte di Tel Aviv
Commento di Claudia De Benedetti

Testata: Shalom
Data: 09 novembre 2025
Pagina: 1
Autore: Claudia De Benedetti
Titolo: «Judy Chicago in mostra al Museo di Arte di Tel Aviv con il suo quilt e le domande sul mondo governato dalle donne»

Riprendiamo da SHALOM il commento di Claudia De Benedetti dal titolo "Judy Chicago in mostra al Museo di Arte di Tel Aviv con il suo quilt e le domande sul mondo governato dalle donne".


Claudia De Benedetti

Judy Chicago

Il Museo di Arte di Tel Aviv ospita, fino al 27 dicembre, la mostra “Judy Chicago: What If Women Ruled the World?” – E se le donne governassero il mondo? – un’occasione significativa per riflettere sul ruolo delle donne nell’arte, nella storia e nella società contemporanea. Un evento di rilievo internazionale che combina estetica, partecipazione e riflessione sociale. Il progetto “WhatIf Women Ruled the World?” è un’iniziativa partecipativa che ha già fatto tappa in Stati Uniti, Messico, Argentina, Regno Unito, Francia e Germania e che per la prima volta arriva in Medio Oriente.
Judith Cohen, in arte Judy Chicago, è nata a Chicago nel 1939, trasferitasi a Los Angeles nel 1957 per iscriversi alla UCLA art school, diventa membro della esclusiva Phi Beta Kappa, nel 1964 si è diplomata in pittura.

Judy Chicago è tra le figure più incisive e di spicco dell’arte femminista e della controcultura artistica degli ultimi decenni, la sua carriera è caratterizzata da un ripensamento radicale dei soggetti dell’arte tradizionale quali identità di genere, corpo e storia delle donne, e dalla volontà di dare visibilità e voce a ciò che era stato trascurato o ignorato. Tra le sue opere più celebri c’è “The Dinner Party”, realizzato tra il 1974 e il ’79, un’installazione monumentale che celebra figure femminili storiche e mitiche. Attraverso un ‘quilt’ fisico e digitale, l’artista invita il pubblico a rispondere alla domanda: «Che cosa accadrebbe se fossero le donne a governare il mondo?» e a contribuire con le proprie voci, esperienze e visioni di cambiamento. La grande installazione partecipativa del ‘quilt’ fornisce ai visitatori la possibilità di registrare le proprie risposte e voci. Di grande impatto è la selezione dedicata ai lavori della lunga carriera dell’artista: stampe, tessili, opere sottilmente provocatorie che attraversano identità, genere, storia e memoria. Nella versione tel-aviviana sono state introdotte nuove componenti con iscrizioni in ebraico e arabo, oltre all’inglese, per coinvolgere diverse comunità e contesti culturali.

La mostra propone una riflessione non solo estetica ma politica: attraverso l’arte, Judy Chicago affronta questioni di potere, genere, identità e cambiamento sociale. Questa prima esposizione dell’artista in Israele, offre un’occasione importante per il pubblico locale di confrontarsi con un’autrice internazionale che ha segnato l’arte contemporanea;il formato partecipativo pone il visitatore non solo come spettatore ma come contributore attivo, trasformando la mostra in un dialogo in divenire. Più di cinquanta artisti e personalità culturali hanno firmato una lettera aperta chiedendo all’artista e alla nota attivista russa e co-ideatrice del progetto Nadya Tolokonnikova di cancellare la mostra, sostenendo che la partecipazione di un’istituzione israeliana all’iniziativa equivalesse a contribuire al cosiddetto ‘art-wash’ della situazione politica nella regione, il museo ha risposto che la mostra non è da intendersi come endorsement politico, ma come spazio di riflessione e dialogo.


redazione@shalom.it

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